Breve storia del saluto romano, dalle origini a Elon Musk

C’era una volta un gesto semplice, di origine militare. Un braccio teso con il palmo rivolto verso il basso. In principio nella Roma antica era usuale per un console o un imperatore elevare un braccio, non per forza quello destro, e rivolgersi alla platea dei soldati per pronunciare le adlocutiones, ossia dei discorsi solenni alle truppe per incoraggiarle prima di scendere in battaglia. Si tratta di un piccolo rito, neppure legato solamente all’ambito militare, infatti un esempio di questo gesto simbolo del potere imperiale è la celebre statua di Augusto che raffigura l’imperatore come un generale vittorioso che si rivolge alla folla, con il braccio leggermente piegato.

Augusto di Prima Porta via Wikipedia

Un segno destinato a raccogliere l’attenzione del proprio pubblico per enfatizzare l’importanza dell’oratore, nulla di più. Ma la storia,  come spesso accade, manipola, ricostruisce i fatti e plasma i simboli secondo i bisogni della situazione contingente, trasformando un gesto “innocente” fino a fargli assumere significati totalmente diversi, assai più grandiosi e, a volte, decisamente più allarmanti. Gli anni passano e gli uomini dimenticano e, quello che pensavamo esserci lasciati alle spalle, risorge. Prima si trattava di qualche gruppo di estremisti, di beceri video sui social media, mentre ora il mondo osserva allibito l’uomo più ricco sulla terra, protagonista assoluto della “Silicon Valley”, oltre che eccentrico genio delle nuove tecnologie, tendere il braccio destro alla cerimonia di insediamento del 47° Presidente degli Stati Uniti.

Tuttavia, il revival del “saluto romano” parte da lontano. Siamo nel tardo XVIII secolo, il Neoclassicismo si è espanso in tutta Europa e la passione per l’arte classica, romana e greca, contagia pittori, scultori, letterati ed intellettuali alla ricerca di un fasto ormai perduto. L’antichità subisce un processo di mistificazione, elevata per la  sua bellezza ideale e per le sue immagini potenti. La fascinazione verso l’Impero Romano non si limita alle sue conquiste, ma risiede nei suoi valori, nei gesti, nei simboli, nelle leggi, nel complesso sistema di regole che ha alimentato questo mito. La città eterna che dominò per secoli dal Mediterraneo fino alla Britannia diviene il simbolo perfetto della visione neoclassica di una nobiltà e di una gloria senza tempo.

Capolavori come “Il  giuramento degli Orazi” di Jacques-Louis David (1784) sono un perfetto esempio di questo revival. Il dipinto presenta i tre fratelli Orazi che tendono il loro braccio destro in direzione del padre per prestare giuramento prima di affrontare i tre Curiazi. In questa interpretazione i tre fratelli della leggenda romana non sono semplici soldati ma veri eroi, epici protagonisti di una scena drammatica che rende il saluto un atto ideologico, un giuramento di lealtà nei confronti del loro popolo. David affida al gesto il compito di esprimere la virtù del sacrificio per la propria patria, costruendo un meraviglioso paragone con il proprio tempo. Il braccio teso si erge così a simbolo di forza morale e patriottismo. Gli Orazi sacrificano sé stessi per la collettività, per questo il dipinto, pur essendo originariamente commissionato dalla monarchia francese, diventerà nell’immaginario comune la rappresentazione della rivoluzione francese. 

Purtroppo, la fortuna del saluto romano non si esaurisce nell’estetica neoclassica, ma arriva fino al periodo fascista, dove diventa l’immagine di una gloria passata da recuperare a qualunque costo. Mussolini e i suoi alleati si spinsero oltre e non si accontentarono di ispirarsi all’antichità: vollero riportare in auge un simbolo riconosciuto dal popolo che potesse incarnare la forza, l’ordine, la lealtà che contraddistinguevano lo spirito romano. Princìpi che avrebbero dovuto caratterizzare anche il governo fascista, trasformando il “saluto romano” nel sigillo ufficiale della fedeltà al Duce, della sottomissione al valore del potere centrale anche a costo dell’omologazione di ogni individuo. In un regime che si fondava sulla costruzione della “nazione come corpo collettivo”, il saluto romano non era più solo un  gesto di formalità o di onore, ma il simbolo di una volontà totale, un atto necessario per partecipare a una dimensione sociale che richiede l’uniformità assoluta. Dalle celebrazioni collettive, come parate e cortei, ai manifesti, fino alle sculture ogni forma di propaganda proveniente dal regime doveva trasmettere questa necessità di omogeneità.

Foto Attualità IL VIAGGIO DEL FUHRER IN ITALIA I GIORNATA ARRIVO Al Brennero lungo il percorso arrivo alla Capitale alla stazione Ostiense con SM il Re Imperatore preparativi per larrivo con illuminazione e addobbi courtesy of Istituto Luce<br>

Il saluto romano fascista non lascia spazio né alla dissonanza né alla pluralità, così il corpo teso e  pronto ad obbedire agli ordini senza esitazione omaggia l’unione sotto una leadership autoritaria. L’utilizzo di questa usanza antica non risiede nella nostalgia o nella ricerca della bellezza ideale del passato, bensì nell’associare l’ascesa del Fascismo ad un Impero che non ha avuto eguali e non può essere quindi messo in discussione. Centinaia di braccia alzate mutano i cittadini in un corpo unico, un plotone, una forma senza spigoli e imperfezioni, un’identità collettiva vittima di una visione standardizzata e opprimente della società.  

Negli ultimi trent’anni abbiamo ignorato i sintomi  di un crescente sentimento di rivalsa che ha portato ad alimentare il mito dell’uomo forte al comando, nutrito da uno spietato sistema economico che permette la creazione di monopoli e capitali capaci di rendere un singolo individuo potenzialmente capace di acquisire persino un piccolo stato. A singole personalità abbiamo affidato il progresso tecnologico e la gestione di intere fasce di mercato, dando a degli uomini di affari il potere di influenzare e guidare politiche economiche e sociali. Divenute icone della contemporaneità, figure come Elon Musk sono considerate l’unico vero punto di riferimento a cui ambire.

Getty Images

Il loro culto si è esteso fino a farli arrivare alle porte della Casa Bianca, dove durante la cerimonia di insediamento di Donald Trump, Musk, con la sua consueta nonchalance, ha sollevato il braccio in un gesto che, a molti, ha ricordato subito il saluto romano. Come consueto in questi casi, il tycoon ha negato qualsiasi intento simbolico legato alla politica, affermando che si trattava di un semplice “saluto di getto”, senza nessuna caratterizzazione ideologica. Nonostante ciò, il saluto romano di Musk  non ha nulla di spontaneo o innocente. È un gesto che si inserisce perfettamente in una cornice di iconografia del potere: l’uomo potente che comunica attraverso la sua immagine, senza mai bisogno di proferire parola.

Il fatto che un simbolo così carico di storia venga utilizzato (per sbaglio) da chi ha una tale influenza globale è, se non altro, curioso.  Sorge quindi una domanda spontanea: “Quanto siamo disposti a tollerare? Consideriamo veramente accettabile che il passato oscuro che ha afflitto il primo Novecento torni sotto forma di nuova ideologia, magari travestito da innocuo “saluto” o da provocazione?”. Questi simboli, come il saluto romano, continuano a girare nelle bacheche dei social media e nelle piazze della politica, ma mai davvero con l’intenzione di essere marginalizzati. Piuttosto, sembrano aspettare che la cultura popolare dimentichi troppo in fretta il loro vero significato. 

Il saluto romano non è una reliquia del passato, ma una cicatrice che si nasconde, pronta a riaffiorare quando le condizioni storiche e geo-politiche sono favorevoli. Da simbolo di un’ideologia violenta a silenzioso gesto di potere e autocelebrazione, il saluto romano si fa carico di una storia che non ha mai smesso di influenzarci. Da questo triste epilogo, potremmo forse apprendere qualcosa: quando i simboli del passato emergono, non è mai per rievocare una storia antica, ma per scrivere nuovi capitoli. E in questi capitoli, il saluto romano non è solo un simbolo di fede, ma un avvertimento inquietante, un monito per ricordarci come le ideologie possano assumere strutture differenti pur  rimanendo fedeli alle stesse intenzioni. Quando Elon Musk ha deciso di sollevare quel braccio in diretta nazionale  ha voluto evidenziare come tutto possa essergli concesso per via del suo potere economico, ma anche come tale  potere possa generare cieca ammirazione in milioni di persone, pronte a seguirlo ovunque, anche a costo di rinnegare quei valori che hanno contribuito alla nascita del “sogno americano” facendo degli USA la più grande e potente democrazia del globo.

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