Yeast, un festival di fotografia che parla di cibo e nutrizione

Dal 19 settembre in Salento, è in arrivo lo Yeast Photofestival, un evento dedicato alla fotografia che coinvolgerà la provincia di Lecce e accompagnerà il pubblico fino al 3 novembre. Per l’edizione 2024, la direzione artistica è di Edda Fahrenhorst e la direzione generale di Flavio&Frank e Veronica Nicolardi. Il tema sarà ancora Food is identity (Il cibo è identità), declinato ogni anno secondo una chiave interpretativa differente.

Per la sua terza edizione, le domande a cui si cercherà di trovare risposta saranno più di una: “Cosa avete mangiato oggi? A colazione, a pranzo, a cena, nel mezzo? E ieri? E dove avete preso gli ingredienti? Al mercato, al supermercato, al ristorante o nel vostro orto? Sono state cucinate pietanze al momento? Il cibo è stato trasformato?” E se per le prime, per alcuni, sarà facile trovare risposta. Per le altre, si potrebbe avere qualche difficoltà in più. Quanto sappiamo davvero di quello che mangiamo? A cosa ci affidiamo e in che modo cerchiamo di aumentare la nostra consapevolezza sul cibo?

Dal 2021, l’obiettivo che si propone lo Yeast Photofestival è quello di “indagare e promuovere un rinnovato rapporto uomo-ambiente attraverso il linguaggio della fotografia e delle arti visive“, nella creazione di occasioni di incontro e luoghi di riflessione, in cui potersi fermare a riflettere sulle trasformazioni dell’uomo e nella relazione con la materia circostante, visibile e meno: ambiente e biodiversità.

È la fotografia il mezzo scelto per immortalare le sfaccettature di una realtà che cambia: dall’innovazione artistica alla tradizione culinaria, dall’ecosistema locale al paesaggio globale, nella promozione di un dialogo continuo tra un passato consolidato e un presente in costante mutamento.

Centro della terza edizione del festival saranno il cibo quotidiano e la sua provenienza. “Siete consapevoli che per la vostra salsiccia deve essere prima ucciso un animale? Siete consapevoli che i veleni agricoli sono spesso utilizzati per garantire una crescita stabile di cereali e ortaggi? Sapete che da qualche parte nel mondo si combatte, armati fino ai denti, per l’acqua che fa crescere un avocado?”.

È per rispondere a tutte quelle domande che spesso dimentichiamo di porci che l’edizione 2024, dal titolo From Planet to Plate (Dal pianeta al piatto), interroga le relazioni tra il cibo che ogni giorno troviamo nei banconi del supermercato e sulle nostre tavole e l’impatto che coltivazione, allevamento, produzione, lavorazione e diffusione hanno sul pianeta che abitiamo.

Lo scopo non è unicamente quello di ottenere una risposta, ma piuttosto la possibilità di raggiungere maggiore consapevolezza e, perché no?, anche una migliore educazione alimentare

Non solo cibo, ma anche ambiente, società, cultura e dialogo, in mostra allo Yeast Photo Festival. Vari e stimolanti i progetti fotografici esposti, molti dei quali attraversano epoche e continenti differenti. Pablo Ernesto Piovano, con The Human Cost, esplora il Nord, il Centro e le coste dell’Argentina, testimoniando la devastazione e la miseria di oltre 15mila km in cui sono visibili i danni di coltivazioni poco rispettose, della terra così come di chi la lavora. 

Kadir van Lohuizen, con Food for Thoughts, indaga i processi di produzione e distribuzione del cibo che mangiamo, dal Kenya, a Stati Uniti, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Cina e Paesi Bassi, suo Paese d’origine, esaminando impatto ambiente e costo economico e umano. Seif Kousmate, con Waha, propone uno studio sull’esistenza delle oasi, immagine quasi magica, spesso associata a un ideale di bellezza e pace, in un deserto arido e monotono. Axel Javier Sulzbacher, in Green Shades, si concentra sul colore verde dell’avocado, frutto popolare e oggi molto utilizzato, dalla colazione allo spuntino. Dietro il frutto, ormai richiesto in ogni mese dell’anno, c’è lo stato messicano di Michoacán, le cui foreste vengono disboscate e incendiate illegalmente per far spazio alle piantagioni. Non tutto è così brillante e verde come appare.

<em>The Forest Knows<em> Nicolç Lanfranchi

Con Tropicalia, Jean-Marc Caimi & Valentina Piccinni, hanno scelto di rappresentare le conseguenze del cambiamento climatico in Sicilia, così come Henrike Stahl, nel progetto L’arc sera parmi les nuages, sull’innalzamento del livello delle acque e le sue conseguenze in Francia. Nynke Brandsma, in Mijn Duifje (my dove / my lovely). A pact between a man and a bakery, racconta una storia di scoperta e di ricerca; mentre Nicoló Lanfranchi, con The Forest Knows, porta il pubblico con sé nell’incontro con il popolo Asháninka del villaggio di Apiwtxa, in Brasile.

Uomini, industrie, foreste e anche animali affiancano questo percorso di indagine all’interno del mondo del cibo. Come nelle fotografie di Carolina Arantes (Holy Cow), racconto sull’impatto industriale della carne per l’ambiente e l’alimentazione; Florian W. Müller (), approfondimento sull’identità di una mucca, oltre le parti di cui si compone; Feast No More, ipertrofia alimentare nella Collezione di Fotografia Vernacolare di Jean-Marie Donat, con mucche e galline che si affacciano su confezioni dei prodotti e cartelloni pubblicitari.

Ancora altre sfaccettature di cibo nelle collezioni di Kateřina Sýsová (Kukbuk), su usanze e convenzioni della ristorazione ceca; Sarah Boutin (Merci Pour Ton Agréable Visite, Les Jolies Fleurs Et Les Délicieuses Fraises) con i suoi ricordi di infanzia, Alessia Rollo (Don’t Play with Food) sul racconto del suo rapporto di bambina con il cibo e Alexander Yegorov (Welcome to Yesterday) sull’importanza della condivisione del momento dei pasti. E tu, ricordi cosa hai mangiato oggi?

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