Dal 30 agosto al 3 novembre Monopoli ospiterà la IX edizione di Phest – See Beyond the Sea, Festival internazionale di fotografia e arte che ogni anno accoglie artisti da tutto il mondo in uno scenario ricco di storia ma orientato al futuro.
Il tema scelto per l’open call rivolta ai partecipanti è ispirato dal centenario della pubblicazione del Primo Manifesto Surrealista, firmato da André Breton nel 1924 e propulsore dell’espressività onirica osservata in tutte le sue sfaccettature. “Le strade sono piene di artigiani ammirevoli, ma di pochi sognatori pratici“ diceva Man Ray, ma noi quest’anno di sognatori pratici da tutto il mondo riempiremo le strade di Monopoli”, cosí il Direttore Artistico del festival Giovanni Troilo annuncia la nuova edizione, un punto di incontro tra le culture mediterranee e i sogni che le accomunano nel segno dell’arte.
L’Associazione culturale Phest nasce nel 2016 dalle idee di Giovanni Troilo, Direttore Artistico, Arianna Rinaldo, curatrice della fotografia e Cinzia Negherbon, responsabile dell’organizzazione degli eventi; Phest non si identifica solamente come una rassegna di fotografia e arte, ma trova le sue radici nel territorio che lo ospita e nelle sue peculiarità. Il claim del festival “See beyond the sea” anticipa i concept intorno al quale ogni edizione si realizza: diversità, identità e ricerca. La contaminazione tra culture, popoli e tradizioni del Mediterraneo, si sposano con la molteplicità dei media artistici chiamati a interpretarli: fotografia, cinema, musica e arte riescono infatti ad esprimere al meglio la vivacità della scena culturale che accomuna queste terre.
Il festival sottolinea un parallelismo tra le identità del Mediterraneo e la fotografia: quest’ultima difatti è considerata il linguaggio della contemporaneità per eccellenza, in grado di identificare e rappresentare i cambiamenti del nostro tempo ridefinendosi giorno per giorno e variando i propri confini. La realtà delle comunità circondate dal mare è molto simile: personalità che non cercano una cucitura, ma un riconoscimento per la loro unicità e una rete di relazioni per dialogare e contaminarsi. L’immaginario comune legato a queste realtà sente il bisogno di essere riscritto continuamente, come afferma il team curatoriale “nel momento in cui tutto sembra dunque meritare una nuova definizione, ci sembrava giusto ripartire da qui, dall’idea destabilizzante di una continua riscrittura del presente”.
Il sogno non appartiene solamente a una dimensione altra, al contrario si insinua nel presente portando spesso con sé memorie del passato e talvolta premonizioni del futuro. Sogni infranti, chimere irraggiungibili, immaginari infantili, il sogno può essere tutto questo e gli artisti ospiti lo rappresentano partendo da storie personali, prospettive singolari e lucide analisi della società in cui viviamo.
Jan von Holleben, fotografo tedesco che unisce studi ed esperienze in ambito pedagogico all’espressività della fotografia, è il protagonista della residenza Phest 2024: il progetto All Humans Be Cats restituisce le sfumature e la freschezza dei sogni di 800 bambini, coinvolti grazie alla collaborazione degli istituti scolastici locali, in divertenti scatti che verranno esposti al Porto Vecchio per tutta la durata della manifestazione. Il “cosa vuoi fare da grande” diventa la materia prima su cui il fotografo si concentra, regalando ai piccoli sognatori un momento di gioia edulcorata dalla realtà, che potrà rimanere viva e impressa anche negli occhi di coloro che bambini lo sono stati.
La produzione artistica degli altri partecipanti si può ricollegare ad alcune macro-aree influenzate dal sogno: la memoria, nel suo essere passato e presente allo stesso tempo, la società, nelle sue evoluzioni e involuzioni ed infine la natura, nel suo saper essere incantevole e disarmante a seconda di come la si osserva.
La “Processione mistica” di Valentina Vannicola mette in scena il XXIX Canto del Purgatorio dantesco in una performance che vede attori non professionisti interpretare un frammento di letteratura altamente simbolico nel quadro della campagna laziale, terra dell’artista e segno di un lavoro di alto valore sociale e partecipativo.
I ricordi d’infanzia orientano invece le opere di Ismail Ferdous e di Paolo Ventura: le spiagge del Golfo del Bengala, dove Ferdous trascorre le vacanze estive da bambino, sono documentate in Sea Beach, una raccolta che indaga lo spettro del consumismo e del cambiamento climatico sempre piú presenti. Mentre le Short Stories di Ventura sono una vivida rappresentazione delle vicende della Seconda Guerra Mondiale narrate all’autore dalla nonna in momenti di dolorosa intimità tra storie di guerra, magia e abbandono.
Tornando alla contemporaneità, sono molti gli aspetti critici della società e della politica, come testimonia la crisi delle migrazioni rappresentata dall’opera fotografica di César Dezfuli, Passengers: dopo aver ritratto per una passata edizione di Phest 118 migranti salvati al largo delle coste libiche nel 2017, Dezfuli approfondisce le ragioni che portano a un gesto tanto profondo in un dialogo diretto con i protagonisti dei suoi scatti. Da ció che conduce lontano dal proprio Paese a ció che lo caratterizza, la ricerca di Richard Sharum nella serie Of Thee I Sing. An American Series che individua gli elementi tipici della società americana in un viaggio tra simbologie, personalità, tradizioni e criticità. Il sogno rivive in aspirazioni, non solamente personali ma a volte comunitarie, come la storia di una piccola area tra il Belgio e la Francia che riesce dopo anni e rivendicazioni a ottenere la completa indipendenza con uno statuto e una lingua ufficiale. Esperanto, titolo della ricerca fotografica di Matthias Jung, racconta la disillusione e la bramosia nascoste dietro a un progetto da sempre considerato irrealizzabile.
L’elemento visivo è costantemente investito dall’immaginario, che a volte sceglie cosa far o non far vedere, cosa carpire e cosa ignorare, proprio come l’esperimento Fields of Sight del duo Gauri Gill & Rajesh Vangad: la macchina fotografica di Gill e i disegni in stile Warli di Vangad si approcciano ai paesaggi che un tempo sembravano familiari, ma che in un percorso di quattro anni di scatti, diventano un terreno di scoperta che rivaluta dettagli e significati. Se l’obbiettivo può sorprendere e dare interpretazioni altre alla natura, talvolta rispetta la semplicità di quello che ha davanti a sé: Natalie Karpushenko sceglie l’oceano in The Ocean’s Dream come testimonianza di bellezza, retaggio liquido delle origini umane, elemento disarmante a cui abbandonarsi tra luce e profondità.
Il sogno nasce e si sviluppa soprattutto dalla banalità del qui e ora, dei pensieri ad occhi aperti in un momento di distrazione e Davide Monaldi rende questa declinazione con la serie di ceramiche Terracielo: uno racconto onirico che coinvolge oggetti quotidiani, figure reali e mistiche per mostrare con ironia ció che anima la nostra mente e che non riusciamo a catturare con lucidità.
Se la fotografia è la protagonista indiscussa del festival, la musica lo inaugura con tre serate dal 30 agosto al 1 settembre che faranno ballare Piazza Palmieri con ospiti d’eccellenza: apre il DJ set di Mary Gehnyei che unisce accenti techno all’Hip Hop, seguita dal duo C’mon Tigre sperimentatori di contaminazioni tra musica, arti visive per concludere con Protopapa, riferimento italiano per la musica elettronica che anima le serate piú esclusive da Nord a Sud.
La collaborazione con la piattaforma Lens Culture, Leica Akademie e PhMuseum rendono Phest un’occasione concreta di valorizzazione e promozione dell’arte della fotografia, con premi ed esposizioni che mirano a stimolare e riconoscere la produzione creativa e la condivisione della stessa.