Lo Storyboard come medium nella nuova mostra alla Fondazione Prada

Cosa c’è prima di un film? Fondazione Prada lo racconta con la mostra “A Kind of Language” portando lo spettatore dietro le quinte di un viaggio che percorre la storia del cinema, dalla fine degli anni Venti ad oggi, dalle origini dello storyboard, attraverso oltre ottocento materiali, con un percorso che mostra il processo creativo proprio prima della realizzazione di un film.

Per molti creare gli storyboard è parte integrante del processo” spiega la curatrice Melissa Harris. Impostare visivamente una scena, tradurre le idee in immagini è utile al regista per lo sviluppo di tutte le fasi operative di un film. L’esposizione attraversa così decenni tra fotografie, disegni, schizzi, raccontando come lo strumento dello storyboard si sia diffuso nel contesto del pionieristico lavoro di Walt Disney Productions, Fleischer Studios e, in seguito, United productions of America.

L’Osservatorio di Fondazione Prada dà vita ad un originale allestimento ideato dallo studio di architettura Sub ricreando il tipico ambiente di lavoro proprio dei creatori di storyboard, con grandi tavoli da lavoro, dove vengono disposti sopra tutti i materiali preparatori, le indicazioni e le annotazioni dei registi.

A Kind of Language Storyboards and Other Renderings for Cinema Osservatorio Fondazione Prada Milano Ph Piercarlo Quecchia DSL Studio Courtesy Fondazione Prada

Seguendo il percorso sui due livelli si è travolti da genio e fantasia, l’immaginazione è altissima ma anche la realtà che si scopre è sorprendente. A volte già solo i disegni preparatori riescono a restituire quella tipica caratterizzazione dei personaggi o a consegnare a molte scene una marcata monumentalità e un emozionante pathos. 

Il processo creativo è protagonista dell’esposizione. Prende spazio un linguaggio che si cela dietro alla struttura di molte scene, che mostra quei “segreti” meccanismi di comunicazione con il pubblico, dalle indicazioni sulle movenze dei personaggi ai movimenti della macchina per dare gli effetti desiderati e i risultati ricercati. Le annotazioni e gli schizzi ad esempio nel caso di Pier Paolo Pasolini per Mamma Roma (1962) danno idea del controllo rigoroso sull’emotività del film. Federico Fellini usa invece il disegno per enfatizzare tratti caratteristici dei suoi personaggi (Amarcord, 1973).

A Kind of Language Storyboards and Other Renderings for Cinema Osservatorio Fondazione Prada Milano Ph Piercarlo Quecchia DSL Studio Courtesy Fondazione Prada

Alcuni storyboard sono accompagnati da effetti sonori, dialoghi provvisori e musiche, come simulazione del flusso e del ritmo del film finale, né è un esempio lo storyboard animato di The Grand Budapest Hotel (regia di Wes Anderson, 2014).

Altri ancora sono disegni arricchiti con informazioni sul movimento della macchina e sul posizionamento dei personaggi nell’inquadratura, come nel caso dello storyboard di Gabriel Hardman per Interstellar (regia di Christopher Nolan, 2014), i quali fanno riferimento ad una scena chiave del film, quando gli astronauti atterrano sul pianeta Miller, ricoperto d’acqua. L’interesse per il posizionamento della macchina da presa è ben evidenziato nei 48 storyboard di Saul Bass, per la sequenza della doccia nel thriller Psycho di Alfred Hitchcock (1960): la meticolosità per la fase preparatoria risulta funzionale e necessaria al fine di mostrare e massimizzare la tensione emotiva e il senso di minaccia di quella specifica scena.

Al piano superiore impossibile non poter menzionare anche l’opera manifesto del movimento Surrealista, Un chien andalou (1929), dove Luis Buñuel e Salvador Dalì “si ispirarono al mondo onirico per sfidare le convenzioni narrative e visive del cinema tradizionale”. 

A Kind of Language Storyboards and Other Renderings for Cinema Osservatorio Fondazione Prada Milano Ph Piercarlo Quecchia DSL Studio Courtesy Fondazione Prada

Interessante anche la parte legata agli animatori di Fleischer Studios con i loro personaggi animati, Betty Boop, Braccio di Ferro, Lois Lane, Superman. Le tavole si soffermano sul lavoro di caratterizzazione dei personaggi, dato l’impiego degli Studios della rotoscopia, “una tecnica che, tramite il calco dei personaggi animati da scene filmate su pellicola, conferisce animazione più realistica e fluida”

A Kind of Language” mostra un percorso affascinante per la qualità e quantità dei lavori presentati ma anche perché permette di osservare da vicino la creazione di grandi prodotti.

C’è infine un’altra cosa che si percepisce ed è il tempo, come camminare attraversando anni di cinema, osservare da dove tutto ha preso vita e forma, le movenze dei personaggi, i suoni e i pensieri dei registi che hanno annotato quelle particolarità che hanno dato ritmo e creato storia. Il tempo del passato che ha creato le basi per tutto quello che è venuto dopo e il tempo del presente che si fa memoria, realizzazione e pone a sua volta nuovi passi verso il tempo del futuro. Tutto ciò risulta veramente di forte impatto visivo ed anche emotivamente emozionante.

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