Continua la nostra indagine sugli artisti invitati alla Mostra Internazionale della prossima Biennale Arte di Venezia. Un totale di 332 artisti, provenienti da tutti i paesi del mondo e di tutte le generazioni. Le prime sei puntate sono state pubblicate qua (Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 1), qua (Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 2), qua (Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 3) qua (Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 4) e qua (Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 5) e qua (Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 6). Di seguito, ecco la settima puntata. Per raccontarvi ogni artista in poche righe, con un’opera rappresentativa della sua ricerca.
Irwan Ahmett (1975, Indonesia) e Tita Salina (1973 in Palembang, Indonesia)
sono un duo di artisti di Giakarta che ha sviluppato un approccio tattico e interventista come risposta e conseguenza alla vita in una megalopoli di 15 milioni di persone e alle lotte di potere politico contemporanee su larga scala. La loro pratica artistica interviene spesso negli spazi pubblici e da vita a taglienti commenti sociali su problematiche riguardanti lo sviluppo urbano, le catastrofi ecologiche, la repressione politica, le eredità coloniali e lo sfruttamento delle risorse umane ed ecologiche.
La mancanza di sostegno istituzionale in Indonesia ha incoraggiato Ahmett e Salina ad adottare uno spirito auto-organizzato e collettivo. Approdano alla Biennale di Venezia dopo avere esposto le loro opere in istituzioni internazionali e biennali come Bangkok Art Biennale, Bangkok, Thailandia (2020), NTU Centre of Contemporary Art Singapore (2019), Ujazdowski Castle Centre for Contemporary Art, Varsavia, Polonia (2017), Kunsthal Charlottenborg, Copenhagen, Danimarca (2016), Biennale d’Arte Asiatica, Museo Nazionale di Belle Arti di Taiwan, Taichung, Taiwan (2015), Biennale Jogja, Yogyakarta, Indonesia (2015) e Biennale di Singapore (2013). Ahmett e Salina attualmente vivono e lavorano a Giakarta.
Tejal Shah (1979, BhilaI, India)
Nata nel 1979 a Bhilai in India e oggi vive e lavora a Mumbai. L’artista lavora con diversi media come i video, la performance, le installazioni e fotografie. Tejal è solita studiare il corpo umano soffermandosi sul concetto di maschio e femmina e cercando di spiegare cosa possa determinare la mascolinità o la femminilità. I suoi soggetti sono per lo più donne, trans gender o transessuali, spesso emarginati nella storia della rappresentazione ma che si espongono in improbabili pose negli scenari di rappresentazione che costruisce.
Mostra grande interesse per la fotografia d’archivio. Un esempio di studio di vecchie fotografie è dato dalla collaborazione con il ballerino e coreografo Marion Perrin di cui Tejal sviluppa una serie di autoritratti, tra cui Lethargy, con il fine di ricreare alcune delle immagini di quest’archivio.
Chi Yin Sim (Singapore, 1978)
Artista di Singapore, dedica la sua ricerca alla fotografia, alle immagini in movimento, interventi d’archivio, creazione di libri e performance basate su testo scritto. I temi a cui dà maggiore risalto sono la storia, il conflitto, la memoria e l’astrazione. Ha esposto in numerose mostre personali in Europa e Asia e il suo lavoro è stato presentato in biennali e triennali.
Sim ha conseguito due lauree in storia della Guerra Fredda ed è stata attiva nel movimento per i diritti dei lavoratori migranti a Singapore, utilizzando la fotografia e i media a scopo di advocacy, prima di diventare una giornalista pluripremiata e corrispondente estera con sede in Cina per oltre un decennio. Attualmente è a New York come membro dell’Independent Study Program del Whitney Museum e sta completando un dottorato di ricerca al King’s College di Londra. Adesso sta lavorando ad un progetto in più capitoli sulla storia della sua famiglia e sulla guerra di decolonizzazione in Malesia, One Day We’ll Understand – recentemente mostrato alla Biennale di Istanbul 2022.
Hito Steyerl (Monaco, 1966)
Regista tedesco famoso per creare serie di immagini in movimento, è anche scrittore e saggista. I suoi principali argomenti di interesse sono i media, la tecnologia e la circolazione globale delle immagini. I suoi video vanno oltre i confini tradizionali: il reale viene infatti celato da argute metafore e umorismo satirico.
Hito si muove partendo da un’attenta ricerca di materiale d’archivio. Studia interviste e vecchie immagini per poi assemblarle in documentari pedagogici dal forte carattere onirico. Negli ultimi anni ha arricchito il suo lavoro grazie a nuove scoperte in ambito digitale e si è mostrato interessato allo stato dell’arte sotto un punto di vista di riscontro mondiale, anche a livello economico, ponendosi come parte attiva per il superamento di problematiche per lui inaccettabili.
Sweatmother (?, Londra)
Artista e regista latinx trans con sede a Londra che usa tecniche sperimentali e documentari ibridi in collaborazione con attori non professionisti per creare contro-narrazioni nate all’interno della propria comunità e sottocultura. Il suo lavoro con immagini in movimento fonde performance, documentazione auto registrata ma anche Internet e filmati d’archivio al fine di esplorare e rendere visibili le esperienze vissute dai soggetti queer.
Il suo lavoro è stato presentato al London Short Film Festival, Institute of Contemporary of Art, Fringe! Festival del cinema e Minnesota Institute of Art. Recentemente ha ricevuto l’incarico dall’ICA di creare un’opera visiva per k-punk 2021: post capitalist wish, un programma in commemorazione della vita e del lavoro di Mark Fisher. La sua arte visiva è il risultato diretto della sensibilizzazione della comunità, dell’attivismo e della dedizione alla cura queer.
Raphaël Grisey e Bouba Touré (1979, Francia – Mali 1948, Francia 2022)
Raphaël Grisey è nato nel 1979 in Francia, vive e lavora tra Berlino e Trondheim in Norvegia. Bouba Touré è nato in Mali nel 1948 ed è morto in Francia nel gennaio 2022. Raphaël Grisey realizza lavori cinematografici, editoriali e fotografici per affrontare la politica della memoria, l’architettura, la migrazione e l’agricoltura. Bouba Touré era un ricercatore fotografico. Ha studiato all’Università di Vincennes ed è stato proiezionista al Cinema 14 Juillet e L’entrepôt, Parigi. Fotografo dagli anni Settanta, ha documentato la vita e le lotte dei lavoratori e dei contadini migranti in Francia e Mali. Bouba Touré ha fondato la Cooperativa Somankidi Coura nel 1977. Nel 2015 ha pubblicato il libro Notre case est à Saint Denis.
Dagli anni Ottanta Touré ha esposto opere e tenuto conferenze in ambienti associativi e di foyer e più recentemente nel campo dell’arte. Touré e Grisey hanno lavorato insieme per oltre quindici anni su progetti di collaborazione sotto l’attuale nome di Sowing Somankidi Coura, a Generative Archive. Questa collaborazione ha portato a vari workshop, produzioni cinematografiche e teatrali, come quella con il gruppo teatrale Kaddu Yaraax nel 2017 e 2019, nonché a pubblicazioni e testi, come Sowing Somankidi Coura, a Generative Archive.
Nguyễn Trinh Thi (Hanoi, 1973)
Regista, documentarista e videoartista indipendente con sede ad Hanoi. È nota per il suo approccio stratificato, personale e poetico a storie controverse ed eventi attuali attraverso esperimenti con l’immagine in movimento. Considerata una delle pioniere del cinema indipendente del suo paese d’origine, il Vietnam, Thi è considerata la videoartista più importante nella scena artistica contemporanea vietnamita. Svolge un ruolo importante nel cinema nazionale, con opere proiettate in festival e mostre internazionali.
Nei suoi film documentari crea situazioni calme e silenziose evitando le voci fuori campo per consentire alla gente del suo paese di parlare direttamente alla telecamera. Si è sempre mostrata interessata a svelare storie nascoste o mal interpretate della sua cultura d’origine e a esaminare la posizione degli artisti nella società vietnamita.
James Wentzy (1952 Brookings, South Dakota)
Nato il 21 ottobre 1952 a Brookings, nel South Dakota, e si è trasferito a New York City dopo essersi laureato in cinematografia alla Southern Illinois University nel 1976. All’inizio della sua vita a New York, Wentzy ha lavorato come direttore della fotografia per l’industria del porno, poi come stampatore per vari fotografi. Nel 1990 gli è stata diagnosticata l’HIV. Quell’anno si unì agli ACT UP. È produttore e regista per DIVA TV dal 1991 ed è anche archivista video per il progetto di conservazione video degli attivisti contro l’AIDS dell’Estate Project per la Biblioteca pubblica di New York.
Fight Back, Fight AIDS è stato il suo primo lungometraggio documentario. L’obiettivo di Wentzy all’interno di DIVA TV è quello di creare una “rete mediatica nazionale dedicata a riflettere le lotte, i bisogni e lo stato d’animo delle persone colpite dall’AIDS”. Ha lavorato come direttore della fotografia nel film documentario del 2012 su ACT UP, United in Anger: A History of ACT UP. Attualmente è in mostra al MOCA (Museum of Contemporary Art) di Los Angeles.
Želimir Žilnik (1942, Nis, Serbia)
Regista serbo molto conosciuto per essere una delle figure più importanti del movimento cinematografico jugoslavo dell’onda nera degli anni Sessanta e Settanta. Žilnik si pone come un umanista libero e indipendente senza mai apparire vincolato a sistemi politici o ad una precisa espressione artistica. Fin dagli albori i suoi film sono stati provocatori, spudorati, esagerati, sfacciatamente ironici, erotici, cruenti, antiromantici, denuncianti, altamente tabù, a basso budget e non privi di controversie.
Il suo particolare stile di regia è riconosciuto come pionieristico del genere docudrama o docufiction. Molti dei suoi film sono visti come una profezia di eventi futuri, come la disgregazione della Jugoslavia, la transizione economica dal socialismo al neoliberismo, l’erosione dei diritti dei lavoratori e questioni più ampie legate al lavoro e alla migrazione.
Juana Elena Diz (Buenos Aires, Argentina, 1925)
Era l’unica donna del Gruppo Spartacus, che durò dal 1959 al 1968. Pittrice, incisore e ceramista, Diz si è diplomata alla Scuola di Belle Arti Manuel Belgrano e ha frequentato il laboratorio di Vicente Puig. Entra a far parte del Gruppo Spartaco nel 1960 e partecipa a tutte le mostre fino al suo scioglimento nel 1968. Tra il 1975 e il 1976 risiede e lavora nelle Isole Baleari. Le sue opere sono presenti in numerose istituzioni e collezioni, tra cui la Vancouver Art Gallery, la Simon Fraser University (Canada), e in Argentina il Museo di Belle Arti di Santa Rosa, il Museo di Arte Moderna e il Museo Nazionale dell’Incisione.
Come muralista, ha lavorato presso l’Unione Luce e Forza di Mar del Plata (Argentina) e in diversi edifici privati. Ha sempre fatto uso di colori desaturati e forme forti e solide, andando a creare un’iconografia particolare e di forte impatto. Come gli altri del suo gruppo era convinta del potere radicale dell’arte. L’arte rivoluzionaria doveva emergere come espressione monumentale e pubblica al di fuori del circuito di musei, sale e gallerie, al fine di rendere la cultura fortemente democratica.
Tarsila do Amaral (Capivari, Brazil, 1886 – São Paulo, Brazil 1973)
È senza dubbio una delle esponenti più rilevanti dell’arte modernista dell’America latina. Ha fatto a lungo parte del Grupo dos Cinco insieme con Anita Malfatti, Menotti Del Picchia, Mario de Andrade e Oswald de Andrade e ha contribuito alla formazione del Movimento antropofagico, il cui emblema è l’opera Abaporu. Il suo stile risente molto di alcuni viaggi da lei fatti in Brasile. I colori sono vibranti e trasmettono l’esuberanza cromatica delle ambientazioni e dei soggetti tropicali brasiliani. Nel 1926 Tarsila si sposò con Oswald de Andrade e nello stesso anno realizzò la sua prima esposizione personale, presso la Galleria Percier di Parigi. In seguito si trasferisce in Unione Sovietica dove appoggia e abbraccia l’ideologia comunista, fortemente sentita dal suo nuovo compagno, militante politico.
A partire dagli anni quaranta Tarsila ritorna ad uno stile pittorico più simile a quello che aveva caratterizzato la sua produzione degli anni venti. Espone nella prima e nella seconda Biennale di San Paolo e viene omaggiata con una retrospettiva presso il Museo di arte moderna di San Paolo (MAM) nel 1960. Nel 1963 è presente con una sala dedicata alla Biennale di San Paolo e nell’anno successivo espone anche alla trentaduesima Biennale di Venezia.
Saliba Douaihy (1915 Ehden, Lebanon – 1994, New York City)
Si diploma con lode all’École Nationale Supérieure des Beaux Arts de Paris. Nel 1936 torna in Libano dove inizia la sua attività di pittrice e ottiene anche una cattedra presso il Collège de la Sagesse. Dagli anni Quaranta il suo stile prende derive cubiste e le forme architettoniche dei paesaggi vengono decostruite. Nel 1950 si trasferisce a New York dove viene a contatto con i vari artisti presenti sulla scena artistica americana come Rothko, Hans Hofmann e Reinhardt e, sebbene non si unì mai ad alcun gruppo o movimento artistico, ne assorbì stili e caratteristiche, segnando un vero e proprio spartiacque con la sua precedente produzione.
Nelle sue opere ci sono chiari segni di rimando all’espressionismo astratto e alle semplici composizioni geometriche tipiche di quegli anni. Caratteristica peculiare dei suoi paesaggi è data dalla prospettiva da lei ricreata: lo spettatore pare guardare da lontano un villaggio attraverso un telescopio.
Dullah (1919, Surakarta, Indonesia -1996, Yogyakarta, Indonesia)
Sua madre lavorava con il batik e dipingeva. Come molti altri artisti indonesiani moderni, era un autodidatta a causa della mancanza di un’adeguata educazione artistica. Secondo Dullah, ha imparato molto dagli artisti Affandi e Soedjojono che facevano parte del movimento indipendente Putera (Pusat Tenaga Rakyat) guidato, tra gli altri, da Sukarno e Mohammed Hatta. Ha prodotto alcuni dipinti di importanza storica raffiguranti la battaglia contro l’esercito olandese. Dal 1950 al 1960 fu il primo artista di palazzo ufficiale del presidente Sukarno.
Nel 1956 selezionò 206 dipinti dalla sua collezione privata che sono raffigurati e documentati in una lussuosa pubblicazione in 2 parti, stampata in Cina. Dopo che Dullah smise di lavorare come artista di palazzo, andò a Solo, dove divenne co-fondatore di un’associazione di artisti. In seguito soggiornò molte volte a Bali dove fondò un laboratorio di arte realistica (Pejeng Art Center, Bali). Nel 1970 ha aperto un museo a Solo, dedicato al suo lavoro ma dove sono esposte anche opere, tra gli altri, di Sukarno e Raden Saleh.
(schede a cura di Sofia Marzorati)
La prossima puntata la trovate qua: Speciale Artisti Biennale 2024 (pt. 8)