I volti che hanno segnato il periodo storico del Pop, proprio quello degli anni Sessanta, sono noti a tutti: pensiamo solamente ad Andy Warhol e a Roy Lichtenstein, che hanno non solo cambiato la percezione dell’arte e del suo mercato, ma sono entrati prepotentemente nell’immaginario collettivo occidentale. Ricordiamo ovviamente il tipico ritratto della Monroe, i quadri puntinati a mo’ di fumetto di Lichtenstein, la Campbell’s Soup e le altre figure iconiche che caratterizzano i lavori di Warhol. Insomma, non c’è dubbio che i colori brillanti, i tratti semplici ma riconoscibili, oltre ai soggetti presi dalla cultura popolare, siano stati e rimangano dei “cult” della storia di quegli anni.
Ma, come ogni fenomeno che si rispetti, anche questo straordinario movimento artistico col tempo si è ampliato e ha dato vita a una vasta gamma di nuovi linguaggi, che possiamo trovare nel movimento americano della LowBrow Art, e, com’è giusto che sia, in tutte le direzioni nel quale oggi si muove il più vasto fenomeno del New Pop, che, pur restando ovviamente fedele ai canoni di questo immaginario, ne ha rinnovato e in parte anche stravolto alcune caratteristiche di base. Ed è qui che entra in scena l’artista Matt Gondek: americano, classe 1982, pittore e street artist, oggi si è fatto già ampiamente conoscere, anche fuori dagli Stati Uniti, per un nuovo modo di trattare le figure della cultura popolare americana e occidentale.
Gondek rimodella infatti personaggi pop come la famiglia Simpson, Betty Boop, Charlie Brown, i classici Disney, la pantera rosa e molti altri ancora, con alcune varianti di base, che li rendono immediatamente riconoscibili e caratteristici del suo stile: le figure sono infatti ritratte o con tratti duri, che sembrano provenire dalla cultura punk e dall’immaginario underground, come giubbotti in pelle nera e mazze da baseball, oppure con la testa che esplode, o, ancora, in una specie di stato di liquefazione: con i suoi quadri, sembra quindi di entrare in un mondo psichedelico, fatto di personaggi che si frantumano, che si sciolgono, si trasformano in uno stato fluido quasi come a citare e rivendicare certe scene del cinema splatter, con, però, un tocco ironico, divertito e per nulla truculento.
Abbiamo incontrato Matt Gondek, facendo con lui una lunga chiacchierata sulla sua formazione, la sua poetica, i suoi riferimenti visivi e culturali, per cercare di approfondire meglio il suo lavoro e coglierlo in tutte le sue sfaccettature.
Raccontaci un po’ della tua vita. Dove sei nato? Come hai cominciato a diventare un artista?
Sono nato vicino alla città di Pittsburgh, in Pennsylvania. Il luogo di nascita di Andy Warhol. Il mio esordio come artista a tempo pieno è stato creare opere d’arte per band dell’industria musicale. Quando però ho compiuto trent’anni ho iniziato ad abbandonare la creazione di opere d’arte per gli altri e a concentrarmi sulla pittura.
Perché hai voluto iniziare a intraprendere il percorso per diventare un artista? Chi sono gli artisti che hanno stimolato la tua ricerca?
Fare arte è stata l’unica cosa che abbia mai veramente fatto. Ho disegnato, dipinto e fatto musica per tutta la mia vita. Poiché sono cresciuto a Pittsburgh, Andy Warhol è stato per me un artista importante fin dall’inizio. Mi sono sempre piaciuti gli artisti che facevano grandi cose e avevano molti progetti in corso contemporaneamente. Persone come KAWS e Jeff Koons mi hanno subito colpito, ma il mio artista preferito è Roy Lichtenstein. Mi piace molto il modo in cui usa i fumetti di basso livello nel suo lavoro.
Raccontaci quando hai iniziato a creare le opere e da dove nasce tutto? Quando e dove hai cominciato a capire che la tua arte, i tuoi quadri sarebbero diventati famosi?
La Pop Art decostruita per cui sono conosciuto ha avuto origine circa 12 anni fa, quando ho iniziato a prendere molto sul serio la pittura. In quel momento stavo cercando di capire cosa dipingere. Stavo lavorando a un progetto di illustrazione freelance che mi faceva disegnare Topolino ancora e ancora. Molte volte in molte pose diverse. Con il passare del tempo ho iniziato a disegnarlo anche in modi “cattivi”, come se fosse stato avvelenato, investito o fatto saltare in aria. Ho preso a caso il disegno di Topolino con la testa che esplode e ho deciso di dipingerlo. Una volta finito, ero davvero soddisfatto del risultato e ho deciso di provare a realizzare una serie di dipinti con le teste dei personaggi che esplodevano. È così che è iniziata davvero la mia carriera pittorica. Sono sempre stato un grande fan degli street artists e graffitari e volevo seguire le loro orme. Ho deciso di dipingere uno dei miei disegni con la testa che esplode nel mio garage, cosa che è stata immediatamente ripresa da molti blog e riviste su Internet. È stata la mia “grande occasione” all’inizio.
Come sei arrivato nel mondo dell’arte?
Realizzavo e vendevo già dipinti online per poche centinaia di dollari. Mi ero trasferito a Los Angeles per cercare di diventare un artista più serio. Un mio collezionista comprava molte opere e viveva a Hong Kong. Ha mostrato il mio lavoro a una galleria di lì, che poi mi ha inviato un messaggio chiedendomi se fossi stato interessato a fare una mostra. Avevo solo tre mesi per creare un intero corpus di lavori per realizzarla, quindi dipingevo quasi tutto il giorno tutti i giorni per prepararmi. La mostra di Hong Kong è andata alla grande. Tutti i dipinti sono stati venduti e c’era richiesta di altri. Quello è stato il punto di svolta nella mia carriera artistica, dove le persone hanno iniziato a prendere sul serio il mio lavoro. Questo è successo forse circa 8 anni fa.
Perché i protagonisti dei tuoi dipinti sono per lo più personaggi dei cartoni animati come i Simpsons?
Sono stati i personaggi con cui sono cresciuto. Penso che, se vai in qualsiasi museo e vedi le opere più antiche, molte hanno a che fare con la religione o i reali. Per molto tempo nella storia umana, questi sono stati alcuni degli elementi più importanti della vita quotidiana. In un certo senso era la loro cultura pop. Ora, i reali e la religione svolgono un ruolo molto meno importante nella vita. Soprattutto per me. Allora, chi sono i nostri dèi e i nostri idoli moderni? Cose che tutti conosciamo e di cui parliamo? È Topolino, Bart Simspon. Sono sui nostri vestiti, quello che vediamo, andiamo a Disney World per vederli. Crescendo amando la musica punk rock e adottando gran parte dell’etica del punk, ho sempre desiderato mettere in discussione chi detiene il potere e abbattere i muri che trattengono le persone. Per me, le persone al potere adesso sono Topolino, Bugs Bunny ecc. Ecco da dove viene la Pop Art Decostruita. Abbattere gli dèi moderni.
Pensi che l’uso dei social media sia fondamentale per essere un artista al giorno d’oggi?
Quale artista non la pensa così?
Raccontaci un po’ dei tuoi progetti in corso, come Total Recall.
Total Recall è una grande opera d’arte che racconta la storia della mia intera pratica artistica fino ad oggi. È un’immagine enorme distribuita su 104 piccole tele. Ogni tela può essere presa ed esistere come se fosse un’opera a sé stante, ma la forza dell’opera è quando sono tutte insieme e puoi vedere l’intera storia. Ho lavorato su questo corpus di lavoro negli ultimi due anni e sono felice di dire che l’ho appena completato! C’è un piccolo documentario che potete guardare su questo lavoro sul sito web www.TotalRecall.World. Inoltre lavoro sempre su dipinti commissionati per collezionisti, oltre a collaborazioni con aziende e amici! Un progetto che mi interessa davvero in questo momento è un progetto con sede a Dubai chiamato The Ugly Duck, dove creerò un esercito di personaggi di paperi per invadere le case delle persone.