Difficile, quasi impossibile non riconoscere al primo sguardo una loro opera, dove l’arte classica (quasi sempre figure tratte dalla statuaria greca e romana) sono inserite sullo sfondo di uno dei classici patchwork di tag, segni e disegni che troviamo sui muri delle città e negli spazi urbani, sapientemente mixati con ombre, pattern e colori accesi. Sono i PichiAvo, duo di streetartists valenciani – ripettivamente Juan Antonio (Pichi, 1977) e Álvaro (Avo, 1985) –, esponenti di una generazione nata tra la seconda metà degli anni Settanta e la prima metà degli anni Ottanta, pionieri di un linguaggio divenuto “mainstream” in tutto il mondo, che passa dalle strade dei quartieri popolari alle collaborazioni con brand e label multinazionali.
Il duo si presenta con una nuova mostra personale a partire dal 20 settembre alla galleria Wunderkammern, inaugurando così la loro collaborazione con una delle gallerie pionieristiche e più significative per la street art in Italia, dal titolo Diàspasis – in greco separazione –, che fin dal titolo descrive la tecnica che i due artisti valenciani hanno iniziato a esplorare due anni fa.
Con la curatela di Giuseppe Pizzuto, anima della galleria e profondo conoscitore di artisti, tendenze e dinamiche dalle origini delle culture underground, la mostra pone un punto fermo nell’evoluzione della poetica dei PichiAvo, che hanno alle loro spalle operazioni importanti e anche opere mastodontiche in molte città europee. I colori esplosivi, apparentemente “digitali”, come una tavolozza diplay Samsung HD, danno una nuova contestualizzazione alle figure mitologiche greche classiche, di quelle che si disegnano per la figura in copia dal vero nei licei o in Accademia, portando una nuova visione tra passato, presente e futuro delle arti urbane. La loro poetica e il loro stile unico e inconfondibile, che dal punto di vista della ricerca estetica si focalizza qui, senza rinunciare all’esplosività dei colori, su un’indagine sulle potenzialità della materia, è perfettamente inserita in quella che potrebbe essere definita quasi una nuova corrente, un “gusto” che caratterizza alcune esperienze recenti di arte urbana, generato dal new writing (evoluzione odierna del graffiti-writing) e da un ritorno di interesse per la citazione colta, l’appropriazione di immagini prelevate dalla cultura classica e in particolare dall’iconografia greco-romana e neo-classica, senza mai rinunciare però a colori e ambientazioni mozzafiato.
In particolare, oggi, diversi esponenti di questa ondata si esprimono con una cifra che vede la scultura e il writing unirsi con importanti trovate stilistiche e cromatiche, soprattutto in Italia e Spagna, culla del “genius loci” di figure e soggetti classici, epici, mitologici, diffondersi anche in Portogallo, Francia, Belgio e chiaramente in modo spesso virale sui social. Questa tendenza di new writing mixato con un recupero di iconografie provenienti dalla statuaria di gusto classico e monumentale, di questa matrice classico-contemporanea che a sua volta si inserisce perfettamente in una pratica di appropriazione di figure e icone tratte dalla storia dell’arte, sia antica che rinascimentale, in un nuovo connubio tra classicismo e la più stretta contemporaneità, vede oggi cimentarsi artisti italiani come Ozmo oppure King Raptuz e Omer (TDK) ma anche Okuda San Miguel e diversi altri.
Unendo le loro visioni, il duo spagnolo Pichi e Avo ha iniziato il suo viaggio artistico comune nel 2007. I due artisti si sono rapidamente fatti notare nella loro città, Valencia, in Spagna. Nel 2011, hanno dipinto le opere “Cuerpos” in uno dei musei valenciani più famosi, il MUVIM (Museo Valenciano de Ilustración y Modernidad). Allora, sebbene la potente identità visiva non fosse ancora stata focalizzata, le loro competenze e la loro collaborazione si era già sincronizzata.
Negli ultimi anni, l’ondata iconica del “new writing” e dell’arte urbana di matrice figurativo-statuario ha raggiunto il resto d’Europa. Sono stati in tournée nelle principali città europee come ad esempio, memorabile, a Londra nel 2015, fino alla loro consacrazione nel 2018 con un lavoro imponente, Poseidon, già come si evince dal titolo improntato alla mitologia classica, eseguito sulla massicciata ferroviaria a Lisbona, per il progetto “Versus” prodotto dalla Underdogs Gallery.
Naturalmente molti sono stati i progetti nella loro città, Valencia, dove nel 2019 presentano un progetto imponente e suggestivo, in occasione del festival annuale Fallas (il caratteristico falò dedicato a San Giuseppe), con una gigantesca statua realizzata in legno e cartone completamente ricoperta di graffiti, che, come da tradizione locale, venne bruciata nella piazza principale della città. Un’opera eccellente anche a livello concettuale e “folk”, che pone l’evidenza sulla natura effimera della street art e delle arti urbane, cifra caratteristica che il duo non vuole certo prendere sottogamba. Le loro opere pubbliche, del resto, sono sempre e indiscutibilmente sorprendenti: attraverso magnifiche e imponenti immagini, spesso a grandezza naturale o XXL, figure classiche e per noi “familiari” come Afrodite, le Grazie (da Canova) e altri dèi del Pantheon greco-romano si fondono con icone simboliche contemporanee all’interno di linee e forme ben strutturate e congeniate nella progettazione di uno spazio etereo, invitando i fruitori a vivere l’arte urbana in strada con una nuova sensazione di rimescolamento tra passato e presente.
Una nota di “stile” che viene subito agli occhi è l’aspetto cromatico, la “tavolozza”. È proprio rafforzando la cromia secondo il “sentimento” che la figura e il mito correlato suggerisce che viene scelta una paletta (caldo, freddo, passionale): i PichiAvo utilizzano infatti una ricetta abbastanza diffusa e ormai di tendenza, il mash-up, ma che in loro fa emergere una sensazione nuova, inattesa e sorprendente, trasformando qualcosa che conoscevamo in qualcosa di inaspettato.
Per fare tutto ciò sarebbe importante comprendere anche la formazione del duo: in alcune interviste e post, Pichi dichiara di avere ricevuto forti suggestioni sia da Damien Hirst che da Rothko, ma anche da Ai Wei Wei e chiaramente dagli artisti classici. Avo è più “onnivoro” e crede che ogni opera artistica deve essere contestualizzata nel suo momento storico e valorizzata come tale. Si è ispirato ai graffiti di grandi esponenti, da Dondi a Crash. Entrambi guardano comunque molto sia all’arte antica che contemporanea, anche se non si evince direttamente, sono ricercatori costanti e meticolosi.
Di certo questo duo, portatori di un new writing e di una cifra stilistica impattante e di “gusto mediterraneo”, possiede un sesto senso nel combinare arte, scultura, architettura, spazio e ambiente urbano. Negli ultimi anni si sono concentrati anche sulla creazione di opere, collezionabili e “museali”, che raccontano nuove storie, derivate dall’estetica stessa delle strade, utilizzando ad esempio frammenti dei muri sulla tela e viceversa. Un’intuizione che decostruisce l’arte classica e l’arte urbana contemporanea. Questa straordinaria fusione ha creato una nuova visione che può venire identificata come una sorta di “poesia urbana”, creando un connubio veramente originale e sbalorditivo.