È stato presentato ieri, in Triennale Milano, “Siris”, un progetto che nasce da un’idea ambiziosa: fondere l’arte contemporanea con le radici profonde della nostra storia antica. E già qui si potrebbe aprire una riflessione, perché il rischio, in questi casi, è sempre quello di forzare il passato a piegarsi alle sensibilità di oggi, tralasciando filo di quel silenzio millenario che luoghi come il Parco Archeologico di Herakleia a Policoro (MT) conservano ancora. Ma qui, fortunatamente, non siamo di fronte a una forzatura.
L’intervento, curato da STUDIO STUDIO STUDIO di Edoardo Tresoldi con la direzione artistica di Antonio Oriente, ha la straordinaria capacità di rispettare il contesto, di dialogare con esso senza sopraffarlo. Gli artisti coinvolti – Gijs Van Vaerenbergh, il duo belga dalla sensibilità architettonica, la spagnola Selva Aparicio, e l’italiano Max Magaldi – si sono mossi con una delicatezza rara. Il loro approccio, che potremmo definire ossequioso nei confronti della storia, non rinuncia alla forza espressiva della contemporaneità, ma piuttosto la incanala in un racconto che valorizza, senza stravolgere.
Il Parco Archeologico di Herakleia, questo spazio sospeso nel tempo nella piana costiera ionica della Basilicata, accoglie importanti vestigia come il Tempio Arcaico e il Santuario di Demetra. Opere in rovina, se vogliamo, non solo per il passare del tempo, ma anche per quel velo d’indifferenza che troppo spesso le ricopre. “Siris”, con il suo progetto sperimentale, cerca di risvegliare la percezione di questi luoghi sacri, di restituirne la monumentalità perduta, ma senza ricostruirla. La rovina resta rovina, ma acquisisce una voce nuova, contemporanea.
Prendiamo l’opera di Gijs Van Vaerenbergh, che interviene nel sito del Tempio Arcaico con la sua “Rovina Inversa”. Geniale l’idea di ribaltare il processo di scomparsa di un’architettura e di restituire solo la parte superiore del tempio con un colpo di scena visivo, un rovesciamento del consueto. Le strutture reticolari, attraverso cui i visitatori possono camminare, offrono una nuova prospettiva sulla monumentalità dell’antico edificio. È come se il tempo si fosse fermato a metà, lasciandoci intravedere ciò che era e ciò che non è più.
E poi c’è Selva Aparicio, il cui intervento nell’area del Bosco Sacro è una sinfonia in sette sculture che richiamano le edicole votive rurali. Un cammino immerso nella vegetazione che non è solo un percorso fisico, ma spirituale, meditativo, che accompagna il visitatore verso le rovine del Santuario di Demetra, attraverso un luogo di culto che sa di mistero e di devozione antica. Qui, la natura e il sacro si incontrano in una simbiosi che comunica spiritualità e riti di fertilità.
Ma forse l’opera che meglio rappresenta il cuore di “Siris” è quella di Max Magaldi, con la sua sonorizzazione immersiva. Magaldi riesce a fare una cosa rara: dare suono al passato. Il suo lavoro, realizzato in collaborazione con Claudia Fabris, è un viaggio sonoro che non sovrasta, ma accompagna. Grazie a un’APP, i visitatori vivono una “Natura aumentata”, con suoni che emergono, si attivano, si dissolvono, in perfetta sintonia con i passi di chi attraversa il parco. È la voce della terra, delle rovine, della storia.
Tutto questo sarà raccontato dal regista Giovanni Troilo, che documenterà ogni fase del progetto, dai sopralluoghi alle installazioni, restituendo in immagini quello che già promette di essere un’esperienza visiva e sensoriale di grande impatto. “Siris” è un esperimento riuscito, che ci invita a riflettere sul dialogo tra antico e moderno, tra arte e archeologia, senza mai cadere nella banalità della pura decorazione. È un progetto che, per una volta, non cerca di ricostruire, ma di farci immaginare. E, in questo, sta tutta la sua forza.