Alessandra Redaelli ci guida nel mondo di Gala Dalì, la donna che ha vissuto al centro di un intreccio di amori e incontri destinati a segnare la storia dell’arte e della letteratura. Nel suo libro La musa surreale (edito da VandA edizioni), l’autrice ripercorre attraverso la voce della stessa protagonista, la vita della musa di Salvador Dalì, non solo come compagna del celebre pittore, ma come una figura indipendente, capace di determinare il proprio destino.
Gala, giovanissima, finì in un sanatorio in Svizzera, dove incontrò Paul Éluard, con cui ebbe una storia d’amore intensissima e da cui ebbe anche una figlia Cécile. Ma fu quando incontrò Salvador Dalì, un giovane artista dal talento esplosivo, che la sua vita prese una piega definitiva. Nonostante l’intensa passione con Éluard, Gala lasciò il poeta francese per seguirlo, dando vita a un legame che sarebbe stato tanto creativo quanto tormentato. Prima di Salvador, Gala aveva anche avuto una relazione con il pittore tedesco Max Ernst, un altro amore che segnò la sua vita emotiva e intellettuale.
Attraverso il racconto di Alessandra Redaelli, Gala emerge non solo come musa, ma come una donna che ha saputo scrivere la sua vita al di fuori dei miti imposti, navigando tra desideri, amore e sacrifici, fino alla sua morte nel castello regalatole dal marito Salvador Dalì. Un percorso di passione, arte e una continua ricerca di sé, che Redaelli esplora con profondità e delicatezza.
Abbiamo chiesto all’autrice: cosa ti ha portata a scegliere la narrazione in prima persona dal punto di vista di Gala? Quali sfide e opportunità hai trovato nel raccontare la storia attraverso la sua voce?
A me piace leggere racconti in prima persona, perché mi fanno entrare dentro la storia e, quindi, mi piace anche scrivere in prima persona, è come avere una specie di transfer, è come se riuscissi a immedesimarmi meglio. Questo fa sì che non ci sia un distacco, uno sguardo esterno e poi parlando di una donna, di sentimenti, di emozioni, mi è venuto naturale.
Gala ha avuto relazioni intense con due artisti di grande talento e personalità: Paul Éluard e Salvador Dalí. Come hai rappresentato questi rapporti nel romanzo?
Il mio scopo era cercare di dare di lei un’immagine che non fosse quella stereotipata, cioè la donna avida, fredda, quella che cercava negli uomini solo il guadagno o il piacere. Per fare questo mi sono documentata ho trovato, per esempio, un suo diario, per entrare in quelle che erano le sottigliezze di queste storie. Quando lei decide di lasciare Éluard per Salvador Dalì, non si sposa con il grande pittore ricco e osannato che diventerà dopo, Dalì all’epoca è un ragazzetto quasi sconosciuto, oltretutto il padre lo disereda quando lui intreccia una relazione con una donna di dieci anni più vecchia di lui e per di più sposata.
Le scelte di Gala sono di pancia e di cuore, lei abbandona una figlia, verso cui ha una totale mancanza di istinto materno, per Dalì, ma che poi riversa sui suoi uomini. Lo stesso rapporto che ha anche con Paul Éluard, per lui lei è la forza, il motore, quella che lo rassicura, quella che, quando lui scappa a Tahiti, vende tutto quello che hanno per andare a riprenderlo.
È nello stesso periodo che Gala ha una relazione con Max Ernst?
Anche qui c’è un falso mito da sfatare, è il marito Paul che la butta tra le braccia di Ernst, Éluard era rimasto affascinato da questo artista tanto che lavorarono anche insieme. Di Gala hanno scritto quasi sempre solo uomini e forse il mio punto di vista, femminile, riuscirà a far superare questi cliché.
Il romanzo parla anche di un periodo artistico di grande fermento. Quali aspetti del movimento surrealista e dei suoi protagonisti emergono dalla storia?
Io ho cercato di dipingere un affresco in cui ci fosse il Dada che poi diventa surrealismo. Per esempio, ho tenuto a raccontare le reazioni del pubblico per una performance Dada fatta a teatro nel 1920, una delle prime performance, l’atmosfera dei caffè, ma di queste storie ho voluto sottolineare soprattutto il lato emotivo. E, quindi, il carattere di André Breton che era un misogino, un accentratore, adorato da tutti, e sicuramente persona che meritava la leadership, ma a me interessava che venissero fuori le sue idiosincrasie. Tutto naturalmente intorno alle emozioni di Gala, alla sua personalità, al suo essere sola in questo mondo molto maschile.
Gala è spesso ricordata come musa, ma molti storici vedono in lei una donna con un forte senso di indipendenza e un’influenza attiva sulle opere di Dalí. Come hai interpretato e rappresentato il loro rapporto?
Come ho già detto, lei era il motore per i suoi uomini e lo era anche per Salvador Dalì, il loro era un rapporto totalizzante. Ho raccontato le tappe della carriera del grande artista catalano, viste con gli occhi di Gala. La loro prima volta negli Stati Uniti, quando lei ignara della tragedia del figlio di Lindbergh (proprio in quei giorni si stava celebrando il processo dell’assassino del piccolo di appena venti mesi) si presentò alla festa organizzata in loro onore con un copricapo alquanto macabro (ideato da Dalì), un bambolotto la cui testa veniva schiacciata da un enorme aragosta, potete immaginare lo scandalo che questo suscitò.
Gala era una semplice osservatrice o, a suo modo, anche una creatrice?
Amava disegnare, amava scrivere ma non sapeva scrivere, nel senso che non aveva talento, però quando Dalì scrive il suo romanzo autobiografico La mia vita segreta, finto, rocambolesco, pieno di cose strane, è Gala che lo mette un po’ a posto. Lei sa trovare nei suoi uomini il talento e lo sa stimolare, lei crea in quel modo, per interposta persona. Anche con Paul Éluard aveva questo tipo di rapporto, e mi piace fare questo parallelo mentre Dalì scriveva la sua autobiografia surrealista Éluard scriveva, in un’Europa lacerata dalla Seconda guerra mondiale, una poesia come Liberté.
Gala ha spesso abbattuto le convenzioni sociali della sua epoca. Come pensi che la sua figura risuoni oggi, e cosa la rende ancora così affascinante e attuale?
Forse perché non ha mai badato a quello che dicevano gli altri, e certamente non era facile per una donna soprattutto della sua epoca, parliamo di cento anni fa. Sicuramente è stata una privilegiata era nata in una famiglia ricca, era andata a curarsi in Svizzera. Quando poi si è sposata con Eluard i genitori di Paul li mantenevano, però è stata anche povera, per un periodo con il primo marito e agli inizi anche con Dalì, ma aveva dentro una forza, una potenza, una capacità di reazione alle avversità che è ammirevole, anche a costo di essere egoista. È emblematica la partenza per gli Usa, non si è preoccupata di quello che lasciava in Europa, ormai nella devastazione della guerra, ha preso la sua valigia piena di soldi ed è andata in Portogallo a compare i biglietti per lei e Salvador per un piroscafo che li portasse aldilà dell’Oceano.
Ha un po’ il fascino che hanno le persone che sanno essere egoiste, controcorrente e anche un po’ cattive, pur di salvarsi.
Gala è una figura complessa, amata e criticata in ugual misura. Qual è la tua personale interpretazione? Come hai cercato di trasmetterla ai lettori?
Ho cercato di ripercorre la sua vita, documentandomi, ma sono anche andata in Spagna, a vedere la casa che lei e Salvador Dalì hanno costruito insieme pezzo per pezzo, partendo da una piccola casetta di pescatori, e poi acquistando quelle vicine, facendola diventare un meraviglioso labirinto. Ho respirato la sua aria e sentito la sua presenza incombente, a Pubol, nel castello che le aveva regalato Dalì. Gala è dappertutto, è un monumento costruito per lei, dove lei si sentiva Regina, aveva un po’ un delirio di onnipotenza. Sul suo divano c’è un busto stile Canova con la sua faccia, era una donna con un grandissimo ego, io però ho cercato di entrare nelle sue debolezze, per questo ho scelto di far parlare lei già ottantenne. Una donna che nonostante fosse al tramonto non si rassegna e cerca la giovinezza tra le braccia di un giovane amante che ha cinquanta anni meno di lei. Una donna, comunque, amata e adorata, nonostante tutto, dai suoi uomini, anche da quelli che lei aveva abbandonato.
Per scoprire qualcosa di più su questo libro ci saranno a breve due presentazioni il 26 novembre, alle 17 alla Biblioteca Braidense di Milano e sempre a Milano il 4 dicembre, alle 18 alla Galleria Gli Eroici Furori.