Nightbitch: l’artista e la maternità nel film di Marielle Heller

Cosa significa essere contemporaneamente donna, madre e artista nella società odierna? La parità di genere è davvero una realtà o esistono ancora norme sociali, stereotipi e persino la biologia stessa, a ostacolare le donne nell’espressione della propria identità e professione?

Il film Nightbitch, scritto e diretto dalla regista Marielle Heller (disponibile su Disney+), affronta con intensità il tema affronta il tema della maternità, in contrapposizione al desiderio di autodeterminazione femminile. Interpretato da Amy Adams, sei volte candidata al premio Oscar, il film è tratto dall’omonimo romanzo di Rachel Yoder e racconta la storia di una una donna che mette in pausa la propria carriera artistica e il lavoro part-time in galleria, per dedicarsi completamente al figlio di due anni. 

Fin dall’inizio, la protagonista appare intrappolata in una routine ripetitiva e soffocante, dove la sua identità di artista sembra dissolversi giorno dopo giorno. In uno dei suoi monologhi silenziosi, sussurra: “è da quel fuoco che puoi creare, e lottare, e farti strada nel mondo. È da quel fuoco che puoi far nascere qualcosa di nuovo, una nuova versione di te o… una persona del tutto nuova, che non esisteva prima che tu la spingessi a forza nel mondo”. 

Tra maternità e mostruosità

Da queste premesse si sviluppa una narrazione che mescola realismo, horror e surrealismo. Il personaggio interpretato da Amy Adams attraversa una graduale e profonda trasformazione che interessa la mente, il corpo e l’anima. La sua metamorfosi assume tratti bestiali: il suo corpo cambia, il suo istinto si risveglia e, di notte, si trasforma in un cane. Questa condizione la riconnette a una dimensione primordiale e selvaggia, che si rivela anche una riscoperta della sua originaria vocazione artistica.

Se nella storia dell’arte il tema della Maternità è stato spesso rappresentato e approfondito, soprattutto in pittura (vedi articolo Artuu) è invece ancora raro trovare una riflessione autentica su cosa significhi realmente “essere madre” e allo stesso tempo “essere artista”. Le donne che hanno tentato di conciliare questi due ruoli sono sempre esistite, fin dal Rinascimento, ma sono state spesso ostacolate da convenzioni sociali e istituzionali, oltre che da stereotipi di genere. 

In una conversazione con Rosma Scuteri sul perché le donne abbiano fatto fatica a emergere, la celebre gallerista Ileana Sonnabend affermava: “Forse perché la condizione delle donne è sempre oppressa. Le donne hanno bisogno di liberarsi di più per poter produrre. Ci sono state delle donne brave. Quando le donne potranno dimenticarsi di essere donne e penseranno che sono artiste, allora ci saranno delle artiste donne (R. Scuteri, New York anni Ottanta, Castelvecchi, Roma 1999). 

Secondo questa visione, “dimenticarsi di essere donne” significherebbe abbracciare consapevolmente la scelta di non essere madri. La performer Marina Abramović ha espresso un pensiero simile in un’intervista al quotidiano Tagespiegel: “Ho avuto tre aborti”,. “Ognuno ha un’energia limitata, io avrei dovuto dividerla”. E ancora: “Questo è il motivo per cui non ci sono tante donne di successo quanti sono gli uomini nel mondo dell’arte. Ci sono tantissime artiste di grande talento. Ma perché sono i maschi ad occupare le posizioni di maggior rilievo? Semplice! Amore, famiglia, bambini – una donna non vuole sacrificare tutto questo”.

Anche qui si ripropone la tradizionale dicotomia patriarcale tra uomo/donna e ragione/emozione.

Ribaltare la narrazione sulla maternità

Perché una donna deve rinunciare a tutto (amore, famiglia e maternità) per affermarsi come artista, mentre un uomo può conciliare le diverse dimensioni della sua vita senza perdere il proprio status professionale? Nightbitch sovverte questa narrazione. Il film rifiuta l’idea che la maternità rappresenti la fine dell’identità artistica e, anzi, ribalta il concetto stesso di madre.

La protagonista non deve scegliere tra essere donna, madre o artista: attraverso la sua metamorfosi canina, ridefinisce il proprio ruolo, si libera dalle aspettative sociali sulla “madre ideale” e, nel finale, esprime il grande potere divino della donna, che può creare la vita e, nello stesso tempo, può manifestare l’urgenza della propria creatività.

La sua trasformazione in un essere “ibrido”, “mostruoso”, non è una condanna ma un’opportunità. Il film suggerisce che la risposta ai conflitti e alle contraddizioni della maternità non è la negazione dell’identità, ma l’alterità: un’evoluzione naturale e positiva verso un’esistenza più autentica.

In questo senso Nightbitch rende la “mostruosità” della madre, non solo desiderabile ma persino “magica”.

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