Quadri, tele, statue, elementi di design e molto altro. All’interno di queste strutture l’ospitalità si costruisce attorno a un percorso, a un’esperienza. Stupire è l’elemento essenziale di un Art Hotel, attraverso la creazione di un’atmosfera unica e irripetibile. L’unicità, infatti, è una delle caratteristiche principali di queste strutture. Un viaggiatore che sceglie un Art Hotel lo fa per interesse verso la cultura e per soggiornare in un ambiente intimo, diverso e indimenticabile. La Serenissima è il posto ideale per soggiornare tra arte e cultura. Abbiamo scelto per i nostri lettori quattro art hotel dove trovare tutto questo.
Aman Venice Resort: arte antica
L’Aman Venice Resort è affacciato sul Canal Grande, nel sestiere di San Polo, la cornice è Palazzo Papadopoli, una delle residenze storiche più affascinanti di Venezia. Fu costruito nel XVI secolo dall’architetto Gian Giacomo de’ Grigi su commissione della famiglia Coccina. A metà del Settecento venne ceduto alla famiglia Tiepolo, una delle più illustri della Serenissima, che ha dato alla città Dogi, procuratori, uomini d’arme e Patriarchi.
Alla fine dell’Ottocento diventò l’abitazione dei conti Papadopoli, un’antica famiglia di Corfù. I conti Papadopoli affidarono l’incarico di apportare sostanziali modifiche all’originario palazzo all’architetto Michelangelo Guggenheim, il quale chiamò Cesare Rotta, pittore ottocentesco nato a Sommacampagna, ad affrescarne le pareti.
Nell’elegante giardino, uno degli spazi verdi privati più rari della città, si trova una vera da pozzo, un termine tipicamente veneziano che indica la costruzione in pietra che chiude il pozzo, risalente al periodo tardo-gotico.
Gli interni dell’albergo sono stati curati da Michel Gathy, famoso architetto belga. Opere d’arte rococò, arredi contemporanei, pareti in seta e sontuosi lampadari in vetro di Murano contraddistinguono gli spazi. Oltre alla scenografica scalinata centrale, si trova un’elegante sala da ballo decorata con affreschi e stucchi barocchi e la Cappella, un tempo utilizzata per intime cerimonie di famiglia.
Tra le suite più suggestive ci sono la Canal Grande, dalla cui finestra ad arco in filigrana è possibile ammirare la vista sul canale, e la suite Alcova Tiepolo, dove si può soggiornare circondati dagli affreschi del celebre pittore veneziano.
Per chi ama il gossip è qui che George Clooney ha coronato il proprio sogno d’amore sposando Amal Alamuddin.
Venice Venice Hotel: arte contemporanea
Venice Venice Hotel nasce da un’idea di Alessandro e Francesca Gallo, che si sono concentrati sul concetto di postvenezianità, con l’obiettivo di valorizzare lo spirito del luogo alla luce delle relazioni che Venezia ha con l’arte contemporanea internazionale, a partire dalla Biennale. “Omaggiamo il pensiero laterale, sposiamo artistiche visioni audaci, diveniamo artigiani realizzatori di sogni, assumiamo l’eterna vocazione al cambiamento come principio di venezianità, il suo superamento a necessario ordine delle cose, diamo vita alla postvenezianità per incantare il mondo ancora, ancora e ancora…”, spiegano i fondatori dell’hotel.
Ca’ da Mosto, la sede dell’hotel, con la bella facciata bizantina valorizzata dal recupero – è uno dei più antichi palazzi veneziani e tra il XVII e il XIX secolo sembra che già funzionasse come luogo di accoglienza per i viaggiatori che in Laguna incrociavano i loro destini, uomini di potere, artisti, intellettuali, zar e aristocratici alle prese con il Grand Tour. In tempi più recenti, dopo l’abbandono, l’edificio è rimasto disabitato per decenni. Il restauro avviato per il progetto Venice Venice gli ha restituito il fascino antico, contaminandolo però con opere d’arte e oggetti di design che caratterizzano ogni spazio, dalle camere per gli ospiti agli ambienti comuni.
Si spazia dunque nell’arte degli ultimi settant’anni, tra opere iconiche del recente passato e installazioni site specific firmate da artisti come Francesco Simeti (con un grande arazzo nel bar al primo piano), Pol Polloniato, Fabio Viale, Igor Mitoraj, Renato D’Agostin. Interi spazi sono dedicati a movimenti come Fluxus e Poesia Visiva, con opere che vanno da Joseph Beuys a Giuseppe Chiari; ma sono ben rappresentate anche l’Arte Povera (con opere di Jannis Kounellis, Zorio, Fabro e Boetti), l’Arte Concettuale, con una grande installazione di Hanne Darboven, l’architettura radicale, da Superstudio a Studio 9999. Una stanza è invece dedicata al Ciclo delle mani dell’artista austriaco Arnulf Rainer. I lampadari in vetro di Murano di Venini offrono suggestioni ancora diverse al piano nobile, mentre libri d’arte che invitano a immergersi nelle vicende di artisti e opere rappresentati sono presenti a uso e consumo degli ospiti.
Metropole Hotel: l’hotel dei musicisti e degli intellettuali
La storia del Metropole Hotel inizia intorno al Cinquecento, quando l’edificio faceva parte dell’importante Istituto per l’Infanzia Santa Maria della Pietà. Proprio a questo periodo appartiene la sorprendente scala a chiocciola, unica nel suo genere a Venezia per epoca e grandezza, oggi splendidamente restaurata.
In una favolosa ambientazione coloniale déco che ricorda il Giro del mondo in 80 giorni, le sue sale, impreziosite da luci Fortuny, morbidi damaschi, armature thailandesi dell’800 e forzieri marocchini, hanno ospitato e ispirato gli artisti più importanti di tutti i tempi, tra cui Vivaldi, che qui compose Le quattro stagioni, e Thomas Mann che vi scrisse Morte a Venezia.
Alla fine dell’Ottocento l’edificio viene convertito in albergo e frequentato da personaggi celebri come Sigmund Freud, Thomas Mann, Marcel Proust, durante la Seconda guerra mondiale venne poi trasformato in ospedale militare. Acquistato nel 1968 da Pierluigi Beggiato e sua moglie Elisabeth, venne rimodernato e arricchito con preziosi pezzi di antiquariato. Nell’Oriental Bar si può ammirare un’installazione permanente di Joseph Kosuth che nella sua opera di neon art celebra il genio di Freud, habitué del Metropole. Joseph Kosuth è un artista che ha utilizzato il neon come strumento per esplorare la natura della comunicazione visiva e la relazione tra l’oggetto, l’immagine e le definizioni concettuali. Le sue opere hanno messo in discussione il modo in cui le parole e le immagini sono usate nella cultura contemporanea, e hanno influenzato profondamente l’arte e la cultura del XX secolo.
Dobbiamo infine svelarvi un segreto dell’hotel, le sue incredibili collezioni: cavatappi, borsette, schiaccianoci, porta biglietti da visita, ventagli, fermalibri, oggetti da toilette, soprattutto di origine francese ed inglese risalenti al 1800 e alla Belle Epoque. Ogni piano è arricchito con una collezione diversa: al primo piano valige e bauli (da far invidia a Louis Vuitton), al secondo ventagli, al terzo crocifissi, e, all’ultimo piano, le testiere da letto.
Hilton Venice Molino Stucky: hotel post-industriale
L’Hilton Venice Molino Stucky è situato nel cuore dell’isola della Giudecca, ha la sua sede in un edificio di architettura industriale, considerato come uno dei migliori esempi di recupero di un opificio dal valore storico. Il primo progetto si deve all’architetto tedesco Ernst Wullekopf, che lo realizzò nel 1884 su commissione dell’industriale Giovanni Stucky, e consisteva in una struttura lineare realizzata in laterizi di colore rosso. Sulla facciata dell’edificio centrale spicca il nome “G. Stucky”, sopra il quale ci sono due sculture femminili. Quella di destra è appoggiata a una pietra da mulino, l’altra è addossata al macchinario d’un molino a cilindri, a simboleggiare la tradizione artigianale e il progresso industriale che si danno la mano, incorniciando un grande orologio, simbolo di ordine, puntualità, e progresso. Un vero e proprio manifesto culturale dell’epoca. Negli anni a seguire l’edificio fu ulteriormente ampliato, per organizzare al meglio la produzione, dove erano impiegati ben 1500 operai.
Il Molino cessò la sua attività nel 1955, e l’edificio cadde in una lenta ma inesorabile rovina, fino a quando, nel 1988, il Ministero per i Beni Culturali decise di apporre il vincolo su tutta la struttura e stabilì la sua trasformazione in complesso alberghiero. Iniziò così una rinascita, con un’imponente opera di restauro e adeguamento dell’edifico che ha riportato il Molino Stucky al suo antico splendore.
Ad oggi il Molino Stucky ha attuato ulteriori rinnovamenti, con la realizzazione del nuovo interior decoration, affidato all’ architetto Biagio Forino che ha lavorato con l’obiettivo di esaltare la struttura dell’edificio industriale originario. Ad esempio, nelle Giudecca Suite sono state messe in risalto le tramogge da cui scendeva il grano per essere macinato, e nelle Tower Suite le antiche travi a vista sono state recuperate ed enfatizzate da un sapiente gioco di luci.
Negli arredi ricorrono continue citazioni alla tradizione veneziana e alla maestria dei maestri vetrai, con la presenza dei tradizionali lampadari di vetro soffiato.
Un fascino, quello del Molino Stucky, che si rinnova continuamente, storia e innovazione in questo meraviglioso complesso di archeologia industriale si sono susseguite, in un continuum che lo ha visto trasformarsi da luogo di produzione a luogo di accoglienza.
Continua il nostro girovagare per farvi scoprire gli art hotel italiani…