Da sabato 1 giugno l’importante polo museale perugino di Palazzo della Penna è finalmente tornato ad essere pienamente fruibile al pubblico. Collocato nel pieno centro storico di Perugia, oltre a conservare il più importante archivio di opere del perugino futurista Gerardo Dottori, il museo civico di Palazzo della Penna conserva nelle sue collezioni permanenti le 6 preziose lavagne tematiche di Joseph Beuys, frutto dello storico incontro con Alberto Burri del 3 aprile 1980 alla Rocca Paolina di Perugia, quando i due autori affermarono pubblicamente la loro indipendenza nei confronti del sistema dell’arte.
Rinnovato in gestione e nei suoi servizi di caffetteria e bookshop, il museo civico di Palazzo della Penna riprende in grande spolvero la sua programmazione ospitando un interessante viaggio nella cultura visiva degli anni sessanta. Psichedelia è infatti il titolo della corposa mostra a cura di Carlo Terrosi che celebra quel fenomeno estetico internazionale che tra gli anni Sessanta e Settanta funse da forte collante generazionale, riuscendo a recepire al suo interno istanze eterogenee: dalla contestazione alle contro-culture giovanili, dalle più attuali sollecitazioni artistiche alla musica e la cultura pop, lasciando un segno indelebile nella storia della cultura in grado di influenzare il gusto estetico fino ai giorni nostri.
Partendo dalla Beat Generation, espressione coniata da Jack Kerouac già nel 1948, passando per l’iconico “Magic Bus” che girò l’America sulle orme di On the Road, mito indiscusso di tutti gli hippies degli anni Sessanta, si giunge alla San Francisco della Summer of Love lungo un percorso espositivo articolato nelle numerose sale al secondo piano del museo, che termina con la video arte e i flyers originali dei free rave party della fine degli anni Novanta, in un percorso in cui sono presentati oltre 70 manifesti originali, opera dei principali autori della grafica psichedelica, alcune riedizioni provenienti dagli archivi americani e edizioni speciali firmate dagli artisti.
Le opere sono ordinate in tre grandi sezioni dedicate ai poli principali di elaborazione e diffusione della cultura psichedelica tra San Francisco, Londra e l’Italia. Oltre alla sezione grafica, la mostra presenta anche documenti sul rapporto tra cinema, pubblicità e psichedelia, dischi, foto, video, fumetti e rare riviste d’epoca.
Tra gli autori in mostra figurano i cosiddetti Big Five (Wes Wilson, Stanley Mouse, Alton Kelley, Rick Griffin e Victor Moscoso), un gruppo di disegnatori i cui manifesti realizzati per i primi concerti di Jimi Hendrix, Janis Joplin, Grateful Dead, Jefferson Airplane, The Doors, Frank Zappa, Pink Floyd tenuti al Fillmore Auditorium e all’Avalon Ballroom di San Francisco, segnarono la nascita della grafica psichedelica.
Nella San Francisco del movimento hippy e della contro-cultura, infatti, questi manifesti divennero subito popolari e fu facile accorgersi che non si trattava solo di una banale reclame ma dell’emergere di una nuova forma di arte grafica che faceva proprie e rielaborava suggestioni provenienti da importanti filoni stilistici come l’Optical Art, l’Art Nouveau, il neo-orientalismo e il Surrealismo, rappresentando a pieno l’emergere di un nuovo fenomeno culturale: la Psichedelia, con le sue ampie diramazioni tra musica, poesia, cinema e fumetto, e di un nuovo stile grafico, definito dal critico George Melly Nouveau Art Nouveau.
Negli stessi anni, anche Londra si colora delle luci e degli arabeschi psichedelici e la band più importante dell’epoca, The Beatles, rende iconica la cultura psichedelica attraverso le fotografie di Richard Avedon realizzate per la promozione dell’album Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (1967), manipolate in chiave psichedelica dal grafico Hallen Hurlburt, che danno vita a quattro poster oggi parte delle collezioni permanenti di importanti Musei, come il MOMA di New York o il Victoria & Albert Museum di Londra e scelti per la copertina della mostra perugina nella versione con protagonista John Lennon.
È questo il momento in cui la psichedelia arriva anche in Italia, a Milano, dove Fernanda Pivano, Ettore Sottsass e Allen Ginsberg nel ’67 danno vita alla rivista “Pianeta Fresco“, pubblicata in due soli numeri in 300 copie, sperimentale sia dal punto di vista contenutistico che grafico, con prestigiose collaborazioni, tra le quali si ricordano quelle di Andrea Branzi e Archizoom, Piero Gilardi e Michelangelo Pistoletto.
Intanto a Roma, sempre nel ’67, Mario Schifano seguiva l’esempio di Andy Warhol con la band Velvet Underground: oltre a dare il nome a un proprio gruppo musicale, Le Stelle di Mario Schifano, per il quale realizza la copertina dell’unico LP prodotto, ne fa l’estensione della propria opera cimentandosi nell’attività di impresario e organizzatore di concerti. L’artista italiano si occupò anche della grafica e delle fotografie di diversi album della band italiana Equipe84 presenti e apprezzabili in mostra.
La mostra, visitabile fino al 15 settembre 2024, è prodotta dalla Cooperativa le Macchine Celibi e dall’associazione BoArt di Bologna in collaborazione col Museo CAOS di Terni e patrocinata da ABA Accademia di Belle Arti Pietro Vannucci di Perugia, ADI Delegazione Umbria, dell’ADCI, Art Directors Club italiano.