Di recente è stata inaugurata al Forte Malatesta di Ascoli Piceno la mostra site-specific di Enzo Cucchi, visitabile fino al 31 maggio 2024, a cura di Spazio Taverna grazie al patrocinio del Comune di Ascoli Piceno. La mostra “Per Cecco!” costituisce la prima tappa della rassegna Ascoli Contemporaneo XXI, la quale si propone come obiettivo quello di recuperare e integrare nella narrazione contemporanea, proprio a partire dall’arte, figure e simboli identitari di questa città medievale meravigliosa (affinché sia possibile procedere consci della propria storia individuale e collettiva).
L’esposizione personale di Enzo Cucchi, come il titolo chiarifica, riflette sulla figura dell’eretico Francesco Stabili, noto come Cecco d’Ascoli, arso al rogo a Firenze il 16 settembre 1327 a causa delle proprie ricerche filosofico-scientifiche e convinzioni. Un vero e proprio martire intellettuale sopravvissuto fino ai giorni nostri al tentativo primo di cancellazione totale da parte del potere cattolico e il cui recupero permette di ricordare la straordinarietà del suo esempio di vita.
Tuttavia, le opere di Cucchi non si limitano soltanto, per così dire, al tentativo di riflessione e dialogo con personaggi storici del calibro di Cecco d’Ascoli, ma pongono come fondamentale la relazione con il luogo, inteso come spazio espositivo e presenza radicata nel territorio, costituendo in tal modo una valida lettura tripartita della storia. Al centro della suggestiva sala di Madonna del Lago l’opera scultorea è posizionata in una struttura circolare che riprende l’architettura in cui è posta. Catalizzatrice delle scelte individuali dell’artista il quale è in grado, grazie al proprio sguardo di analisi, di integrare e produrre nuove forme di riflessione sul presente-fondamenta, nello spazio abitativo in cui manifesta è la presenza notturna del sentire “politico” di Cecco d’Ascoli. Nel Forte Malatesta è racchiusa, quasi come un embrione pulsante di energia, la storia di questa città, poiché le diversi funzioni che tale struttura ha ricoperto a partire dalla sua nascita costituiscono i frammenti progressivi di una storia in cui è possibile specchiarsi e ricostruirsi in qualità di individui.
Fortezza militare, edificio religioso, carcere e museo multidisciplinare: queste differenti anime sembrano riprendere propria vita nel dialogo con le sculture e pitture di Cucchi. Esse si presentano allo spettatore come mediatrici di un passato che necessita di essere rivalutato, il cui peso storico e lontananza con il presente trovano comprensione ed esito nell’esperienza di attraversamento e riappropriazione dello spazio che solo l’arte è in grado di produrre. L’installazione circolare al centro della sala racchiude una simbolicità estrema, nella forma stessa di cui è costituita, poiché la sfericità strutturale e posizionale ci riporta all’impulso originario, al nucleo bollente di una possibile totalità d’essere incapace di sottostare ai limiti che opprimono, che occludono il pensiero creativo e l’azione (sentimento che spinse Cecco d’Ascoli alla propria morte in funzione dell’ideale, del proprio Credo individuale parlante per la Verità).
Suggestiva è la direzione di sguardo che si crea fra i prodotti formali, dove le opere pittoriche sembrano affacciarsi e assistere alla danza “macabra” delle ceramiche che attorniano e stringono la colonna centrale. La morte, connaturata alla vita, la quale si esemplifica nella natura, oggetto di studio dell’eretico marchigiano, diventa la protagonista sottile di queste opere-costellazioni che nel dialogo con il colore-simbolo legano l’individuo al proprio comune sostrato di nascita. Troppo spesso si dà per scontato, a causa di una lontananza temporale, che il suolo su cui camminiamo sia sempre lo stesso: ma il “mero” mattone medievale su cui poniamo il nostro passo, che cosa ci comunica, che cosa ci rivela se il nostro animo è disposto all’ascolto? E cos’altro può essere più efficace per instaurare una riflessione nuova sulle presenze del passato se non l’arte? Enzo Cucchi risponde alla chiamata di una necessità sociale artistica, la quale si offre allo spettatore nella sua funzione essenziale, in cerca di sguardi che sappiano comprendere lo stretto rapporto che lega l’individuo alla storia, alla propria architettura sociale e individuale.