Dadamaino ha superato la problematica pittorica, altre misure informano la sua opera. I suoi quadri sono bandiere di un nuovo mondo, sono un nuovo significato; non si accontentano di “dire diversamente”: dicono nuove cose” scrive Piero Manzoni nel testo per la mostra padovana del Gruppo N, tenutasi nel 1961.
In provincia di Vicenza, nella straordinaria villa Pisani Bonetti, progettata nel 1541 dall’estro creativo di Andrea Palladio nel suo periodo giovanile, si tiene la mostra Dadamaino – Dare tempo allo spazio. A cura di Bruno Corà, l’esposizione è visitabile fino al 9 giugno e presenta opere che ripercorrendo l’iter artistico di Dadamaino, giungono fino ai risultati espressivi degli anni ’80 e ’90, pronti a dialogare con la straordinaria architettura palladiana.
Edoarda Emilia Maino, in arte Dadamaino, è stata attenta protagonista dell’avanguardia artistica milanese, avviando le sue ricerche geometrico-percettive negli anni ’50 e continuando indomita a ricercare un linguaggio spaziale e artistico coerente ai suoi moti esistenziali. Nelle sale straordinarie della villa vicentina si propone un percorso artistico che consente allo spettatore di investigare le dimensioni alla base della sua ricerca artistica. Spazio, tempo, infinito sono in un intricato dialogo costante. La ricerca spaziale conduce l’artista, già negli anni ’50, su sua diretta citazione a Concetti spaziali di Lucio Fontana, a sondare la concretezza dello spazio pittorico, distruggendone la materialità e scavalcandone la pittoricità, attraverso l’applicazione di fori, lacune, solchi che sembrano rivelazioni epifaniche di una dimensione extra pittorica.
In Volume a moduli sfasati si verifica la moltiplicazione gestuale dei fori e di quei segni dell’intervento dell’artista e la sperimentazione di materialità eterogenee, tra cui fogli di plastica in Rodhoid. “Mi interessava lo sfasamento della tramatura, l’alternarsi del ritmo” afferma l’artista stessa*. La mostra curata da Corà diventa occasione “per vivere da vicino ed approfondire le dinamiche interne al lavoro di Dadamaino, caratterizzato da continuità ed unitarietà, dal rapporto tra il gesto e il tempo nel suo scorrere senza fine“.
L’excursus continua con L’alfabeto della mente, Le Costellazioni, si giunge a L’inconscio razionale del 1975, in cui la carta o la tela monocroma bianca o nera, è segnata da tratti a china che si succedono in un movimento combinatorio orizzontale e verticale intervallando spazi vuoti. Sembrano segni morfologici significanti una lingua a noi incomprensibile, tratti fluttuanti su uno spazio semantico. È la stessa Dadamaino a darci una chiave di lettura della sua operazione: “Si tratta di scrittura della mente, della mia: fatta di linee ora dense e marcate ora impercettibili e saltellanti […] sensibili alla pressione della mano che libera, corre e traccia senza premeditazione. Ma è chiaro che se la mano è guidata dalla mente, in questo caso lo è dall’inconscio“. L’indagine dello spazio e delle energie ad esso connesse continuano in Costellazioni degli anni ’80, aperture segniche, in cui il tratto diventa rappresentazione energetica. Si tratta di costellazioni percettive che richiamano il mondo astrale, le stelle e i pianeti.
Nel salone del piano nobile della Villa Pisani Bonetti sono esposte tre opere appartenenti alle serie Sein un Zeit (1989) che dialogano con altri tre lavori del ciclo I fatti della vita (1980). Quest’ultimo lavoro rappresenta il maturare di un’altra ricerca dadamainiana: l’esplorazione di nuovi supporti rappresentati da fogli trasparenti di poliesteri in cui l’artista agisce tramite punti e tratti grafici neri. È la testimonianza di un’esistenza: “è questo senso continuo del lavoro come fosse un discorso… un piccolo pezzo non vorrebbe dire niente… è un segno che si muove…come ci muoviamo noi è in divenire… […] poi il segno naturalmente cambia, la mia mano, la pressione, la traccia del sudore, alle volte è più mosso, si muove“. E ancora il primo dei cicli citati (Sein un Zeit) richiama l’opera fondamentale di Martin Heidegger Essere e tempo e si pone come un ulteriore sviluppo di quella filosofia artistica di Dadamaino che mira, tramite i segni, lo spazio e il tempo, a raggiungere significati universali. La necessità dell’artista di ricercare accezioni ulteriori per mezzo dell’arte risulta evidente dalla nomenclatura dei suoi ultimi lavori (L’inconscio razionale, Costellazioni, Sein und Zeit), tutte metafore del passo, della traccia, dei flussi vitali e dei moti interiori dell’essere umano. E in un mondo in cui il tempo sembra non appartenerci più, Dadamaino sembra suggerirci di fermarci e contemplare per qualche istante ancora, quei segni, quasi organici, viventi, e scoprire il senso universale che essi celano.
*Tutte le citazioni di Dadamaino sono tratte dall’Archivio Dadamaino https://archiviodadamaino.it/