Nel libro La caffettiera del masochista Donald Norman spiegava come, nonostante le persone abbiano tratti comuni, l’idea di progettare per tutti in maniera indistinta non fosse affatto realistica né percorribile.
La ricerca dell’accessibilità, che ha avuto il suo boom in Italia a seguito delle Leggi 41/1986 e 104/1992, con l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di elaborare il Piano per l’eliminazione delle Barriere Architettoniche (PEBA) ha fatto sì che ci si rendesse conto ‘sul campo’ di quanto rendere accessibile un luogo sia questione estremamente complessa.
Le professionalità in gioco sono infatti consapevoli sia che le azioni intraprese per rendere maggiormente fruibile un luogo e i suoi contenuti culturali possono rappresentare una criticità per altri profili di utenza, sia dei limiti intriseci all’architettura stessa e al rispetto della sua storicità.
Così, più che un obiettivo da raggiungere l’accessibilità può essere considerata come un processo vitale in cui si è costantemente in ascolto delle esigenze individuali che diventano occasione per rimettere in discussione le scelte compiute e per creare nuove soluzioni mai definitive.
Questo è quanto il Florence Accessibility Lab (FAL) del Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze si è proposto di fare incaricando l’arch. PhD Mirko Romagnoli che, in qualità di assegnista di ricerca, ha elaborato un progetto interessante in due contesti molto significativi quali il Giardino di Boboli e il vicino Giardino delle Scuderie Reali.
Tale ricerca, cofinanziata dalla Regione Toscana con le risorse del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione 2014-2020 nell’ambito del programma “Giovani sì”, ha obiettivi sperimentali di trasferimento dei contenuti metodologici del Piano per l’Accessibilità, destinato ai comuni, ai casi particolari del patrimonio culturale e dei giardini storici.
Il progetto non ha l’ambizione di redigere un piano per l’eliminazione delle barriere architettoniche completo e definitivo ma piuttosto di immaginarlo come un documento continuamente aggiornabile, implementabile e modificabile nel tempo a seconda delle diverse esigenze del luogo: dalla raggiungibilità alla mobilità, dall’orientamento e dal wayfinding al comfort, dalla sicurezza all’accessibilità ai contenuti culturali di architetture, opere d’arte e specie botaniche ivi custodite.
Il celebre Giardino mediceo di Boboli, nel Centro storico di Firenze, infatti si estende per trenta ettari nell’area in forte pendenza a sud dell’Arno, rappresentando l’elemento di raccordo tra paesaggio urbano e zona collinare. Il Giardino delle Scuderie Reali, che risale al periodo di Firenze Capitale, è contiguo alla parte meridionale dello stesso Boboli, ma ha una caratterizzazione morfologica pianeggiante e una vocazione sociale completamente diversa essendo il suo accesso gratuito, non controllato, poco turistico.
Interessante è quindi quanto si ripropone di fare il Florence Accessibility Lab che si fa carico delle peculiarità specifiche dei luoghi oggetto di studio ne analizza storia, vocazione, elementi topografici, geografici, podologici e identitari in genere cercando di cogliere il genius loci del contesto al fine di renderlo non solo accessibile ma anche inclusivo.
In questo modo, le potenzialità architettoniche ed estetiche del luogo vengono colte come una tensione al fare, al valorizzare ogni aspetto, in un continuo dialogo “ecosistemico” che come tale contribuisce al continuo coinvolgimento di tutti e si pone come generativo di relazioni, veicolo di possibilità vitali e necessarie allo sviluppo del progetto stesso e quindi della storia del luogo.
Non si cerca di giustapporre interventi a strutture preesistenti al solo fine di adempiere agli obblighi normativi ma, seguendo i principi dell’Universal Design, ci si propone di assumere un approccio progettuale sociale ed estetico che, nel nome di una collaborazione radicale, metta in discussione e dialoghi con tutte le istanze che provengono dalle esigenze individuali (e perciò molteplici), nella consapevolezza che più eterogenei e connessi saranno gli elementi presi in considerazione maggiore sarà la partecipazione prodotta.
In questo modo, l’aumentare l’accessibilità dei luoghi, nel rispetto dei valori storici e sociali che gli sono propri, diventa un miglioramento inclusivo del patrimonio culturale, perché da esso tutti possono trarre beneficio.
Il Piano per l’Accessibilità è quindi utile per affrontare la vasta gamma di casi particolari, che, sebbene caratterizzati da esigenze non sempre conciliabili, permette in grande misura di garantire a tutti pari opportunità di accedere a contesti che abbiano a cuore la partecipazione di ogni individuo, nella consapevolezza che un bene culturale è tale solo se non si isola dal contesto sociale di riferimento e se la sua fruizione viene sempre garantita a tutti.