Ebraismo, Cristianesimo e Islam sono spesso dette “religioni abramitiche”, ciò perché tutte e tre derivano la loro storia profetica da Abramo. Abramo parla con Dio, l’unico Dio, il Dio di Abramo, è quindi il Dio di tutte e tre le religioni. Le tre religioni abramitiche hanno quindi esattamente lo stesso Dio e la stessa discendenza, per l’Islam almeno fino ad Abramo appunto (per le altre due fino a Gesù).
Noi occidentali siamo abituati a parlare di cultura “giudaico-cristiana” (escludendo l’Islam quindi) per tre motivi e… mezzo. Il primo motivo è che la bibbia cristiana include, quasi in toto, la bibbia ebraica. Il secondo motivo è che i legami economici e culturali tra il popolo ebraico e la società occidentale nel suo complesso non sono solo in simbiosi, ma sono spesso indistinguibili. Il mezzo motivo è dato da Gesù, un ebreo che fa da spartiacque ma anche da collante (L’ebraicità di Gesù, J. H. Charlesworth). Il terzo motivo è razziale, gli islamici sono diversi, spesso si vestono diversamente, mangiano diversamente e hanno un potere politico non compenetrato con quello occidentale. Tali diversità si riscontrano anche per i cinesi o altre culture, solo che appunto gli islamici sono abramitici, sono vicini e culturalmente in fondo non troppo distanti dai giudeo-cristiani. Paradossalmente: la similitudine impone di formalizzare le differenze.
Nella definizione della cultura giudeo-cristiana abbiamo incluso alcuni capisaldi che possiamo suddividere in due grossi filoni:
– la ricerca scientifica, con il suo carico epistemologico (ovvero il ragionamento sui metodi che la scienza usa)
– le domande fondamentali della vita, che possiamo riassumere con discreta efficacia in: domanda sulla morte (domanda escatologica), domanda sulla vita (domanda ontologica), domanda sul mondo che ci circonda (esistenza). Oggi vogliamo ancora parlare di filosofia ed di AI e lo facciamo nel campo islamico. Abbiamo scovato un complesso ed affascinante articolo della ricercatrice bulgara Biliana Popova che in Islamic Philosophy And Artificial Intelligence: epistemological arguments mette in relazione i tre fondamentali modi di sviluppare machine learning, ovvero con apprendimento supervisionato, non supervisionato e semi supervisionato, con tre visioni epistemologiche delle tradizioni islamiche (in pratica come l’Islam sviluppa la sua teologia).
Bene ma cosa può c’entrare Abramo con l’AI? C’entra. C’entra, perché se Abramo è il punto oltre il quale le tre religioni si distanziano (dal figlio Isacco sarebbero discesi ebrei e cristiani e dal figlio Ismaele la tradizione mussulmana) vedremo tra poco come gli argomenti epistemologici (il metodo adottato) sulla filosofia della AI vanno totalmente a convergere. Ricordiamo che l’Islam ufficialmente nasce da Maometto nel VII secolo d.C. e sente l’esigenza di riconoscere le precedenti religioni come preparatorie, non errate quindi, sebbene ancora non complete. La stessa cosa è avvenuta per il cristianesimo, che ha riconosciuto l’ebreo Gesù come il messia, colui che è venuto per portare a compimento, non per abrogare (Mt 5,17-20). Quindi quando si parla di Abramo per i cristiani e per i musulmani, ci si sta riferendo al profeta Abramo, colui che parla con Dio e fonda la fede nel Dio vero e unico, senza la quale alcuna religione monoteista non potrebbe esistere. Abramo è quindi il fattore abilitante comune a tutte e tre le religioni, ove la successiva nella sua propria concezione non annulla, ma completa le precedenti.
Torniamo all’AI e seguiamo, per quanto possibile, vista la complessità tecnica dell’articolo, la dottoressa Popova. La Popova sviluppa il suo ragionamento, esattamente come stiamo facendo ormai da mesi in questa rubrica, facendo notare che le recenti evoluzioni sull’AI hanno spinto ricercatori e filosofi e sviluppare due indagini fondamentali:
1. se prima o poi l’uomo riuscirà a trasformare l’inanimato in animato (attualmente non sappiamo ancora formalmente definire cosa sia l’animato).
2. nella ipotesi sopra quale sarà il nostro rapporto con l’intelligenza creata.
Sono in molti a ritenere che la tradizione giudeo-cristiana sia assolutamente compatibile non solo con AI evolute e robot, ma per alcuni anche con l’idea di una vita post biologica, che possa sopravvivere alla morte del sistema solare, ovvero tra circa 4,5 miliardi di anni. Le religioni influenzano la società e analizzare la loro posizione filosofica in relazione alle evoluzioni della scienza è fondamentale. Per ora abbiamo un sostanziale via libera quindi dalle religioni per lo sviluppo dell’AI. Abbiamo già parlato della partecipazione del Papa al G7 e della posizione della Chiesa Cattolica. Un “gossip” domenicale: la Popova emette un piccolo ma poco ironico sfogo nel sottolineare come in occidente si tenda a vedere l’Islam e la tecnologia come incompatibili o addirittura contraddittorie, l’autrice sbotta con un bel “ciò avviene perché gli occidentali correlano l’industrializzazione con il concetto di progresso – una interpretazione di stampo marxista”. Una steccata da bar sport, ma visto il livello dello studio e le conclusioni cui perviene… rischia pure di convincerci che ci sia del vero.
La ricercatrice sviluppa una correlazione epistemologica tra tre costrutti formali di cui abbiamo spesso parlato ovvero determinismo, casualità e calcolo delle probabilità, con tre pilastri ontologici: immortalità, morte e aldilà. Non ci addentreremo qui nei dettagli delle varie correnti islamiche ma vale la pena riportare alcuni ragionamenti.
Il primo è legato al determinismo e postula che solo l’intelletto e la staticità della dimostrazione logica può annullare il lavorio del tempo e connetterci con Dio e renderci immortali. Questa posizione epistemologica (I Muʿtaziliti e i Falasifa) deriva dal fatto che noi “siamo” grazie a Dio e la correlazione è sviluppata con il machine learning supervisionato, ovvero ove ogni input è etichettato e sviluppano la logica di learning in modo controllato.
Il secondo è legato alla casualità e fa riferimento al concetto che se la morte è un passaggio fondamentale, tutto ciò che viene prima non è da vedere in una chiave personale (morendo la morte annulla la persona come la sentiamo e concepiamo), piuttosto la visione è quella della collettività (popolo, stato, mondo). La vita è un divenire caotico la cui forza motrice è l’eros, ovvero l’innamoramento per la specie. La scorsa settimana abbiamo parlato della evoluzione e del neo darwinismo, questo è il contesto di riferimento ed è un riferimento correlato con il caos, meglio rappresentabile dal machine learning non supervisionato, ove ogni fatto è “situazionale” e nulla può essere valutato se non in relazione a qualcos’altro. Non vi è un disegno precostituito da scoprire ma piuttosto una evoluzione genetica e randomica verso “sacche di senso” che hanno senso se poste in relazione con altro. Ci permettiamo di collegare questa posizione con un precedente articolo dove abbiamo accennato a Gombrowicz ed alla filosofia esistenzialista.
Se le prime due posizioni sono legate ai concetti di immortalità e morte il terzo è legato al concetto di aldilà o vita dopo la morte. In questa visione gli uomini hanno sulla terra una responsabilità, attraverso il linguaggio ed il libero arbitrio gli uomini possono sviluppare infatti varie posizioni etiche. L’etica non è separabile dal processo di acquisizione di informazione.
Capiamo quindi che nella prima posizione tutto è determinato (possiamo anche far riferimento a quanto scritto qui parlando di Giordano Bruno), l’etica, come tutto, è determinata da Dio. Nella seconda posizione è l’eros che, romanticamente, prende il sopravvento sull’etica; il proseguimento della specie giustifica (epistemologicamente) l’andare a caso.
In questa terza posizione il processo ed il libero arbitrio determinano posizioni etiche, alcune della quali sono abilitanti alla connessione con Dio, altre no. Questa è anche la posizione di gran parte dello gnosticismo (che nel cristianesimo ritroviamo nel secondo secolo dC) e non a caso in seno all’Islam è la posizione dei Sufi, la cui filosofia (cui attinge Franco Battiato nei suoi testi) è estremamente esoterica. In questa categoria quindi abbiamo bisogno di un valutatore, un disegno cui tendere, dall’altra abbiamo bisogno anche del caos. Non ci va bene “tutto purché si vada avanti”, dall’altra non siamo nel caso dove “tutto è già fissato”. Il machine learning di riferimento in questo caso è il semi-supervisionato, dove si hanno delle funzioni di valutazione, ma allo stesso tempo si ha necessità che sia il sistema a generare soluzioni in modo autonomo e “creativo”.
Ricordiamoci da dove siamo partiti, qui l’ipotesi di base è che un giorno l’AI possa diventare animata. Sebbene l’autrice non lo dica esplicitamente ci sono due grosse tematiche correlate, la prima è che noi stiamo creando l’AI, una analisi epistemologica sulle implicazioni etiche (etiche e non morali) è senza meno necessaria per chi è anche un fedele. Inoltre un altro punto è legato alla possibilità di una vita post biologica ed alla possibilità fantascientifica di essere “backuppati” in una macchina. Ma questo sarà un prossimo articolo.
le puntate precedenti di queste riflessioni su coscienza, pensiero filolosofico e intelligenza artificiale le potete trovare qua:
Dio è nei dettagli? No, nei computer. Un’ipotesi sull’uomo, la Natura e l’Intelligenza Artificiale
Ockham ed Intelligenza Artificiale: rasoi per pelo e contropelo a confronto
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Thomas Hobbes ed il deep learning. AI tra draghi ed algoritmi etici
Intelligenza artificiale, filosoficamente parlando (pt. 1)
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Gombrowicz: arte, coscienza ed esistenza per la nostra immaturità