Le definizioni dell’arte secondo i filosofi del passato
La riflessione filosofica sull’arte ha radici antiche. Platone (427-347 a.C.), ne La Repubblica e in Ione, la considerava un’imitazione del reale, inferiore alla conoscenza delle idee: essendo “copia” di un mondo già imperfetto, l’arte non poteva raggiungere la vera conoscenza. Aristotele (384-322 a.C.), nella Poetica, la definì come rappresentazione capace di suscitare catharsis (purificazione emotiva), evidenziando il potere liberatorio dell’esperienza artistica. Immanuel Kant (1724-1804), nella Critica del Giudizio, la collegò a un giudizio estetico disinteressato, basato sul puro piacere del bello, non vincolato da interessi pratici o morali. Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831), nelle Lezioni sull’Estetica, la vide come manifestazione dello Spirito Assoluto, espressione dell’evoluzione culturale dell’umanità (il bello esiste solo nella creatività umana, più che nella natura). Arthur Schopenhauer (1788-1860), in Il mondo come volontà e rappresentazione, considerò l’arte un mezzo per liberarci temporaneamente dalla volontà, fonte di sofferenza, donando un momento di distacco dai desideri. Friedrich Nietzsche (1844-1900), ne La nascita della tragedia, ne sottolineò la natura duale, frutto di impulsi apollinei (ordine, misura) e dionisiaci (caos, passione), capaci di svelare la complessità dell’esistenza.
Oltre la bellezza: filosofi che hanno svincolato il concetto di arte dal valore estetico
Nel Novecento, molti teorici hanno messo in discussione la necessità che l’arte fosse sempre “bella”. Si è posta maggiore enfasi su contesto, significato e funzione sociale o concettuale. Marcel Duchamp (1887-1968), con i ready-made (come la Fountain, 1917), mostrò che la forza dell’intenzione e del contesto può rendere “arte” oggetti di uso comune. Martin Heidegger (1889-1976), in L’origine dell’opera d’arte, spostò l’attenzione dalla “bellezza” alla rivelazione di verità profonde. Walter Benjamin (1892-1940), in L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, introdusse il concetto di “aura”, messa in crisi dalle tecniche di riproduzione di massa. Theodor W. Adorno (1903-1969), nella Teoria estetica, vide nell’arte un mezzo di critica sociale capace di destabilizzare il pensiero dominante. Arthur C. Danto (1924-2013), con The Artworld (1964) e La trasfigurazione del banale (1981), propose che il valore dell’arte risieda soprattutto nella dimensione concettuale e nel contesto culturale. George Dickie (1926-2020), nella sua “teoria istituzionale” (Art and the Aesthetic, 1974), sottolineò il ruolo delle istituzioni (musei, critici, gallerie) nel conferire status artistico a oggetti e performance. Queste prospettive hanno rivoluzionato il legame arte-bellezza, aprendo la strada a nuove forme espressive e sperimentazioni concettuali.
Intelligenza Artificiale e Creatività: Questioni Filosofiche di un Nuovo Orizzonte
L’emergere di sistemi di IA solleva interrogativi sulla definizione di creatività e sul ruolo dell’autore. Alcuni ritengono la creatività vincolata a coscienza e intenzionalità, mentre le IA, per ora, elaborano dati senza possedere esperienza soggettiva. Diventa allora cruciale chiedersi se un’opera generata da un algoritmo possa considerarsi davvero “creativa” e chi ne sia l’autore legittimo (programmatore, utente o macchina stessa).
Si affrontano inoltre le questioni di significato ed espressione emotiva: se la macchina non possiede sentimenti, l’opera può toccare in profondità l’animo umano? La “democratizzazione della creatività” è un altro tema: strumenti di IA avanzati, a disposizione di molti, potrebbero allargare l’accesso all’arte e ridefinire i ruoli professionali nel settore creativo. Sul piano estetico, si mette in discussione l’aura di un’opera e la natura stessa dell’ispirazione artistica. Queste riflessioni inducono a riconsiderare la concezione di “creare” e di “autore”, questioni destinate a evolversi man mano che le IA diverranno più complesse.
Transcending Imagination: L’IA come partner della creatività umana
Nel suo libro di recente pubblicazione, Transcending Imagination: Artificial Intelligence and the Future of Creativity (2024), Alexander Manu analizza l’impatto dell’IA sull’arte, sul design e sulla nostra idea di creatività. L’IA, per Manu, non sostituisce l’uomo, ma amplia le possibilità espressive, generando riflessioni sulla natura stessa dell’arte e della coscienza. Vengono toccati temi come la teoria dell’arte generativa, il ruolo dell’intenzione, il concetto di “bellezza incidentale” e il potenziale trasformativo dell’IA in ambiti che spaziano dalla realtà virtuale al design fino alla medicina. Il testo sfida inoltre la distinzione tra artificiale e naturale, proponendo una visione che considera la collaborazione tra esseri umani e sistemi algoritmici come fonte di nuove forme d’arte.
Secondo Manu, l’IA funge da catalizzatore, spingendo artisti e designer a esplorare territori sconosciuti. Rendendo gli strumenti creativi più accessibili, può favorire la partecipazione di individui con estrazioni differenti. L’IA ridefinisce anche il processo di creazione, permettendo di tradurre idee ed emozioni in forme tangibili, spesso superando la manualità tradizionale. Questa sinergia produce talvolta una “bellezza incidentale”, frutto delle complessità algoritmiche, e mette in dubbio classici canoni estetici. Integrare l’IA in ambito artistico significa aprire a un processo condiviso, in cui autori e macchine cooperano per espandere i confini dell’espressione.
Una tassonomia ontologica dell’arte come relazione
Alla luce della filosofia classica, delle teorie novecentesche e delle recenti prospettive legate all’IA, si può proporre una tassonomia ontologica dell’arte intesa come fenomeno relazionale e multiforme. L’arte non si definisce mai con un unico criterio, ma risulta dall’intreccio di più dimensioni, fra loro integrabili. Emergono così quattro principali chiavi di lettura:
• come rivelazione, ossia via d’accesso a una sfera metafisica o a un’esperienza interiore (Platone, Aristotele, Hegel, Schopenhauer);
• come funzione critica e sociale, con un potenziale di denuncia e trasformazione (Adorno, Benjamin, Danto);
• come atto intenzionale in un contesto culturale e istituzionale, dove riconoscimento e definizioni condivise stabiliscono cosa sia arte (Duchamp, Dickie, Danto);
• come processo co-creativo, in cui l’interazione tra umano e non umano diventa fonte di sperimentazione (Manu, IA generativa).
Questi approcci filosofici, anziché escludersi, delineano una matrice dinamica: l’arte risulta un continuo processo di scoperta e rivelazione, di confronto e critica, di dialogo con le istituzioni e con la tecnologia. La sua natura relazionale emerge ancora più chiaramente, poiché ogni prospettiva contribuisce a illuminare un aspetto fondamentale del fare artistico. In questo senso, l’arte permane come attività in perenne evoluzione, capace di includere ora anche la collaborazione con l’intelligenza artificiale. Rimane, dunque, un veicolo privilegiato per riflettere sia sulla condizione umana, sia sulle frontiere aperte dall’interazione uomo-macchina, interrogandoci su cosa significhi davvero “creare.”
Le definizioni sono sempre sbagliate
Alla luce di questo breve e super concentrato viaggio possiamo dire che davvero definire e contenere l’arte appare impossibile, tuttavia possiamo solo intuire che l’arte non è un qualcosa di per sé, ma piuttosto relaziona dei sé. Abbiamo parlato di coscienza ed IA in molti articoli di questa rubrica, abbiamo anche parlato di darwinismo universale e di coscienza post biologica, in quest’ottica non è l’arte a cambiare, ma è il concetto di “Sé” a farlo. L’arte, a quanto pare, ha le potenzialità per sopravvivere ad ogni cambiamento ontologico e di paradigma.
Bibliografia
Adorno, T. W. (1970). Teoria estetica. (Pubblicazione postuma). Einaudi.
Aristotele. (IV secolo a.C.). Poetica.
Benjamin, W. (1936). L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. In Scritti scelti
Danto, A. C. (1964). The Artworld. The Journal of Philosophy, 61(19), 571-584.
Danto, A. C. (1981). La trasfigurazione del banale. Laterza.
Dickie, G. (1974). Art and the Aesthetic: An Institutional Analysis. Cornell University Press.
Duchamp, M. (1917). Fountain (opera/ready-made).
Hegel, G. W. F. (1835-1838). Lezioni sull’Estetica.
Heidegger, M. (1935-1936). L’origine dell’opera d’arte.
Kant, I. (1790). Critica del Giudizio.
Manu, A. (2023). Transcending Imagination: Artificial Intelligence and the Future of Creativity.
Nietzsche, F. (1872). La nascita della tragedia.
Platone. (IV secolo a.C.). La Repubblica; Ione.
Salafia, D. (2023). La fine dell’arte: da Wittgenstein all’AI, passando per Arthur Danto. Artuu. Disponibile su: La fine dell’arte. Da Wittgenstein all’AI, passando per Arthur Danto.
Schopenhauer, A. (1818/1844). Il mondo come volontà e rappresentazione.