Salgado vince il Sony Award Foto 2024

L’Outstanding Contribution to Photography per l’edizione 2024 dei Sony World Photography Awards va a Sebastião Salgado. In occasione della consegna del premio, il fotografo ha dichiarato: “la fotografia è un modo di vivere, è la mia lingua. Nel mio lavoro cerco di esplorare le nostre esperienze umane condivise”. 

Nato nel 1944 in Brasile, Salgado è sempre stato guidato da un’estrema sensibilità che lo ha portato, nel corso della sua lunga carriera, a documentare la condizione umana in diverse aree geografiche. Ritratti di situazioni economiche, politiche e sociali talmente agli estremi da dover essere immortalate in uno scatto per divenire testimonianza. 

La mostra alla Somerset House, in occasione dei Sony Awards, sarà l’occasione per ammirare da vicino un’ampia selezione delle fotografie di Salgado, da lui stesso vagliate. L’appuntamento è dal 19 aprile al 6 maggio 2024 a Londra. L’esposizione londinese evidenzia i temi chiave che hanno caratterizzato gli ultimi cinque decenni della carriera di Salgado. 

Sebastiao Salgado dalla serie Gold 1986

La serie Gold (1986) raccoglie le immagini che il fotografo scattò quando, nel 1986, ottenne il permesso di visitare Serra Pelada e davanti ai suoi occhi si spalancò una voragine con migliaia di uomini mezzi svestiti che avevano i volti e i corpi color dell’ocra, macchiati dal minerale ferroso presente nella terra che avevano scavato. In quegli anni, dopo la scoperta dell’oro in uno dei suoi fiumi nel 1979, Serra Pelada sembrò incarnare l’El Dorado da tempo promesso e divenne la miniera a cielo aperto più grande del mondo, impiegando 50mila scavatori in condizioni spaventose. 

Con Workers (1993), Salgado ci regala un’epopea per immagini che evidenzia la resilienza e lo spirito di uomini e donne che lavorano. Dalle immagini infuocate di una miniera di zolfo indonesiana al dramma della pesca del tonno siciliana fino alla resistenza dei minatori d’oro brasiliani, Salgado rivela l’incessante attività umana alla base della civiltà moderna. 

SEBASTIÃO SALGADO<br>WORKERS<br>Rajasthan canal works India 1989<br>Tirage gélatino argentique

Vi sono poi serie più recenti come Genesis (2011), risultato di un progetto a lungo termine, durato ben otto anni, tra luoghi incontaminati fra montagne, deserti e oceani. Genesis nasce con il proposito di far conoscere la bellezza del nostro pianeta e acquisire consapevolezza della necessità di porre rimedio ai danni causati dall’uomo. 

Non poteva mancare Amazônia (2019), serie nata da un viaggio di sei anni di Salgado attraverso l’amazzonia per immortalarne la bellezza. “Per me questa è l’ultima frontiera”, scrisse l’artista, “un misterioso universo a sé stante, in cui l’immenso potere della natura si percepisce come in nessun altro luogo terrestre. Questa foresta sconfinata ospita un decimo di tutte le specie vegetali e animali esistenti, è il laboratorio naturale più grande del pianeta”.

Salgado ha visitato una decina di tribù indigene che vivono in piccole comunità sparse per la più grande foresta tropicale del mondo e ne ha documentato la vita quotidiana. C’è anche la serie Exodus (2000), un progetto a lungo termine che traccia il movimento globale delle persone, in contesti di migrazione economica e sfollamento forzato. Il fotografo negli ultimi anni il è occupato delle minoranze indigene e della riforestazione in Brasile.

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