Marco Lodola: “Sanremo? Meglio che stare in Biennale. Almeno qua ci si diverte come pazzi”

Sanremo è Sanremo, ma anche l’arte è ormai entrata a far parte di questa kermesse. Tra fiori, celebrità, pubblico adorante, nell’ affascinante cornice del centro ligure, l’artista Marco Lodola è protagonista quanto i cantanti in gara. Famoso per le sue silohuettes al neon, rappresentanti scorci della fantasia come della memoria, personaggi il più delle volte inquadrati in un momento di festa, ha progettato per il festival della canzone più famoso d’Italia l’installazione della facciata. La coreografia tutta perspex e neon campeggia sopra la scritta rossa del teatro.

A Sanremo c’è già aria di festa ormai da giorni, per strada c’è grande confusione: ce lo conferma anche Marco Lodola che questa notte, come ci racconta in questa intervista esclusiva, non è riuscito neanche a dormire.


Di solito il mondo dell’arte snobba queste manifestazioni nazional-popolari, invece tu sei alla settima partecipazione.

E invece io no. Nella mia carriera artistica che vanta ormai quarant’anni di attività – ho cominciato nell’83 –, ho avuto a che fare con tutte le situazioni. Le mie opere sono state esposte nei musei perciò “alta cultura”, ma anche nelle vetrine di negozi, e quindi “bassa cultura”, le ho sempre volutamente mischiate. Non mi piace essere in un museo dove ci vanno solo gli addetti ai lavori, mi piace essere anche nel supermercato dove ci va la gente normale. Mi piace essere nei concerti rock perché hai una visibilità che con una galleria non raggiungerai neanche in cento anni.


E quindi Sanremo è la vetrina giusta? Cosa ne penserà il mondo dell’arte?

Non mi sento legato al mondo dell’arte. La parola “Arte” mi sta stretta come un nodo alla gola, come una cravatta. Io non so più neanche che cazzo vuol dire. Qualche volta mi dissocio, perché non mi sento parte di quella storia. Mi piace divertirmi con il mio lavoro, fare delle cose che mi danno grandi stimoli, anche, che mi fanno sorridere, come in questo caso. Vedere la gente che guarda un lavoro acceso, appeso e fa le sue considerazioni a me piace molto.


Quindi, esporre le tue opere all’Ariston è soddisfacente come esporre in un museo?

Siccome l’Ariston è un tempio, un luogo sacro per la musica italiana, io lo paragono all’Arsenale, al Padiglione Italia della Biennale perché ha lo stesso valore. Io espongo là come espongo qua, semplicemente mi diverto di più a Sanremo mentre in Biennale mi sono sempre annoiato. Qualsiasi cosa tu esponi, ascolti considerazioni assurde, ammuffite, si affrettano a dare spiegazioni che non esistono; invece, il giudizio popolare è molto più diretto, o piace o non piace, e se non piace ti mandano a fare in culo senza pietà. A me piace questo confronto.

Marco Lodola davanti al suo drappellone realizzato per il Palio di Siena 2023


Hai avuto lo stesso confronto quest’estate a Siena quando è stato mostrato il tuo Palio (il drappellone che viene commissionato ogni anno ad un artista diverso, da Botero a Mitoraj a Ontani) alla popolazione?

La tensione era altissima, ero talmente emozionato che sono tornato a casa con la febbre. Per fortuna è piaciuto e molto, ma il Palio a Siena è un mondo a parte, un metaverso fantastico, che non conoscevo e che mi ha veramente coinvolto.


Le tue opere sono veri e propri oggetti di comunicazione, convivono con le città, le persone, le manifestazioni, è come se fossero parte integrante della vita pulsante, è questa la tua forza?

Mi piace interagire sia con i luoghi, ma anche con le persone. Mi piace il parere del passante, di quello che non sa non solo chi sono, ma che non conosce neanche l’esistenza della Biennale o Art Basel. Per questo è nata anche l’idea di esporre esternamente, nella facciata del Teatro Ariston per le persone che non possono entrare, quelle che non riescono o non si possono permettere i biglietti. Ho rappresentato questi volti, quelli che partecipano da fuori a questa emozione.


Quest’anno l’immagine principale dell’Ariston è dedicata ad Amadeus e Fiorello. Saltano, si abbracciano: hai dato risalto alla loro amicizia.

La loro amicizia è la forza dello spettacolo, hanno fatto insieme tutte le edizioni sono amici da più di trent’anni. Per me addirittura vanno in secondo piano i cantanti, loro due sono così potenti, pieni di energia. Una volta ho detto a Fiorello “sei bravissimo, peccato le interruzioni che fanno i cantanti”.


Quest’anno hai portato una novità, quale?

Un led luminoso in movimento con tanti personaggi, ci sono Fiorello, Amadeus, tutta la banda di Viva Rai2, Ramazzotti per i 40 anni della sua canzone Terra promessa e le regine della tv italiana. Una scenografia che si è arricchita rispetto alla passata edizione.


Un amore, il tuo per la musica, che parte da lontano…

Il rock e la musica mi accompagnano da sempre: suono, male, alcuni strumenti e questa passione mi ha portato sempre di più ad avvicinarmi a questo mondo. Ho collaborato con vari artisti, ho fatto le copertine dei dischi, gli allestimenti per i concerti, daMax Pezzali agli Stadio a Gianluca Grignani. Da un paio di anni collaboro con Campo Volo, e ho creato una sorta di olimpo degli artisti che si sono esibiti su quel palco. Ogni anno si aggiungeranno sculture, che ricorderanno appunto il concerto.


Quest’anno poi hai fatto una scultura, “Pigro” (da una delle più celebri canzoni del cantautore) dedicata ad un artista che io amo molto, Ivan Graziani, sottovalutato dai più.

Freak Antoni degli Skiantos diceva che in Italia non c’è gusto a essere intelligenti. Per me Ivan Graziani era un personaggio fantastico, davvero un genio assoluto. È stato un grande onore realizzare un omaggio per la sua figura. Anna Boschi (moglie di Ivan Graziani) mi ha detto che una volta le persone andavano a fotografare il Duomo, adesso invece fanno tutti la fila per fotografare questa scultura.

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