Quanto può essere potente un’immagine nel rompere le catene delle nostre percezioni e rivelare nuove realtà?
Questa è la domanda che emerge da “Allégorie Citadine”, il cortometraggio presentato fuori concorso alla 81ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, nato dalla collaborazione tra due creativi straordinari: Alice Rohrwacher, regista italiana nota per il suo approccio profondamente allegorico in film come “La Chimera” e “Lazzaro Felice”, e JR, artista visivo francese noto per le sue provocatorie installazioni urbane.
Questa non è la prima incursione di JR nel mondo del cinema: sei anni fa, aveva co-diretto l’acclamato “Faces Places” con la leggendaria Agnès Varda, esplorando temi simili di arte pubblica e comunitaria. Nel loro nuovo progetto, Rohrwacher e JR riprendono l’“Allegoria della caverna” di Platone, ponendo domande profonde su cosa significhi essere “prigionieri” delle immagini e delle narrazioni della nostra vita quotidiana.
La trama di “Allégorie Citadine” è apparentemente semplice: una giovane madre parigina (interpretata da Lyna Khoudri) è in ritardo per la sua prova di balletto, ufficialmente a causa della presunta malattia del figlioletto Jay (Naïm El Kaldaoui), ma in realtà perché sono stati rallentati dal crollo del caleidoscopio di cartone del bambino. Questo oggetto semplice e fragile diventa il simbolo del mondo illusorio in cui vivono. Il teatro, dove si dirigono, si trasforma in un portale verso una dimensione differente, una rappresentazione magica che mescola interventi urbani su larga scala, illusioni ottiche e abbondanti effetti visivi.
Uno degli aspetti più affascinanti del film è la sua capacità di fondere l’arte cinematografica con la filosofia classica. La decisione di usare un bambino come protagonista aggiunge una dimensione emotiva e innocente al viaggio di scoperta e ribellione, mentre la cinematografia, curata da Daria D’Antonio, utilizza luci e ombre per evocare l’idea della caverna, facendo emergere una città che respira, vive e nasconde segreti. La colonna sonora di Thomas Bangalter contribuisce ulteriormente a creare un’atmosfera inquietante e suggestiva, amplificando il senso di tensione e meraviglia con sonorità elettroniche e orchestrali.
Il cortometraggio, dopo la sua presentazione a Venezia 81, ha impressionato per la sua audacia e creatività, invitando gli spettatori a riflettere sulle proprie “catene” psicologiche e sociali. Con la sua capacità di fondere immaginazione e realtà, “Allégorie Citadine” espande i confini del cinema e rafforza l’intersezione con altre forme d’arte, rendendosi un’opera ipnotica, avvincente e semplicemente imperdibile.