Valerio Adami, un “pittore di idee” tra ignoto e inconoscibile

Palazzo Reale dedica un’ampia retrospettiva a Valerio Adami (Valerio Adami pittore di idee, aperta fino al 22 settembre, catalogo Skira Arte), artista di ampio respiro internazionale, molto noto all’estero (soprattutto in Francia) finora troppo relegato alla nicchia degli addetti ai lavori in Italia, pur essendo unanimemente annoverato tra gli artisti figurativi più emblematici del Novecento. Promossa dal Comune di Milano e prodotta da Palazzo Reale con la curatela di Marco Meneguzzo e il patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura di Parigi, l’esposizione è realizzata con il coordinamento generale di Valeria Cantoni Mamiani, presidente dell’Archivio Valerio Adami, grazie al quale è stato possibile raccogliere oltre settanta grandi quadri e circa cinquanta disegni, dal 1957 al 2023, tra i più significativi dell’opera del Maestro che nei sessantacinque anni di carriera ha sempre saputo attrarre pubblico, critica e collezionismo con uno stile solido, coerente e inconfondibile.

Ma vediamo più nello specifico chi è Valerio Adami e perché è considerato unanimemente una delle figure più significative del secondo Novecento italiano.

Adami, pittore intellettuale tra disegno e parola

Valerio Adami

Adami nasce a Bologna nel 1935, città il cui ricordo, pur lontano nella memoria, ha lasciato una forte impronta nella sua personalità artistica, probabilmente legata a quella tipicità della provincia italiana le cui atmosfere hanno in genere stregato numerosi artisti: da Giorgio De Chirico a Sandro Chia, da Mimmo Paladino e Giovanni Iudice a Luigi Ghirri, e via dicendo.

Ben presto la famiglia Adami si muove verso Milano, dove l’artista vivrà durante il periodo bellico. I suoi primi lavori sono disegni di rovine e case devastate dai bombardamenti, altro scenario che probabilmente intacca indelebilmente il suo animo sensibile, conferendogli una malinconia romantica come contemplazione di sé e del mondo che farà da fil rouge in tutta la sua produzione artistica.

ValerioAdami Uovo rotto 1964

Appassionato di disegno sin dalla tenera età, decide di dedicarsi alla pittura anche per riscattare l’assurda antipatia paterna per un artista che in quel periodo viveva nell’abbaino della loro casa, che suo padre definiva “l’imbrattatele” senza neanche conoscerlo, ma per il quale il giovane Valerio nutriva simpatia e un certo interesse per quella condizione di artista. Comincia così a circondarsi di amicizie nel campo dell’arte e della letteratura: frequenta l’atelier di Felice Carena, artista fra i più importanti e meno conosciuti del Novecento storico, fino all’incontro a Venezia che, più di altri, si rivelerà fondamentale per la sua formazione, quello del 1951 con Oskar Kokoschka che diventerà presto suo mentore e ispiratore. In seguito, l’Accademia di Brera sotto la guida di Achille Funi e il fermento degli ambienti milanesi di quegli anni d’oro faranno da contesto al suo itinerario di formazione.

ValerioAdami Interno 1967

Senza mai troppo lasciarsi sedurre da mode e correnti, sin dal suo primo periodo creativo Adami si muove nell’ampio spettro fra classicismo – dal quale trarrà ispirazione nella narrazione figurativa di miti e leggende, controcorrente rispetto a un’epoca dominata dagli astrattismi e dal concettuale – e le avanguardie del Novecento. Particolarmente attratto dalla sovrapposizione di vari linguaggi come figurazione, scrittura e musica, è stato molto spesso associato alla Pop art per la ripresa di parole e fumetti nei suoi lavori, metodo particolarmente efficace per lui per accentuare l’effetto sonoro dell’opera (emblematica è l’opera Swing del 1962) ma, soprattutto, come chiaro richiamo all’arte medioevale, in cui “ci sono delle parole che, come nei fumetti, escono dalla bocca dei personaggi. […] Con la scoperta dell’espressione la storia della pittura è cambiata. Alle parole che uscivano dalla bocca è stata sostituita l’espressività del volto”, raccinterà l’artista. Nonostante non sia un appassionato di fumetti, Adami fa spesso uso delle referenze grafiche riconducibili alla Pop art per potenziare la struttura delle sue opere attraverso segni distintivi fatti di tratti decisi e linee di contorno nette, con campiture di colori puri, accesi e bidimensionali che, spesso escludendo chiaroscuri (a volte solo leggermente accennati), danno vita a una viva armonia di contrasti.

I viaggi per il mondo e il cenacolo di amici scrittori, filosofi, musicisti

<em>Tableau vivant da Il massacro degli innocenti di Poussin a Villa Cantoni con la famiglia Derrida Camilla Valerio e il cane Blondie<em>

Già nel ’58 aveva avuto inizio quella serie di viaggi che lo porterà a vivere e lavorare in diverse città d’Europa, negli Stati Uniti, in America Latina, in Israele, in India, e a intrecciare nuove e profonde amicizie, trovando all’estero molti luoghi d’elezione e ispirazione. Uomo di classe e di grande ospitalità, Adami ha reso celebri nella sua colta cerchia di amicizie le sue splendide dimore dove ha sempre amato ospitare amici artisti, musicisti e letterati. Dalla magnifica casa parigina su due piani a Montmartre, dove tuttora risiede, allo studio condiviso con Botero e Arman con affaccio sul porto di Monaco, dove erano soliti assistere tra amici alle partenze del Gran premio di formula uno; da villa Cantoni, ad Arona, scenario di una celebre sequenza fotografica che lo ritrae interpretare la Strage degli innocenti di Nicolas Poussin insieme all’amico filosofo Jacques Derrida e alla sua famiglia, all’adorata dimora I Diosperi a Meina, sempre sul lago Maggiore.

ValerioAdami Autoportrait 1983

Le tante estati passate in Grecia a bordo della sua barca a vela assieme all’adorata moglie, la pittrice Camilla Adami (scomparsa nel 2023, ndr), i lunghi periodi in India nel suo studio di Benares, lungo le sponde del Gange, sono solo alcuni di quelli che Adami definisce “luoghi del ricordo”, che hanno arricchito la sua vita “dandogli un senso e aprendo, così, nuove e vaste porte della mia conoscenza e del mio sentire… del definire il vero di una vita che cerca disperatamente verità…”, come l’artista annota nei suoi taccuini di viaggio.

Jacques Derrida e Valerio Adami

Tra le sue più assidue frequentazioni, oltre al già citato filosofo e grande amico Jacques Derrida, Adami intrattiene stabili relazioni di scambio intellettuale e profonda amicizia con lo scrittore Carlos Fuentes, i pittori Saul Steinberg, Richard Lindner e Matta, Octavio Paz, Italo Calvino, che scriverà in più riprese sul suo lavoro, Luciano Berio e altri che costituiranno una cerchia intellettuale della quale Adami non poteva prescindere per nutrire la sua pittura e mettere in scena le geniali idee sue e di altri grandi artisti, pittori, musicisti, scrittori.

Camilla e Valerio Adami negli anni Settanta

“Pittore di idee”, quindi, sempre sensibile alle suggestioni derivanti da letteratura, filosofia e musica, Valerio Adami è la perfetta rappresentazione dell’artista intellettuale capace di elaborare uno stile unico e stratificato, frutto della felice contaminazione tra immagine e scrittura attraverso l’utilizzo della parola nella tela, non come mero rafforzativo di un concetto, bensì con la dignità di vero e proprio soggetto. Ne risultano atmosfere oniriche e metafisiche per scelte cromatiche e stilistiche, surreali e allegoriche per le citazioni che campeggiano sulle tele, molto spesso di grandi dimensioni.

Immagine e parola nelle favole che Italo Calvino scrisse per lui

Valerio Adami Penthesilea 1993

Il 5 ottobre 1980, l’amico Italo Calvino pubblica per “L’Espresso” le splendide ed esilatranti Quattro favole di Esopo per Valerio Adami, dove lo scrittore mette in scena, e dà voce, alle parole e ai colori all’interno dei quadri del pittore: “Una parola scritta in un quadro di Valerio Adami trattava i colori con alterigia: “Chi guarda il quadro è obbligato a leggermi, mentre a voi vi vede solamente”. “E qual è la differenza?”, chiesero i colori. “Leggere – spiegò la parola scritta – è quando guardandomi si pensa al suono di me stessa parlata”. “Sarà, – dissero i colori. – E a noi non ci si può leggere?”. “Voi? Volete Scherzare! – e la parola scritta si contorse come in un risolino di compatimento”. Ne nacque una gran lite; per stabilire chi avesse ragione, decisero di sottoporsi al giudizio della voce… La voce si dispose a leggere i colori. Tutti tesero l’orecchio. La voce restava in silenzio. “Ecco, cosa v’avevo detto … – diceva la parola scritta, sprezzante. “La voce si concentrò ancora sui colori, tossicchio, aspirò, poi fece vibrare una nota, modulò un accordo, intonò un motivo senza parole, emise un trillo, un solfeggio, prese a cantare a gola spiegata…”.

ValerioAdami Lincantesimo del lago 1984

Immagini di immediata leggibilità, le sue, che si muovono nell’atmosfera di un compiaciuto senso d’inquietudine e di una palpabile malinconia di fondo dalla quale qualsiasi artista colto non ha scampo, e nella quale trascina il suo pubblico fra sofisticate metafore visive e profondi concetti filosofici, in bilico fra enigma, ignoto e inconoscibile, sempre nell’intento di realizzare quell’opera d’arte totale in grado di abbracciare pittura, scultura, filosofia, musica e cinema, altra grande passione con il quale Adami si cimenta con successo come regista e scenografo (nel 1971 realizza il film Vacanze nel deserto, un lungometraggio con la partecipazione dello scrittore Dino Buzzati e del pittore Erró nel ruolo di attori e nel 2002 realizzerà le scenografie di Der fliegende Holländer per il Teatro di San Carlo a Napoli). 

La prevalenza del disegno

Uno dei quattro disegni di Valerio Adami donati al Gabinetto dei disegni e delle stampe delle Gallerie degli Uffizi di Firenze nel 2019

Oltre alle mostre pubbliche in alcuni dei musei più importanti del mondo, alle innumerevoli commissioni pubbliche, ai contributi critici di critici, filosofi e scrittori, alle pubblicazioni e agli interventi pubblici, significativa è la creazione, nel 1997, della Fondazione Europea del Disegno a Meina, sul lago Maggiore, dove ogni estate inaugura i seminari di “Ekphrasis”, giacché “disegno e immaginazione“, ha scritto, “sono fratelli gemelli. La matita e la gomma sono l’affermazione e la negazione. Così disegnando la mano traccia tante linee in più sbagliate, superflue, che sono quelle crepe dei muri dove Leonardo, per esempio, andava cercando fantasie”. E, per spiegare la sua metodicità nel lavoro e nel disegnare, sempre e costantemente: “Disegno di ora in ora”, ha raccontato in u’n’intervista, “disegno il destino del colore, disegno quel che vedo e quel che tocco, cancello più volte: l’oggetto si attraversa meglio nel cancellarlo e meglio si conosce nel ripeterlo. La gomma nella mano sinistra è l’attesa del tempo che passa – il mio volto che invecchia. L’unico augurio appropriato, quello di buon viaggio”.

La mostra a Palazzo Reale: un tuffo immersivo nel sognodel pittore

Sviluppata con andamento cronologico, salvo alcune significative varianti, l’esposizione concentra i lavori dagli esordi alla fine degli anni sessanta nelle prime due sale, accompagnati dal documentario Valerio Adami, il pittore di poesie, ricco e intimo approfondimento sull’artista diretto da Matteo Mavero e prodotto da Artery Film: “La mano pensa, il braccio pensa… Fare un quadro è come vivere un sogno; non ci si chiede il senso nel momento in cui lo si vive, lo si vive e basta, lo si vive intensamente”, dice l’artista nell’intervista intorno alla quale è costruito il documentario.

Il percorso espositivo prosegue nell’infilata di sale che presentano prima le opere degli anni Settanta, con aperture verso gli Ottanta nella terza sala, per giungere poi ad un’ampia sezione dedicata al disegno e ai ritratti di quei “padri nobili” scelti dall’artista come “esempi di vita e di arte”, che nella piccola zona di passaggio tra una sala e l’altra, si presentano come una cappella votiva che segue idealmente la disposizione di cui godono questi ritratti nello studio dell’artista, dai quali, mentre li osserva, Adami si fa osservare. 

I padri nobili del pittore allestiti a Palazzo Reale

Sono disegni più liberi e veloci, realizzati negli ultimi mesi e che costituiscono una specie di “contraltare” espressionista a una pittura misurata e di alta precisione, libero “frutto dell’immedesimazione avvenuta tra l’autore ed un aspetto del personaggio raffigurato, come se fossero generati dalla necessità di affermare ciò che lega l’artista alle fonti di partenza”.

Le sale successive sono dedicate soprattutto agli ultimi quattro decenni, con lo scopo di proseguire idealmente la mostra realizzata nel 1986 al Centre Pompidou di Parigi, poi trasferita integralmente lo stesso anno nelle sale di Palazzo Reale a Milano e che testimoniano la continuità e la produttività dell’artista che da sempre affronta il mestiere della pittura metodicamente, con orari rigidi e quotidiani, scanditi dalle pause che potrebbe seguire un qualsiasi impiegato in orario lavorativo, assistito dall’inseparabile bassotto Ego, nome emblematico e identificativo poiché nella sua fedeltà Adami rivede sé stesso e il suo modo di dipingere, sempre fedele al proprio stile. 

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