Così se n’è andato, non possiamo dire “in punta di piedi” perché il suo stile, il suo modo di essere, la sua temperatura umana era, al contrario, caratterizzata da una grande, immensa, gioiosa e meravigliosa energia. Quell’energia che Paolo Manazza ha messo in tutto quello che ha fatto: giornalista, critico, storico dell’arte, docente, manager culturale, e, soprattutto pittore – diciamo “soprattutto” perché è stata questa la sua passione più vera, più autentica, più sincera, tanto che negli ultimi tempi, quando la malattia l’aveva purtroppo già colpito, aveva continuato a praticarla con il quintuplo di energia, di passione, di gioia, di amore, di serietà, di consapevolezza.
E proprio alla sua pittura, un lavoro “di confine” com’è stata sempre la sua vita, abituato com’era a passare disinvoltamente, con grande intelligenza e passione, da un tavolo all’altro, da un campo all’altro, da un progetto all’altro, tra arte praticata e arte scritta, tra critica e giornalismo, tra insegnamento e ideazione di progetti articolati e complessi, mantenendo però, in tutti, un altissimo livello (era, per capirci, collaboratore di punta sul mercato dell’arte per il Corriere della sera, oltre che fondatore di uno degli storici giornali d’arte on line più autorevoli, ArtsLife, al momento degnamente diretto da Massimo Mattioli, che oggi ha dato per primo la notizia a uno sbigottito mondo dell’arte); alla sua pittura, dicevo, avevamo dedicato, non più di un mese fa, una bella e approfondita intervista, per indagare e ragionare assieme a lui di come la pittura, anche nelle sue forme più classiche, si stia sempre più contaminando e innovando grazie alle nuove tecnologie.
Provando, con lui, a ragionare sui possibili sviluppi futuri di questo straordinario linguaggio, che entrambi amavano in maniera spasmodica e in cui entrambi credevamo come uno dei grandi linguaggi immortali della storia dell’arte, anche oggi, in cui tutti i linguaggi sembrano diluirsi e a volte sfaldarsi nell’immaterialità dei linguaggi digitali.
Oggi purtroppo dobbiamo parlare di Paolo al passato. Ma i suoi guizzi, le sue idee, la sua creatività, la sua energia, il suo genio e soprattutto i colori dei suoi bellissimi, straordinari quadri esistono ed esisteranno per sempre. Per questo, abbiamo pensato di riproporre qua sotto la sua intervista, l’ultima purtroppo, che avevamo pubblicato proprio l’ultimo giorno del 2024, mentre già in aria stavano scoppiavano i “botti” di capodanno. E quando, la notte di Capodanno, ci siamo lasciati con un abbraccio più caloroso del solito, ci siamo dati appuntamento a presto, anzi, al più presto. A presto, allora, Paolo: e, anche se non sarai più qua a contagiarci con la tua straripante energia, sappi che le tue idee mai banali, le tue riflessioni sul presente e sul futuro dell’arte, e soprattutto gli straordinari colori della tua bellissima pittura, te lo promettiamo, non ci abbandoneranno mai.
Ecco, qua sotto, l’ultima intervista di Paolo Manazza.