Dopo aver conquistato milioni di newyorkesi e turisti a marzo 2024 con la sua opera Storm, presentata nel programma di arte digitale Midnight Moment, l’artista multimediale romano Quayola approda a Barcellona per un nuovo e straordinario confronto con il pubblico, questa volta in un contesto iconico. Il suo lavoro interagirà infatti con un simbolo del patrimonio culturale mondiale: Casa Batlló, capolavoro di Antoni Gaudí e simbolo del modernismo spagnolo.
Arborescent è il titolo del progetto di videomapping con cui Quayola risponde all’invito di The Heritage of Tomorrow, il programma artistico di Casa Batlló. L’opera sarà proiettata il 1 e 2 febbraio sulla facciata di questo capolavoro architettonico, trasformandolo in una tela viva per dodici minuti che promettono di incantare il pubblico. L’evento è diventato un appuntamento imperdibile per residenti e turisti, che ogni anno restano affascinati dalle visioni artistiche proposte.
Quest’anno, Quayola porta sulla facciata di Casa Batlló nuove specie arboree digitali: fasci di luce che si muovono al ritmo di una colonna sonora originale composta dall’artista stesso. Grazie ad algoritmi avanzati, la natura prende vita in una forma luminosa e dinamica, reinterpretando l’eredità di Gaudí con uno sguardo proiettato al futuro. Il progetto riflette l’obiettivo di The Heritage of Tomorrow: innovare, riformulare il patrimonio culturale e renderlo vivo attraverso nuove tecnologie. Quayola è stato scelto per la quarta edizione del programma proprio per la sua capacità di dialogare con il passato attraverso una sensibilità artistica che supera il presente, creando una connessione profonda tra il modernismo di Gaudí e le sue opere digitali.
La visione di Quayola ci offre prospettive alternative sul rapporto tra natura, tecnologia e patrimonio artistico. Il suo approccio esplora il potenziale dell’intelligenza artificiale nell’arte contemporanea, aggiungendo un nuovo “senso” alla percezione umana: l’algoritmo. Attraverso questo strumento, l’artista reinterpreta la realtà e sperimenta in modo inedito: scolpisce il marmo (Unfinished Sculptures), crea gesti pittorici che evocano fenomeni naturali (Storms), e osserva la natura con un’ottica extrasensoriale (Landscape Paintings).
L’algoritmo diventa quindi un’estensione dei suoi sensi, un “apprendista” che, partendo dagli input dell’artista, contribuisce in maniera originale e imprevedibile alla creazione dell’opera. Per scoprire di più sulla sua visione e sull’algoritmo che guida il suo pensiero artistico, l’abbiamo intervistato, entrando nel cuore del suo processo creativo.
Cosa ha significato per te essere chiamato ad un compito di tale portata e a relazionarti con un grande pubblico?
Innanzitutto, mi sono trovato in un contesto diverso dalla dimensione di “contemplazione” che generalmente cerco quando seleziono uno spazio per mettere in mostra il mio lavoro. Accettare un invito come questo, poi, si porta dietro una certa responsabilità, che trascende leggermente quello che sono abituato a fare. Si tratta pur sempre di mettere mano ad un capolavoro, che ha un valore storico e culturale, ma sono stato felice di aver colto questa sfida. É un grande onore.
… e confrontarsi con la genialità delle soluzioni architettoniche di Gaudì?
Esiste un filo conduttore diretto che lega il mio modo di fare arte, il pensiero di Gaudì e gli obiettivi del programma artistico di Casa Batllò: la propensione a sperimentare le innovazioni tecnologiche che la nostra epoca offre. Creare una relazione tra passato, presente e futuro attraverso le nuove tecnologie è parte da sempre della mia ricerca artistica. Osservare, studiare, reinterpretare tradizioni storiche o opere che appartengono al passato, all’eredità della nostra cultura visiva, è un metodo che porto avanti da tanto tempo.
È stato molto interessante per me studiare le opere di Gaudì e in particolare l’ispirazione dietro alle idee che lo hanno portato a generare opere di architettura uniche, che ho avuto la fortuna di visitare guidato da veri esperti. Sono entrato a Casa Batllò in orari particolari, trovandomi da solo faccia a faccia con le soluzioni spettacolari messe in atto da Gaudì. Già questa è stata un’esperienza molto intensa per me.
Sembra quasi che le sue architetture siano cresciute direttamente dal suolo di Barcellona, piuttosto che essere state costruite dalla mano dell’uomo. Forse è questo che ha creato un legame forte con il mio lavoro e ha ispirato Arborescent. Le affinità tra il pensiero di Gaudì e la mia ricerca sulla natura sono molte. L’osservazione della natura, come fonte inesauribile di ispirazione, esisteva prima e continuerà ad esistere anche in futuro, cambiano gli strumenti con cui viene fatta e di conseguenza vengono generate sempre nuove opere d’arte con estetiche completamente diverse tra loro.
Come è nato il progetto e in che modo hanno influito la tempistica e il contesto in cui l’opera verrà fruita?
Arborescent è un’esperienza, un racconto frutto di una serie di ricerche. Il mio lavoro è sempre un po’ pensato come la documentazione dei processi che esploro nel mio studio. Anche in questo caso ho usato la tecnologia per studiare la natura, più precisamente i processi di crescita e il movimento indotto da fattori esterni di diverse specie arboree. Quello che si vedrà è il risultato di simulazioni orchestrate per funzionare in questo contesto, in questo formato, in questo time frame.
Generalmente il mio lavoro viene fruito in un contesto più disteso che favorisce la contemplazione. Un progetto come Arborescent, invece, ha bisogno di una certa tensione, deve essere abbastanza nervoso per funzionare ed avere il giusto impatto.
Il mio lavoro può essere compreso a vari livelli. Ci si può inoltrare in profondità per capire come si relaziona con la mia ricerca digitale, fermarsi al tema della natura tra gli altri esplorati lì dietro, ma ha soprattutto una componente più fisica, percettiva, che è per me cruciale in un contesto come l’evento di Casa Batllò. Quando creo non ho in mente necessariamente un messaggio da trasmettere, voglio piuttosto far sentire qualcosa che faccia nascere delle domande.
Entriamo ora nell’opera per svelare, strato dopo strato, ogni suo segreto.
Il termine Arborescent richiama le dinamiche di crescita degli alberi da un punto di vista botanico. Mi affascinava molto l’idea di creare qualcosa che seguisse le logiche di comportamento della natura e per questo fosse percepito come familiare. Di fatto l’intero progetto è stato creato digitalmente dagli algoritmi del software generativo che ho sviluppato nel mio studio.
L’intelligenza artificiale è stata parte del processo. Ho elaborato una mappatura delle strutture botaniche basata sulle informazioni inserite per ciascuna specie arborea: forma dell’albero, comportamento durante la crescita e movimento in presenza di eventi atmosferici. Arborescent è il risultato di diverse simulazioni e alla fine riprodurrà in modo originale l’interazione di queste strutture botaniche con gli elementi architettonici della facciata di Casa Batllò.
L’estetica
Nelle immagini che trasformeranno la facciata di Casa Batllò si alternano estetiche diverse, che evocano materialità e gestualità che possono essere naturali o artificiali, astratte o figurative. Si andrà dalla rappresentazione del dato puro generato digitalmente, con visualizzazioni molto semplici, a figurazioni più complesse e pittoriche in cui le strutture degli alberi interagiscono con l’architettura. La matrice è la stessa, uno studio approfondito delle geometrie della facciata, ma vengono generate diverse stratificazioni pittoriche.
É un modo anche per spingere il pubblico a riflettere su come la tecnologia ci faccia osservare il mondo attraverso dei filtri. Un soggetto familiare può trasformarsi in qualcosa di completamente nuovo.
Il colore
In Arborescent ci sono diverse dimensioni del colore. Nelle visualizzazioni astratte che interpretano i dati generati dal software i colori sono più tecnici, quasi scientifici se vogliamo. Le immagini pittoriche, invece, simulano i colori naturali. Considerando però che la facciata ha già i suoi colori, saranno tinte più vivide per ottenere i contrasti e la luminosità necessari alla proiezione sulla facciata. La versione su schermo del lavoro che, invece, sarà proposta come opera a sé nell’esposizione di The Heritage of Tomorrow in Casa Batllò, avrà una palette leggermente più tenue e naturale.
La colonna sonora
Nella colonna sonora che ho creato per l’opera, una reinterpretazione del suono e della gestualità della chitarra, si ritrovano la tensione, l’uso di linguaggi e tempi diversi che mi hanno sempre affascinato. Di fatto in studio abbiamo ricreato dei suoni che ricordano il pizzicato della chitarra, ma orchestrato in modo da trascende totalmente il gesto umano.
Negli ultimi anni gli stessi processi sperimentali di cui mi servo per le immagini, sono entrati a guidare anche la mia produzione musicale. Immagini e suoni spesso nascono insieme. Gli sciami di note che sono stati generati per Arborescent, effettivamente, quasi corrispondono al movimento degli alberi.
Questo è il mio modo di fare arte. Mi piace traslare qualcosa che ha una sua estetica, e con cui abbiamo familiarità, in un dominio completamente nuovo, mettendo in relazione mondi diversi.
Cosa ti ha spinto a studiare le relazioni tra reale e virtuale, tecnologia e natura?
Ho cominciato a interessarmi all’utilizzo della tecnologia come mezzo creativo proprio da ragazzino, perché mio fratello studiava architettura e avevo la possibilità di usare il suo computer. All’epoca frequentavo il liceo artistico. Mi sono appassionato velocemente a tutto ciò che poteva essere creato ed esplorato attraverso il computer e non era possibile fare con il disegno tradizionale. In quel periodo arrivò anche l’esplosione della musica elettronica. È allora che iniziai ad utilizzare la tecnologia per creare qualcosa che trascendesse quanto era già stato fatto fino a quel momento. Il mio percorso artistico, però, è stato più una maratona che uno sprint. La mia poetica si è strutturata progetto dopo progetto, esperienza dopo esperienza.
Qual è il prossimo passo?
Sto lavorando a dei progetti in Italia. Tra questi delle sculture, che partono sempre dall’osservazione di alcune dinamiche naturali, realizzate con rocce e frammenti di pietra lavica del Vesuvio in una cava vicino a Napoli. Le sculture saranno presentate entro la fine dell’anno a Milano e in Toscana.