Il fascino del mito in un testo che porta in scena il ciclo della guerra di Troia. Con Semidei, in prima assoluta, al Teatro Studio Melato dal 6 al 23 febbraio, Pier Lorenzo Pisano racconta quel che dèi e dee, eroi ed eroine dissero (o avrebbero potuto dire) in due momenti: prima della guerra, in un mondo adolescente e dorato; e dopo la distruzione della città, quando, tra le macerie fumanti, ebbe inizio il lungo e difficile ritorno a casa. Nello spettacolo, una nuova produzione del Piccolo Teatro di Milano, le scene sono firmate da Giuseppe Stellato, i costumi da Gianluca Sbicca, le luci curate da Manuel Frenda. In scena: Francesco Alberici, Marco Cacciola/Michelangelo Dalisi, Pierluigi Corallo, Claudia Gambino, Pia Lanciotti, Caterina Sanvi, Eduardo Scarpetta.
“Semidei” è uno spettacolo che si ispira al corollario di miti e leggende che gravitano attorno alla guerra di Troia narrata nell’Iliade, il tutto rielaborato dalla particolare visione di Pier Lorenzo Pisano, che concepisce uno spettacolo diviso in due parti, in cui tutto si narra, fuorché la guerra. Guerra però ben presente, giacché costituisce lo spartiacque tra l’onirico mondo dell’infanzia dei protagonisti mitologici e la consapevolezza dell’età adulta.
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Lo spettacolo, di cui esiste anche l’omonimo testo pubblicato da Einaudi, si svolge su una scena a fondo scuro, come le immagini delle anfore greche, con un gioco di luci che conferisce sia agli arredi di scena che ai personaggi una profondità quasi caravaggesca, fuori dallo spazio e dal tempo.
Durante il primo atto gli eroi greci e troiani – Achille, Ulisse, Menelao, ma anche Ettore e Andromaca e altri – sono giovani, immaturi, e interagiscono con le persone a loro più care. Non a caso, l’ambientazione è una spiaggia sabbiosa, doratissima, in cui si intravedono secchielli e palette, e gli eroi sono vestiti con costumi da bagno di inizio Novecento, epoca che forse più di tutte quelle moderne sottende all’inconsapevolezza della guerra, della violenza e delle brutture che può causare l’uomo.
Achille è un adolescente petulante che litiga con la divina madre, Ulisse è alle prese con un Telemaco neonato, che non dorme e non mangia, Ettore e Andromaca sono una coppia stucchevole e innamorata che canta la ninna nanna al figlioletto… Un’epoca fatata, che sembra non possa avere mai fine e che invece termina con il brusco cambio scena della seconda parte di “Semidei”.
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Dopo dieci anni la guerra è finita e tutto è maceria. Le spiagge dorate dell’infanzia sono scomparse, per lasciare posto a detriti e armature incrostate, i personaggi non riescono a darsi pace per ciò che è finito e morto, guardano l’orizzonte con il volto spaesato dei naufraghi sopravvissuti alla tempesta. Su delle grandi tele a fondo scena sono proiettate famose opere d’arte da Rubens a De Chirico che evocano la guerra e aggiungono profondità alle emozioni veicolate dagli ottimi attori sul palco.
“Semidei” è stato scritto ben prima dell’inizio della pandemia e quindi anche del complicato momento geopolitico in cui viviamo, eppure risulta tremendamente attuale e pregnante, sia nelle immagini, che nelle emozioni che veicola. Secondo quanto dichiara lo stesso Pier Lorenzo Pisano: “Credo che la forza del testo nasca dal fatto di attingere a un materiale che è parte integrante della nostra cultura e che porta con sé temi che da sempre appartengono e sempre apparterranno all’umanità: il dolore per la fine dell’infanzia e in generale per ‘le cose che finiscono’, la paura della guerra e della morte. Il mito è ‘il classico’ per definizione, perciò, indipendentemente dal momento in cui lo si rappresenta, porta sempre con sé una consonanza con quel che accade nel mondo.“
Questo è l’enorme potere che il Mito condivide con il teatro: nascere dai recessi più profondi dell’animo umano fa sì che essi perdurino nel loro valore nonostante il tempo che passa e l’evolversi della società.
Con un velo di ironia e una visione rimodernata, “Semidei” porta lo spettatore nello stato di malinconia tipico dell’età della consapevolezza, dove l’Età D’Oro dell’infanzia è finita e ahinoi non tornerà più, anche se, inconsapevolmente o meno, crediamo tutti sia ancora da qualche parte, magari nascosta dal fumo, come pensano le donne troiane che hanno perso la loro città natale.