La città di Torino accoglie un triplice evento artistico di rilievo durante la Art Week, con John Robinson e i Suoi Autoritratti Camuffati: Verso l’Anima Umana; l’atteso debutto della mostra “CIPHER” del talentuoso giovane pittore altoatesino Damiano Colombi e l’installazione di Chiara Capellini dal titolo Quite Nothing. La triplice esposizione, curata con la solita maestria da Domenico de Chirico, è visitabile presso lo spazio pop-up della Zuecca Projects in Via Camerana 8 dal 4 al 26 novembre 2023.
John Robinson ha fatto della pittura un atto performativo, una forma di espressione che trascende i limiti delle tele convenzionali. La sua pratica si è sviluppata da esibizioni private nel suo studio a momenti di pura espressione in contesti pubblici. Questa peculiarità è ciò su cui Robinson ha concentrato la sua arte. La sua opera sfida il concetto tradizionale di autoritratto, esplorando rituali, cerimonie e manifestazioni autocelebrative umane, ma anche gli aspetti meno attraenti della psicologia umana.
Spesso Robinson si nasconde dietro una maschera, non per celare la sua identità, ma per accedere alle parti più oscure della psicologia umana. Attraverso le sue opere, esplora emozioni come l’imbarazzo, l’empatia, la crudeltà e l’umiliazione, ma anche il sublime. Questi autoritratti camuffati rivelano il suo desiderio di affrontare e abbracciare l’interiorità umana in tutta la sua complessità.
Come afferma il curatore Domenico de Chirico, Robinson vede il dipinto come un travestimento, un modo per rendere invulnerabile l’artista di fronte all’inesorabilità del tempo. Ogni pennellata è un tentativo di catturare il tempo e imprimere l’esperienza umana sulle superfici dei suoi dipinti. La pratica artistica di Robinson è una forma di auto-trascendenza performativa, in cui affronta i fantasmi del suo passato e crea personaggi che sfidano la normalità in un teatro psicologicamente rivelatore.
Il titolo della mostra, “VERSO,” fa riferimento all’altro lato della tela, all’ignoto che spesso rimane invisibile all’osservatore. Come le maschere che indossiamo e i segreti che custodiamo, l’ignoto è parte integrante della nostra esistenza. Attraverso le sue opere, Robinson invita gli spettatori a contemplare la complessità dell’identità umana, mettendo in luce i misteri che si celano tra i confini della nostra interiorità, tra ciò che è rivelato e ciò che è nascosto.
In questa straordinaria esposizione artistica, John Robinson sfida gli spettatori a riflettere sulla loro stessa interiorità e a esplorare il mondo dei sentimenti, delle maschere e degli aspetti profondi della sensibilità umana. La mostra rappresenta un’opportunità unica per immergersi in un viaggio verso l’ignoto dell’anima umana.
Damiano Colombi, è nato nel 1994, si distingue per la sua affinità con gli aspetti procedurali della pittura e per la sua abilità nel giocare con l’equilibrio tra spazialità e illusioni ottiche, il suo lavoro artistico rappresenta un’interessante connessione tra il mondo musicale, con le sue vibrazioni e risonanze profonde, e il paesaggio, considerato nella sua interezza organica.
Non meno interessante nella sua pittura, coglie le visioni immaginifiche tipiche dell’era digitale, unendole con grande maestria.
L’astrattismo di Damiano Colombi è caratterizzato da forme rigorose e spesso geometriche, tagli netti e repentini cambi prospettici, elementi che sono alternati a una gestualità pittorica penetrante, che è incredibilmente libera e apertamente fluida come una melodia naturale che proviene da chissà quale luogo o galassia.
A volte, questa gestualità assume una qualità tattile, diventando quasi tridimensionale, attraverso intense fasce di luce, linee marcate alla deriva e velature eteree, emerge una tensione pittorico-compositiva dichiarata, suggellata da una meticolosa ricerca di accordi e dissonanze cromatiche, di complementarietà dei colori e di saturazione.
L’impulso gestuale di Damiano Colombi si concentra sulla manipolazione dei materiali pittorici, spesso sfidando le caratteristiche innate dei mezzi utilizzati, tra cui acrilici, smalti, cera e colori ad olio su diversi supporti come tela, legno e carta. Il risultato è un corpus di opere liquide, soggette a impulsi e stimoli contingenti, spesso improvvisati, che si svelano come un dialogo quieto e dinamico tra una moltitudine eterogenea e imprevedibile di forme. Sembra di sentire una batteria che suona ritmi diversi ma perfettamente in armonia con il tutto.
L’artista si pone l’arduo obiettivo di esplorare le strutture nascoste, sia spaziali che astratte, che incontestabilmente governano il mondo traduce queste scoperte in concetti come ritmo, ripartizione, stratificazione, nonché il contrasto tra pieno e vuoto, interno ed esterno, corporeo e soprannaturale. Questo percorso lo aiuta a raggiungere un livello sempre più profondo di consapevolezza artistica, seguendo il pensiero di Jackson Pollock, il quale affermava che “(…) dipingere è azione di auto-scoperta. Ogni buon artista dipinge ciò che è”.
La mostra “CIPHER” di Damiano Colombi promette di essere un’esperienza artistica unica durante la Art Week torinese, e una straordinaria opportunità per immergersi nella visione innovativa di questo giovane artista, la sua capacità di unire musica, paesaggio e immaginazione digitale in un linguaggio pittorico così fluido rappresenta una tappa significativa nell’evoluzione dell’arte contemporanea.
L’installazione di Capellini ci offre una preziosa anteprima di una serie di quadri in cui esplora questo affascinante tema. Le tele che si stagliano di fronte a noi sembrano quasi immateriali, come se fossero un ponte tra l’astratto e il tangibile. Questa ambiguità ci invita a riflettere sulla natura stessa della realtà e sulla concezione tradizionale del vuoto come mera assenza di materia. Le forme astratte e i colori sfumati e impercettibili che danzano sulla superficie delle tele catturano la potenziale forza creatrice che emerge da questo “nulla”.
Capellini ci sfida a considerare il vuoto non come mancanza, ma come un ricco serbatoio di possibilità. In queste opere d’arte, il vuoto diventa un terreno fertile per la nascita di nuove idee, un campo dove l’energia sottostante può trasformarsi in un’infinità di forme e colori. Queste tele ci conducono in un viaggio attraverso uno spazio-tempo straordinario, dove il nostro senso del tempo si dissolve e dove l’universo stesso sembra prendere forma in modi inaspettati.
La mente dello spettatore è libera di vagare, di abbandonare i confini imposti dalla realtà quotidiana e di immergersi in un mondo di pura immaginazione. In un’epoca in cui la scienza e l’arte si fondono sempre di più, l’installazione di Chiara Capellini rappresenta una preziosa unione di queste due sfere. Ci invita a guardare il vuoto con occhi nuovi, a vedere non solo una mancanza, ma un mondo di potenzialità inesplorate. Attraverso il suo lavoro, Capellini ci dimostra che anche nel vuoto, in quel supposto “niente”, c’è una bellezza e una forza creatrice che attende di essere scoperta. Le opere di Capellini sono un’ode alla curiosità umana, alla ricerca dell’ignoto e all’arte come veicolo per esplorare i misteri dell’universo.