di Michele Dolz
Storico dell’arte, artista e docente di Storia dell’Arte Cristiana all’Università Pontificia della Santa Croce a Roma
David LaChapelle è un grande artista lo si guardi come si vuole, Ma non a tutti piace, perché le sue immagini sono inquietanti. Portando avanti l’estetica pop egli ha sviluppato fotografie dai colori saturi, a volte stridenti, di enorme forza espressiva. Ma per apprezzale bisogna accettare le “tinte forti”.
LaChapelle si dichiara cattolico praticante e affronta spesso il tema sacro. Bisogna dire che queste opere spesso sono poco “sacre”, intrise di sensualità e lontane dalle iconografie riconoscibili dopo venti secoli. È una critica che gli viene mossa spesso e che mi sento di condividere.
Invece in questa Via Crucis esposta adesso a Roma si è attenuto al più tradizionale degli schemi. Ha mantenuto il suo stile, quel pop confinante col kitsch, ma le composizioni sono quelle tradizionali, semmai ridotte all’essenziale: pochi personaggi, ambientazione molto sobria. Diciamo che è la più pittorica delle sue opere fin dove io conosco. Degna di essere appesa in una chiesa? Assolutamente sì.
Di via crucis fotografiche ce ne sono. Una molto bella è quella di Adrian Paci nella chiesa di San Bartolomeo a Milano. Io stesso ne ho fatta una con un mix di fotografia e pittura ora nella chiesa della Trasfigurazione sempre a Milano.
Queste immagini di LaChapelle sono dei tableaux vivants. L’attore che interpreta la parte di Cristo si è ispirato molto e molto bene ai capolavori pittorici. Le espressioni, i gesti, è tutto classico e moderno allo stesso tempo. Qui sfondiamo un muro che sembra duro a cadere: l’utilizzo della fotografia nell’arte sacra. La fotografia su temi sacri c’è sempre stata, ma la fotografia nelle chiese no. E oggi possiamo fare un capolavoro a partire da una brutta foto. Figuriamoci con queste!
Il plauso va LaChapelle. E ai responsabili dell’arte nelle chiese l’augurio di un po’ più di coraggio.