Poche linee, qualche oggetto estratto dalla vita quotidiana, disposto su un tavolo e circondato da uno sfondo neutro. Poi, colori tenui e combinazioni sperimentali. Fino al 16 marzo 2025, Casa Morandi del Settore Musei Civici Bologna ospita la mostra “Il quale cerca solamente la sua bellezza, nel modo qui descritto” di Alessandra Spranzi (Milano, 1962). La mostra, perfettamente inserita nel contesto che la ospita, dialoga con la figura di Giorgio Morandi, celebre autore bolognese, protagonista della pittura italiana del Novecento. L’esposizione, a cura di Lorenzo Balbi, rientra nel programma di mostre ed eventi promosso dal Comune di Bologna, in occasione di Arte Fiera.
“Il quale cerca solamente la sua bellezza, nel modo qui descritto” si compone di nove fotografie inedite della serie “Sul tavolo #80” (2014-2024). Accanto a queste, si includono due video: Metronomo (non farlo) (2023) e Making of Ein Tisch (2018). Il primo mostra un ragazzo intento a suonare la chitarra al ritmo del metronomo, distratto dal movimento inatteso di una tazza colpita insistentemente da un coltello. Il secondo, un prototipo senza audio di un lungometraggio più elaborato, è collocato al termine di uno stretto corridoio della casa-museo e propone un’inquadratura tagliata su un tavolo domestico, in cui, attraverso un rudimentale visore ricavato da un cartoncino arrotolato, gli oggetti quotidiani si convertono in «epifanie estetiche». Nei video, così come nelle immagini realizzate dell’artista, a regnare è l’essenzialità, il gusto di vivere tra gli oggetti comuni di tutti i giorni, a cui negli anni ci si è abituati a tal punto da percepirli quasi come parte di un contesto, banali, inconsistenti, ma che, non per questo, non possono continuare a nascondere insidie e tensioni.
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Il soggetto principale delle fotografie è una pagina strappata, tratta dal libro Giorgio Morandi di Arnaldo Beccaria, giovane scrittore romano. Si tratta della prima monografia dedicata al pittore, pubblicata nel 1939 dall’Editore Ulrico Hoepli, all’interno della collana “Arte Moderna Italiana” e scovata dall’autrice su una bancarella. Dietro alla pagina, utilizzato come supporto, un tubo di rame raccolto per strada. Entrambi gli oggetti – entrati per caso nella vita di Alessandra Spranzi –diventano, attraverso lo sguardo dell’artista, l’occasione per riflettere sull’inconsistenza dell’esistenza e per indagare la vulnerabilità dell’essere umano.
Presentando leggere variazioni nei toni di colore e nella luce, ogni fotografia spinge lo spettatore a interrogarsi su quali siano le caratteristiche di ciò che viene rappresentato e quali aspetti la distinguano e rendano unica rispetto alle altre stampe esposte. Spranzi racconta: «Nel tentativo di una stampa giusta, prende forma il quale cerca solamente la sua bellezza, nel modo qui descritto». In questo concetto, l’artista diventa il “quale”, un soggetto che prende vita, un agente capace di causare cambiamenti.
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Spranzi è entrata nel luogo che ospita i suoi lavori con delicatezza e cura. Ha studiato lo spazio con attenzione e ne ha tratto significati che, tramite rappresentazioni “lineari”, diventano l’occasione di aprire orizzonti complessi e di approfondirne i significati. Ogni scatto sembra acquistare una potenzialità nuova, un tempo proprio, in cui è facile perdersi e in cui ogni elemento è evocativo.
La fotografia dell’artista sembra riprendere alcuni tratti tipici della pittura di Morandi: il gusto per la natura morta, in cui gli elementi oltrepassano la realtà e diventano evocazione; la ripetizione di elementi noti; la variazione di tonalità e chiaroscuri, a modificare la percezione di un’immagine; le sfumature dei contorni che sembrano svanire, divenendo tutt’uno con lo sfondo e la varietà nello sperimentare tutte le combinazioni possibili.
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Sono molti gli elementi che la fotografa riprende e trasporta nelle sue stampe, divenute quasi una forma di pittura, dai colori evanescenti e i limiti indefiniti. Studio, precisione, cura nella rappresentazione e una meticolosa attenzione verso la composizione sono gli elementi che caratterizzano entrambi. Concluso il loro lavoro, adesso, il compito di tradurne i significati passa allo sguardo di chi osserva, recepisce, torna a casa e rivede il proprio mondo, piccolo, quotidiano, conosciuto, eppure sorprendentemente ricco.