Il racconto dell’inquieta e tormentata vita dell’imperatrice Elisabetta d’Austria, donna anticonformista e assetata di libertà, ma prigioniera della spietata e rigida corte viennese.
Di Elisabetta d’Austria, meglio nota come Sissi, molti di noi conoscono il ritratto romanzato dei film con Romi Schneider, la versione patinata di una donna avventurosa, ma intrappolata dalle rigide regole dell’Impero Asburgico, ormai prossimo alla sua dissoluzione.
Le informazioni sul vero personaggio storico le abbiamo, in realtà: i suoi diari olografici sono stati pubblicati su sua richiesta, anche se solo nel 1980, e dipingono tutti i suoi lati oscuri. L’anoressia, l’ossessiva cura del suo fisico, l’odio nei confronti di sé stessa e il senso di colpa per la morte di due dei suoi figli; la frustrazione per la rigidità della corte viennese, ma anche l’ironia e il cinismo dietro il quale nascondeva un animo fragile, devoto alla poesia romantica e ai voli dell’animo.

Forse preferiamo il ritratto dei film alla donna reale, nel caso di Sissi, perché un’immagine di principessa triste, ma sempre buona, sempre innamorata del suo Franz, è rassicurante e conosciuta. Il testo scritto da Roberto Cavosi e ora in scena al teatro Franco Parenti di Milano, prima di continuare il suo tour nazionale, però, non permette al pubblico di crogiolarsi in questa comodità. “Sissi l’Imperatrice” è uno spettacolo forte e ironico, che finalmente porta in scena una donna in carne e ossa, con tutte le sue sfaccettature, le sue forze e le sue debolezze. E al diavolo Franz Josef.

Lo spettacolo si svolge su una scena scarna, che grazie a un moderno gioco di luci cambia colore di quadro in quadro. Gli arredi sono pochi e sistemati al centro. I costumi di Paola Marchesin sono perlopiù bianchi o neri, con linee rigide e tagli contemporanei e appena qualche tocco di antico, tra divise da cameriera con crestina di sangallo e parrucche incipriate. Rendono perfettamente l’intenzione di voler sdoganare la vera Sissi, giacché, per ritrarre la donna anticonformista e carismatica che era, la si deve per forza liberare dalla sua immagine eterea, dai vestiti vaporosi e dalle complicate acconciature, di cui si sentiva schiava Sissi stessa. Parole sue: “È come se reggessi sul capo un corpo estraneo, sono schiava dei miei capelli”.

A interpretare il ruolo della protagonista è l’ottima Federica Luna Vincenti, che procede con energia e sentimento lungo tutti i quadri in cui è suddiviso lo spettacolo, offrendo al pubblico un’Elisabetta d’Austria in tutte le sue sfaccettature e pensieri: dalla filosofia al sesso, dalla politica all’arte, senza reticenze, Sissi ci parla di sé, della sua visione del mondo, in modo crudo, cinico e pieno di dolore. A interagire con la Vincenti ci sono gli altri membri del cast, Milutin Dapčević, Ira Nohemi Fronten, Claudia A. Marsicano, Miana Merisi, tutti molto affiatati e che sembrano scelti per sottolineare la multietnicità dell’impero asburgico di allora, ma anche della società di adesso. Il parlato è poi sostenuto dalle pregnanti musiche originali di Oragravity, che sottolineano la drammaticità di alcuni momenti e l’ironia di altri.
In un periodo instabile quanto l’Europa di fine Ottocento, “Sissi L’Imperatrice” appare una rappresentazione sentita e contemporanea anche nel background sociale e politico, e non solo perché mette in luce una donna nella sua tridimensionalità, che lotta per sfondare i muri che la società le impone.