Ancora su Emanuele Giannelli, scultore dell’uomo “polimorfo”

“Sospeso come le mie opere, pervaso da dubbi sul contemporaneo, desideroso di indagare il caos e dargli forma” scrive lo scultore Emanuele Giannelli di sé e della sua poetica.

Sono gli ultimi giorni per visitare Humanoid, la mostra che vede protagoniste le sue opere ambientate nelle sale della Galleria San Ludovico, luogo espositivo nato dall’ala sconsacrata dell’ex chiesa di San Ludovico, visitabile fino al 19 maggio, a cura di Camilla Mineo in occasione di Parma 360 Festival della creatività contemporanea. L’artista utilizza la materia plastica come mezzo mediante il quale indagare le derive del contemporaneo. Le sue opere, spesso creature androcentriche, che rappresentano un’umanità futuristica, visionaria, sono un connubio bilanciato tra “arte figurativa e arte concettuale”. 

Emanuele Giannelli riflette, mediante media eterogenei sulla forza del dubbio e l’incertezza esistenziale caratteristica della liquidità della società contemporanea. Sono in mostra una quarantina di figure di grandi dimensioni che, come un’umanità imperfetta, suscitano nello spettatore un senso di angosciante irrequietezza. La poetica di Emanuele Giannelli è la poetica dell’umano nell’istante in cui l’uomo smarrisce se stesso. Alla stregua di quel soggetto nomade teorizzato da Rosi Braidotti, l’uomo di Giannelli è nomade poiché polimorfo, metamorfico, pervaso da una perenne esperienza di smarrimento fisico ed esistenziale, da un comune senso di incomunicabilità e distanza sociale.

L’antiuomo di Giannelli pare l’antitesi assoluta della scultura classica e neoclassica per eccellenza. L’esaltazione della bellezza ideale, la volontà di scolpire nella materia marmorea l’eleganza del volto o il ritmo cadenzato del movimento umano, della forza fisica e muscolare, sono negate da una volontà d’immortalare l’imperfezione dell’uomo per restituirgli veridicità, realtà e crudezza. Negarne l’idealizzazione e l’unicità sembrano i presupposti della scultura dell’artista contemporaneo, che utilizza spesso la serialità e la riproducibilità memore di Andy Warhol. 

In mostra sono esposte le opere più recenti dell’artista, realizzate prevalentemente attraverso l’uso di resina e ceramica. La grande umanità giannelliana è presente in mostra attraverso gruppi scultorei composti da singole figure o da gruppi che interagiscono tra loro, in atteggiamenti eterogenei e non codificati. 

I grandi omoni che costellano la produzione dell’artista rispecchiano l’era del post-umano, si tratta del superamento dell’uomo stesso attraverso corpi ibridi, che si fanno tutt’uno con protesi tecnologiche, binocoli, visori. L’armamentario tecnologico di cui essi si compongono non fa che contribuire all’allontanamento dell’uomo dallo spettatore, e al proprio spaesamento; esso sembra essere un extra terrestre umano. Giannelli sembra porre una tacita insinuazione: che la tecnologia, il progresso digitale che comporta, l’intelligenza artificiale, le nuove tecnologie abbiano indotto l’uomo ad allontanarsi da sé? Non c’è una risposta, solo domande. Quesiti che si affastellano nella mente dell’uomo, protagonista indiscusso della scultura dell’artista. «Al centro del lavoro dello scultore c’è l’Uomo, indagato nel suo essere contemporaneamente primitivo e futuristico, umano e non umano, in bilico fra uno stato primigenio (l’ironica Monkey Tribù) e un futuro incerto e globalizzato.»

Totem Tooth, è un’opera inedita che invita alla necessità di ridimensionare l’uomo rispetto alla sua presenza nell’universo. Le sculture umanoidi presenti nella galleria San Ludovico sembrano uno specchio esistenziale che riflette un’umanità in cui l’omologazione ha preso il sopravvento; personaggi seriali, inespressivi, alienati sono spesso dotati di numeri seriali sul petto. Truppe statiche e spaventosamente stranianti sono immerse nello spazio espositivo silenzioso e significante, ed invitano lo spettatore ad interrogarsi sul futuro, già presente.

È un invito esplicito alla meditazione del contingente, del contesto sociale e culturale in cui siamo immersi. «Le opere di Giannelli» come scrive la curatrice Mineo, «spingono a una riflessione profonda sul momento storico che stiamo vivendo, sul rapporto dell’uomo con la tecnologia, sull’incapacità di comunicare fra di noi in un mondo ultra connesso (Stati di allerta) e sul ruolo che l’essere umano avrà nel futuro del mondo». 

Giannelli è stato inoltre protagonista, lo scorso maggio presso la fiera CIBUS, di una performance di arte e cibo “ALFABETO OBIC per EMANUELE GIANNELLI”, un progetto di Anna Paola Lo Presti con Gianluca Marziani. “Alfabeto OBIC” ha infatti raccontato e decodificato il codice gustativo nell’opera d’arte, permettendo ai partecipanti di osservare le opere e poi assaporarne il gusto attraverso una “translitterazione” dell’opera di Giannelli in una pasta di biscotto con fragilità di zucchero. OBIC rappresenta un ragionamento polisensoriale sul cibo, che nel contesto di CIBUS diventa un anello di congiunzione per parlare di cibo dell’anima e cibo del corpo, proponendo un momento di riflessione nella chiesa sconsacrata, luogo d’arte e spazio spirituale. A seguire, la Chiesa di San Ludovico è stata animata dalla performance di luci e suoni di Holograph, che dialogheranno con le sculture di Giannelli in un’originale interazione tra suono, design, elettronica, informatica e arte contemporanea.

L’artista è ulteriormente presente in occasione di Parma 360 con l’installazione site-specific Mr.Arbitrium, una scultura monumentale che sembra agire attraverso una duplice interpretazione, ovvero esso pare intenda sia di sorreggere che di spingere la chiesa di San Francesco d’Assisi, anche interpretazione è sempre affidata allo spettatore. 

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