L’amicizia è un sentimento di reciproco affetto, costante, tra due o più persone, è un sentimento come l’amore: esso nasce spontaneamente dal cuore e può durare per sempre. È questo che ha voluto celebrare la giovane artista milanese Giulia Dal Bon, classe 1997, con il suo murales dedicato a due grandi milanesi Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci.
L’opera è ospitata al Circolo Cerizza di via Meucci 4 a Milano, e Dal Bon conserva con Giorgio Gaber un legame personale: all’età di cinque anni, lo incontrò insieme al padre Paolo Dal Bon (Presidente della Fondazione Gaber) e lui le consegnò un foglio per disegnare; un episodio che ha forse ispirato la sua formazione e che Giulia ha voluto ricordare, all’interno dell’opera, con un disegno iconico dove Gaber porge un foglio ad una bambina. L’opera rappresenta una profonda connessione tra arte e memoria, celebrando il legame tra passato e presente attraverso il tributo a due giganti della cultura italiana, Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci. Questo lavoro incarna l’essenza di un binomio artistico indissolubile che ha lasciato un’impronta indelebile nella musica, nel teatro e nella satira sociale.
Gaber e Jannacci, con la loro intelligenza e sensibilità, hanno saputo raccontare Milano e la società italiana con una combinazione di creatività e ironia. Le loro opere, che spaziano tra canzoni, monologhi e spettacoli teatrali, sono sempre state impregnate di un forte senso di umanità e di una visione critica ma affettuosa della realtà sociale e politica. Attraverso il loro linguaggio unico, hanno saputo dar voce ai sentimenti e alle esperienze comuni, restituendo alla società uno specchio fedele e poetico. L’opera, dunque, diventa un omaggio non solo alla creatività di Gaber e Jannacci, ma anche al loro impegno nel raccontare le storie degli “ultimi”, delle persone comuni, con empatia e umorismo, rendendo il loro lavoro profondamente umano.
Abbiamo incontrato la figlia di Giorgio Gaber, Dalia Gaberščik (titolare della società di comunicazione Goigest e vicepresidente della Fondazione Gaber) per farci raccontare cosa le ha suscitato vedere l’opera dedicata a suo padre ed a Jannacci.
Qual è stata la prima sensazione?
Di grande piacere, un’emozione fortissima perché l’artista oltre ad essere molto brava è anche la figlia del Presidente della Fondazione Gaber, e questo mi emoziona doppiamente. È stato un lavoro lungo, importante, inoltre è stato fatto da una ragazza che mio papà ha incontrato, quindi questo sicuramente dà una connotazione speciale all’opera. Anche il contesto nel quale il murales è collocato è speciale, mi fa piacere sapere che oggi a Milano c’è ancora spazio e voglia di un’opera che ricordi due personaggi che a Milano hanno dato tanto.
Ci racconti com’è nata l’idea?
È partita da Giulia, lei è un’ottima illustratrice, ha sottoposto quest’idea a suo padre Paolo Dal Bon (presidente della Fondazione Gaber ndr), che dopo averne parlato con me, ha abbracciato con entusiasmo il progetto. È stata Giulia Dal Bon a trovare spazio e mezzi per la realizzazione e così si è sviluppata l’idea.
L’amicizia è il fulcro di quest’opera, che cos’era per tuo padre l’amicizia e cos’è per te?
Per mio papà era un patto di sangue, non aveva tantissimi amici, perché banalmente le amicizie richiedono impegno, richiedono costanza e il suo impegno era completamente rivolto verso il suo lavoro, verso le cose che scriveva e che poi rappresentava. A Milano c’era molto poco, per cui è chiaro che, se non ti frequenti c’è sempre un po’ il rischio di perdersi, cosa che non è successa con Enzo perché appunto nonostante avessero tutti e due delle interminabili tournée teatrali che li portavano sempre in giro, ogni volta che c’era un’occasione per ritrovarsi ripartiva esattamente quel clima allegro e scanzonato di quando si erano conosciuti tanti anni prima. Per me l’amicizia è un po’ la stessa cosa, è un dono prezioso che va alimentato e che tutti noi spesso trascuriamo un po’ a favore di impegni e di relazioni professionali che invece non sono certamente così profonde, ma ci aiutano un po’ a confondere i piani.
Nel guardare il murales mi ha colpito la tenerezza di tuo padre che porge un foglio bianco ad una bimba: come era tuo padre con i bambini?
Non era tra gli adulti più teneri nei confronti dei bimbi, come tutti gli uomini probabilmente, godeva di più di un rapporto intellettuale che non arriva subitissimo con i più piccoli, però era sicuramente molto intenerito da tutti questi bimbi che a un certo punto ci giravano intorno, le figlie di Paolo, i miei figli miei e questo gesto che Giulia ha dipinto è bellissimo.
E tra l’altro mi piacerebbe che diventasse un po’ il simbolo del lavoro di archivio che abbiamo fatto in questi vent’anni. Il gesto che Giulia ha immortalato non rappresenta solamente dare un foglio bianco per disegnare a una bambina, ma simbolicamente è anche il passaggio della conoscenza o perlomeno passare un foglio bianco sul quale sviluppare la propria coscienza e la propria conoscenza, ci pare che sia un bel simbolo anche per raccontare quello che è l’obiettivo della nostra fondazione, del nostro archivio. Stiamo infatti cercando di raccogliere tutto quello che è il materiale disponibile, anche quello amatoriale girato nei teatri.
Quando sarà pronto l’archivio?
A fine anno o inizio del prossimo è un archivio importante parliamo di migliaia di ore di filmati, di canzoni, di spartiti, di foto e quindi con Dal Bon ci siamo detti che era arrivato il momento di fare questo grande passo e con alcuni sostegni decisivi siamo riusciti a fare un archivio vero, proprio come quello delle grandi pinacoteche.
L’opera è anche un tributo all’ironia che era una caratteristica molto presente nell’opera di tuo padre, ma lui era una persona ironica anche al di fuori del palcoscenico?
Era un uomo simpaticissimo, era una presenza estremamente godibile anche nelle serate con gli amici. Essendo sempre a teatro, aveva l’abitudine di ricevere i ragazzi alla fine dello spettacolo, lui lo chiamava il terzo tempo perché si divertiva a chiacchierare con loro sino a tarda notte, proprio dei temi dello spettacolo. Chi ha avuto la fortuna di fare quelle serate si ricorda di una persona veramente spiritosa, estremamente gradevole, noi in famiglia ovviamente ne giovavamo molto, erano serate di grandi risate, di grande divertimento, mio papà era molto molto spiritoso e ironico.
Il murales e il posto che lo ospita sarebbero piaciuti a Giorgio Gaber?
Sicuramente, questo circolo familiare stupendo che sembra quasi un pezzo di vecchia Milano e poi la meravigliosa opera di Giulia l’avrebbe amata come l’abbiamo amata tutti noi che l’abbiamo vista.
Abbiamo incontrato anche l’autrice del murales, Giulia Dal Bon, e le abbiamo chiesto: a cosa ti sei ispirata e cosa ti ha spinto a realizzarlo?
Frequentando il circolo culturale Romeo Cerizza, che è un posto meraviglioso, e parlando con i gestori ho scoperto che erano innamorati di Gaber e Jannacci e allora di comune accordo abbiamo pensato di realizzare quest’opera che li ricordasse. Ho cercato di rappresentarli in modo da farli conoscere anche ai più giovani che frequentano il circolo, in mezzo ai fiori che fanno parte dell’ambiente circostante.
Questa tua passione per l’arte è anche stata in qualche modo ispirata da questo foglio che ti ha donato Gaber, e che tu hai rappresentato nel murales?
Sono partita proprio col disegnare la silhouette di Giorgio Gaber che porge un foglio a una bambina, perché era un ricordo nitidissimo nella mia mente. Ero molto piccola, ma mi è rimasto impresso, Giorgio Gaber aveva un’energia fortissima e, lo vediamo anche nei suoi testi per quanto sono attuali, aveva la capacità di guardare oltre, nel futuro. Ed è come se con quel gesto avesse intuito che sarebbe nata in me una passione per l’arte.
Nell’opera hai rappresentato in maniera molto forte, preponderante l’amicizia profonda che c’era tra Gaber e Jannacci, giusto?
Io credo che l’amicizia sia speciale, soprattutto quella condivisa tra artisti, con persone che fanno la stessa cosa, perché si crea proprio un legame molto profondo, una connessione, quindi, ho proprio voluto rappresentare l’unione che c’era tra loro. Li ho dipinti anche abbraciati, perché simbolicamente è l’arte che unisce tutti noi in un grande abbraccio.
Come hai lavorato alla realizzazione del murales?
Inizialmente ero intimorita dalla dimensione dell’opera venti metri di murales sono veramente tanti, anche se ne ho realizzati già molti, questo era veramente immenso. Per me è stato un viaggio, è stato veramente magico vedere come pian piano prendeva forma, nasceva, ero proprio in connessione con un’altra parte molto spirituale di me stessa. Ero lì, e non volevo essere da nessun’altra parte, solo immersa in quei colori in quelle immagini, è stato molto, molto intenso e molto bello!