C’è una Monopoli sotterranea che vive di ricordi, di angosce, di martiri fortunatamente evitati. Vive sotto la piazza principale, quella dedicata a Vittorio Emanuele, la “grand place” che tutti in città conoscono come il “Borgo”. Qui ci sono i Rifugi Antiaerei che hanno ingressi nascosti, che, come in un prodigio, si aprono agli occhi. In questo luogo dell’anima, scavato nel tufo, un dedalo di gallerie, è entrato con forza visionaria Franco Dellerba e ha portato tutta la sua storia di sculture iconiche.
Sono qui esposti i suoi mitici cavalli a dondolo, la scala, il trono, il seggiolone e tanti altri oggetti confezionati con quelle luminarie che hanno il sapore della Puglia, la brillantezza delle feste in piazza, il raffinato rimando alla tradizione. Ma nel “bunker museum” di Monopoli Franco Dellerba ha esposto anche le sue chimere, quelle creature fantastiche generate dai sogni e oggi anche possibili espressioni di una ricerca genetica senza scrupoli. Sono mostri dall’aspetto bonario pronti a entrare in un bestiario contemporaneo, magari rigorosamente in fila indiana, così come si doveva star seduti su quelle stesse panche.
In una delle due antiche cisterne un pinguino, simbolo di evoluzione e adattamento, è anche lui vittima delle ansie del nuovo millennio. Ha deciso di intraprendere un percorso psicoterapeutico e lo si sorprende sull’emblematico lettino in piena sessione. Affianco a lui uno scimpanzé viene accompagnato sul dorso da una piccola scimmietta alata, il suo angelo custode.
Questa è “Sottosopra”, l’ampia personale che Franco Dellerba ha studiato minuziosamente per questo luogo, trasformando un ricovero incantevole in un giardino incantato, dove nascono alberi della meraviglia. L’allestimento è realizzato come un’esperienza per il visitatore/viaggiatore. Si cammina nei cunicoli e si incontrano sculture fatte di luce e mostruose creature, che appaiono all’improvviso, come epifanie inaspettate, capaci di rapire lo sguardo e l’attenzione. Si è “sottosopra” perché questo è il mondo che sta in superficie, non è quello che si potrebbe immaginare quaggiù. Si sta negli inferi, ma la luce è tanta, si sta negli abissi, me le chimere sono simpatiche compagne di giochi. Allora viene il dubbio che sia il mondo a essere andato “sottosopra”, o quanto meno stia per andarci. E un artista visionario come Franco Dellerba richiama l’attenzione su quanto possa accadere.
La mostra, a cura di Carmelo Cipriani, è stata inaugurata il 21 aprile e ripercorre gli ultimi quarant’anni di carriera di uno dei maestri della scultura contemporanea, evidenziando il suo rapporto con l’ambiente culturale pugliese e italiano, con alcuni protagonisti come Marilena Bonomo, che ne ha tratteggiato un prezioso ricordo durante la Biennale di Venezia del 1980, ad Achille Bonito Oliva, che negli stessi anni andava modellando il gruppo poi iconico della Transavanguardia.
Addentrarsi nei rifugi significa oggi entrare in un mondo sospeso tra cielo e terra, tra realtà e sogno, riscoprire le pulsioni di una religiosità immersa nel quotidiano che si esprime nella devozione ai santi e nelle “madonne” sottratte all’Universale. È l’opportunità per gli intrepidi visitatori di ribaltare le paure e le ansie trasformandole in fantasie, riscoprendo la curiosità e la purezza di quel bambino ferito che sopravvive allo scorrere del tempo. Così una ragionata selezione di lavori invita, fino al prossimo primo settembre, a sovvertire lo spirito bellico con quello ludico, il dramma con la spensieratezza, la frivolezza con le credenze rituali.
Il progetto espositivo all’interno dei Rifugi Antiaerei monopolitani è stato ideato e promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Monopoli, in collaborazione con la Fondazione Pino Pascali di Polignano a Mare e con il patrocinio dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Bari.
Alla fine del percorso espositivo va fatta un’ultima riflessione. Un rifugio è un posto sicuro dove nascondersi, dove sopravvivere, dove aspettare. E nell’attesa ognuno si porta qualche “pezzo di sopra” nel mondo di sotto. Si porta al sicuro qualche bene prezioso, ma anche un pensiero, un’idea, da coltivare in un luogo dove non esiste il tempo, dove tutto è sospeso nell’attesa. Qui non fa giorno e non fa notte. Non c’è tempo.