Quando Chiara Bertola ha assunto il ruolo di direttrice della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, a novembre dello scorso anno, aveva già tenuto a sottolineare la sua volontà di rivitalizzare e arricchire di nuovi sguardi contemporanei le collezioni storiche, con un’attenzione curatoriale ai temi del futuro. L’obiettivo era quello che il pubblico torinese “inciampasse”, ovvero “creare delle tensioni inabituali, non canoniche” mentre si accingeva a scoprire capolavori ottocenteschi e novecenteschi.
Queste sono state le motivazioni che hanno guidato la scelta di presentare una stagione espositiva tutta al femminile – con la deroga di una piccola quota azzurra – per quest’inverno alla GAM, con le opere di Berthe Morisot (1841-1895), Mary Heilmann (1940-) e Maria Morganti (1965-).
Berthe Morisot è l’unica donna che la storia dell’arte riconosce essere stata tra i padri fondatori dell’Impressionismo francese, e che, non solo per vicissitudini evidentemente famigliari (sposò Eugène Manet, fratello del più noto Édouard), dedicò la sua vita alla pittura e all’arte. Se la descrivessimo oggi, probabilmente la definiremmo un prodigio: da modella in studio fotografico a colorista eccelsa nella costante ricerca di una resa pittorica sempre più brillante. Ma la Magicienne – come l’apostrofò quel poetastro maledetto di Stephane Mallarmé – nelle sue opere tenta di ricalcare gli istanti fugaci della dimensione famigliare e delle scene dell’alta società della Belle Epoque per far assaporare a chi guarda i suoi dipinti l’intimità dei gesti umani relazionali.
È attraverso la progressiva intensità della sua tavolozza che è racchiuso il suo profondo bisogno di affermazione di sé in quanto artista, in un’epoca in cui l’arte era ancora un affare da uomini.
Sempre al primo piano della galleria, troviamo la prima esposizione ospitata in Italia dell’artista americana Mary Heilmann, che è riuscita ad affermarsi a partire dagli anni ’70 in una New York popolata di artisti sempre più propensi a screditare del tutto il mezzo pittorico. Nelle sue opere, Heilmann decide di andare oltre le dimensioni di spazio e tempo utilizzando un codice di figure geometriche, creando puzzle dai ritmi ricorrenti. Se Gordon Matta-Clark era l’anarchitect per antonomasia, Heilmann è l’anarbstractist che con il suo uso apparentemente giocoso e rilassato del colore disarma i puristi modernisti, i quali non possiedono la sua inconfondibile irriverenza. Tuttavia, la “presa in giro” della geometria collassa se applicata al presente contemporaneo.
Non ultima per importanza, la terza ospite della Galleria, è la veneziana d’adozione Maria Morganti. Qui negli spazi asettici del primo piano sotterraneo trovano collocazione le Sedimentazioni dell’artista, che custodiscono l’essenzialità e l’esclusività del suo rapporto con il colore.
Se è una sequenza allestitiva cronologica che ha raccontato fino a questo punto una relazione tra la mano di colei che dipinge (anzi, la mente) e uno degli strumenti essenziali della pratica pittorica, cogliamo nelle opere di Morganti il tentativo estremo di conseguimento dell’essenzialità del gesto. Dal movimento circolare quasi asfissiante che chi si appresta a dipingere fa nella Ciotola contenitore per ottenere la gradazione desiderata di colore all’ostensione di ciò che lì dentro è accaduto, sulla tela. Pare una pratica ossessiva quella della Morganti, quella della stratificazione, sia questa di colore, di opere librarie o di fotografie, che ne fa una necessità “archivistica” di memoria gestuale.
Tra le tele, l’eco del Luogogesto risuona e si mostra materialmente allo spettatore al pari di un’altare dove si celebra il rituale pittorico quotidiano dell’artista.
“Berthe Morisot. Pittrice impressionista”, “Mary Heilmann” e Maria Morganti” sono aperte al pubblico fino a marzo 2025 presso la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino.