Ray Caesar, in scena ad Amsterdam il mondo impazzito di un genio senzatempo

Immaginate di entrare in un sogno. Un sogno insieme bizzarro, fantastico, fiabesco, conturbante e disturbante insieme, radioso e sottilmente angosciante, terso e luminoso come nessun ambiente terrestre è mai riuscito ad essere. Ma è davvero un sogno? O è un ricordo sepolto e ritrovato della vostra infanzia? Un déja vu? Un misterioso input che riguarda il ricordo inconscio di un’esistenza parallela, o il frammento di una vita futura? Più probabilmente, state guardando un quadro di Ray Caesar.

Forse, uno dei quadri esposti proprio in questi giorni alla KochxBos Gallery di Amsterdam, nella mostra intitolata “A Perfectly Natural Biological Variation” (fino al 30 settembre). Immagini in cui giovani ragazze dall’aria innocente ma anche vagamente diabolica si reggono in bilico su scarpe e abiti dalla foggia allo stesso tempo settecentesca e futuribile, con maschere insettiformi e strani tentacoli che escono dalle loro gonne, paesaggi bucolici degni di un quadro di Boucher, di Fragonard o di Watteau mescolati con ambientazioni futuribili, scenari impazziti che sembrano usciti da una folle fiaba distopica, racconti lisergici e dolcemente spaventosi, personaggi senza tempo che ci sembra di aver incontrato in qualche vita passata o da qualche parte del nostro inconscio più profondo: donne-gatto, donne-polipo, donne-meduse, damine settecentesche dotate di zampe di ragno o di pipistrello o di tentacoli di pesce, ragazze fumatrici di bolle di sapone in un mondo che pare una replica impazzita di Alice nel paese delle meraviglie, e poi elementi ricorrenti, come quelli che incontriamo appunto nei sogni: orologi impazziti, carri trasportati da strani messaggeri celesti armati di pattini o di sci, ragazze mascherate, tavole imbandite, corpi incorniciati da busti, corsetti, stecche e complicate giarrettiere d’altri tempi, e ancora spilli, specchi, ventagli, labirinti, candelabri, poltrone giganti, pipe infuocate e fiori giganteschi. Un mondo che sembra in qualche modo appartenerci e di cui ci sfugge in continuazione il senso, dolceamaro e sottilmente angosciante, seducente e spaventoso.

Il mondo di Ray Caesar, appunto, ragazzo mai cresciuto che non fa mistero di vivere da sempre “in un perpetuo stato di meraviglia” a causa di un disturbo dissociativo che ne ha caratterizzato l’esistenza fin da quando era bambino. “Ricordo che avevo circa 5 o 6 anni e vidi una donna seduta accanto al mio letto. Ha pronunciato parole dolci e gentili, cosa molto insolita per me in quel momento della vita. Nessun altro la menzionava, la ricordava o parlava di lei. La ascolto ancora oggi e la accetto semplicemente alle sue condizioni. La chiamo Speranza”. È, la sua, una condizione permanente di sonnambulismo, di metarealtà, un incrocio tra la realtà “vera” e quella di un mondo fantastico, immaginifico, meraviglioso nel senso più stretto del termine: il mondo, per l’appunto, del quale attraverso i suoi quadri l’artista ci offre uno spiraglio per potervi spiare all’interno. “Soffro di una condizione dissociativa in cui vivo parte della mia vita in un mondo fantastico e ho trascorso anni in terapia per questa condizione brutale”, ha raccontato in un’intervista. “Tutto il mio lavoro fa parte di un altro mondo o ‘paracosmo’ che ho costruito nella mia testa fin dall’infanzia. È la vita che trascorro quando non vivo in quello che tutti gli altri chiamano ‘mondo reale’. Il mio paracosmo è complesso quanto il mondo di J.R. Tolkien. Chiunque può vederlo guardando nelle finestre che creo nelle mie immagini”. È quello che, anni più tardi, lo caratterizzerà come uno degli esponenti di punta del “Pop Surrealismo”.

E, se le sue immagini, finestre verso un mondo “altro” di cui solo lui possiede la chiave, sono fonte di stupore, di godimento e insieme di inquietudine, non meno misteriosa, straordinaria e sorprendente è la biografia di questo artista-costruttore di mondi fantastici e impossibili, pittore insieme classicissimo e futuribile, che utilizza fin da tempi non sospetti, ovvero dai primi anni Novanta e persino dagli Ottanta, software complessi e raffinati per l’elaborazione in 3D, per la progettazione di ambienti e di figure in movimento, per lo studio e la costruzione di abiti in digitale e per l’elaborazione di stoffe, pelli, oggetti ed accessori e persino in grado di far crescere alberi, capelli e fiori con la simulazione dinamica del loro movimento nello spazio.

Inglese di nascita e d’origine (il suo cognome deriverebbe da quello di un chirurgo italiano, Cesare Adelmare, che fu medico personale delle regine Maria Tudor e della regina Elisabetta I, dal che il suo nome fu cambiato in Caesar), Ray nasce a Londra per trasferirsi poi, ancora giovane, con la famiglia in Canada. Difficile districarsi, però, tra elementi veri, verosimili e completamente fantasiosi e fiabeschi all’interno della sua biografia. “Sono nato a Londra, in Inghilterra, nel 1733, il più giovane di quattro figli e, con grande sorpresa dei miei genitori, sono nato cane”, si legge ad esempio nella fantastica biografia che campeggia sul suo sito. “Questa sfortunata svolta degli eventi fu presto accettata nella mia famiglia e non fu mai più menzionata in presenza di una compagnia educata”. E, se la data di nascita è in realtà il 1958 (l’anno del cane secondo il calendario cinese), è vero che Ray ha avuto un’infanzia difficile e complessa, crescendo, come lui stesso racconterà, “come un cane nato in una famiglia di lupi”. “Può sembrare strano”, dirà un’altra volta, “ma ho amato la mia infanzia perché è stato anche un periodo di meravigliose esperienze insolite bilanciate da difficili episodi di traumi che sono fondamentali per quello che sono”. “Da bambino”, racconta, “mi vestivo con gli abiti di mia madre e delle mie sorelle e mettevo il trucco per gli occhi e le labbra rosse. Sembravo molto più grande ed era un tentativo di sfuggire alla mia vita e viverne un’altra e non essere mai trovato. Ricordo di aver guardato allo specchio il mio viso cadaverico con le labbra rosso intenso e di aver pensato che un giorno ne avrei fatto una foto”. Da lì nasce, evidentemente, il primo, acerbo spunto per molta parte del suo immaginario futuro.

A 15 anni conosce la sua futura moglie, che rimarrà sempre la sua inseparabile compagna di vita. Appassionato di fotografia, va poi a lavorare nel dipartimento di arte e fotografia dell’Hospital For Sick Children di Toronto, un ospedale pediatrico in cui assiste a bambini sofferenti e affetti da ogni tipo di malformazione e di malattia, vittime di abusi e soggetti a dolorose ricostruzioni chirurgiche. Anche questo andrà a sommarsi nella sua fervente immaginazione per la creazione degli strani e malinconici personaggi da cui sono affollati i suoi quadri. Ed è proprio il mescolarsi di elementi narrativi articolati e complessi a fare del suo immaginario un luogo a sé stante, avulso, non riconducibile ad alcun particolare momento storico né far parte del tempo lineare che siamo normalmente abituati a conoscere. “Mescolo tutto”, dice ancora l’artista: “il passato, il presente, il futuro e il mondo del mio subconscio che sembra senza tempo. Avere un disturbo dissociativo dell’identità è come vivere con un tempo distorto. Posso perdermi nel passato o anche in un’altra vita mentre cammino per strada e possono passare ore prima che qualcosa mi faccia uscire da un sogno ad occhi aperti molto profondo”.

Quella stessa, sconcertante impressione che proviamo ogni volta che ci fermiamo a guardare uno dei suoi bizzarri quadri, dove dietro a ogni siepe ci sembra di poter incontrare il sorriso evanescente del gatto del Cheshire – lo Stregatto di Alice nel Paese delle meraviglie –, sotto a ogni parrucca il volto di un personaggio di Tim Burton e sopra ad ogni mensola un orologio liquefatto alla Salvador Dalí.

Ray Caesar

A Perfectly Natural Biological Variation

KochxBos Gallery, Amsterdam

Fino a 30 settembre 2023

Per informazioni e richieste scrivere a: [email protected]

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