Si è appena conclusa l’ultima edizione del World Economic Forum (WEF) a Davos, il summit globale che ogni anno riunisce leader di politica, economia, scienza e cultura per affrontare le sfide più pressanti del nostro tempo. Fondato nel 1971 dall’economista Klaus Schwab, il Forum ha consolidato il proprio ruolo come spazio di visione e dibattito, un laboratorio di idee in cui convergono temi cruciali come il cambiamento climatico, l’intelligenza artificiale e la sostenibilità.
Se un tempo l’arte aveva un ruolo marginale in questo contesto, oggi è diventata un elemento strategico, capace di catalizzare il cambiamento e tradurre i grandi temi globali in un linguaggio emozionale e immediato. Il WEF Arts Program, istituito per dare voce alla creatività nel dibattito internazionale, dal 1995 assegna il prestigioso Crystal Award, un riconoscimento a personalità del mondo artistico che hanno avuto un impatto significativo sulla società. Olafur Eliasson, Ai Weiwei e Marina Abramović sono solo alcuni degli artisti che negli anni hanno contribuito con le loro opere a sensibilizzare il pubblico su tematiche ambientali e sociali.
L’edizione 2025, tenutasi dal 20 al 24 gennaio, ha avuto come tema centrale “Collaborazione per l’Era Intelligente”, una riflessione sulle implicazioni etiche e sociali dell’intelligenza artificiale e sulle sfide della transizione ecologica. Joseph Fowler, direttore del programma artistico del WEF, ha orchestrato una serie di eventi culturali che hanno spaziato da installazioni interattive a performance musicali immersive, con l’obiettivo di connettere tecnologia, creatività ed emozioni.
Uno dei momenti più suggestivi è stato il Concerto di Apertura, incentrato sullo scioglimento dei ghiacciai in Antartide, in linea con la dichiarazione del 2025 come Anno Internazionale della Conservazione dei Ghiacciai. La serata ha combinato visualizzazioni immersive generate dall’intelligenza artificiale, una colonna sonora elettronica e musica dal vivo, con la partecipazione della cantautrice Ane Brun, del tenore indigeno Jeremy Dutcher, del soprano Danielle de Niese e della Morphing Chamber Orchestra. A dare un ulteriore impatto visivo ci ha pensato il solito Refik Anadol, orma alla sua terza partecipazione e sempre più artistar del momento, con una monumentale installazione immersiva che utilizza un’intelligenza artificiale ‘etica’, alimentata da energie rinnovabili. Dopo aver esplorato il tema delle barriere coralline, il focus è ora sui ghiacciai, con un’opera in cui milioni di immagini raccolte in Islanda e Antartide si trasformano in paesaggi digitali proiettati sulle pareti, mentre un’orchestra accompagna dal vivo. L’impatto estetico è notevole, del resto Anadol è un vero maestro nella creare installazioni spettacolari.
Ancora Sougwen Chung, artista e ricercatrice sino-canadese, ha presentato l’installazione “Spectral”, un’installazione che collega le onde cerebrali a bracci robotici, generando disegni in tempo reale. L’opera utilizza un sistema robotico avanzato, D.O.U.G._4, collegato alle onde cerebrali dell’artista, traducendo i suoi pensieri in movimenti delicati su una tela trasparente. Questa sinergia tra intelligenza artificiale e espressione umana offre una meditazione profonda sulle possibilità di co-creazione tra mente e macchina e affronta il concetto di autorialità.
Chung ha iniziato il suo percorso con la computazione quasi 15 anni fa, ponendosi domande essenziali come: “Cosa significa co-creare con una macchina? Dove finisce essa e dove inizio io?”. Il suo progetto del 2017, “Memory”, è stato acquisito dal Victoria and Albert Museum di Londra nel 2022, diventando il primo modello di intelligenza artificiale a entrare nella collezione di una grande istituzione culturale.
Anche il mondo della moda ha avuto il suo spazio a Davos, con lo stilista svizzero Kévin Germanier che ha presentato una collezione all’insegna dell’upcycling, trasformando materiali di scarto in capi dal forte impatto estetico. Il suo lavoro rappresenta una svolta nel settore, spesso criticato per l’elevato consumo di risorse, dimostrando come il lusso e la sostenibilità possano coesistere.
Sul fronte della fotografia, la biologa marina Cristina Mittermeier ha esposto la mostra “Hope”, un progetto che racconta il legame tra l’umanità e la natura attraverso immagini potenti e suggestive. Mittermeier ha trascorso decenni viaggiando attraverso oltre 130 paesi e tutti i continenti, catturando con la sua lente la bellezza della biodiversità mondiale e la saggezza di coloro che rispettano l’equilibrio ancestrale della Terra. La mostra presentava oltre 130 fotografie che intrecciano la narrazione personale dell’artista con storie visive significative, offrendo una prospettiva ottimistica sulle questioni ambientali. Le immagini spaziano dalla maestosità di una balena che emerge per respirare, alla potenza silenziosa dei baobab del Madagascar, fino alla straordinaria resilienza di comunità come i Kayapó, impegnati nella salvaguardia della foresta amazzonica.
Tutto bello, ma iniziative come queste rischiano di relegare l’arte a sola cornice evocativa, con installazioni spettacolari e mostre che suscitano emozioni e consapevolezza spicciole dalla durata di pochi minuti (magari anche un po’ di più, come nel caso del concerto). La vera sfida sarebbe integrare l’arte e la creatività nelle discussioni economiche e politiche, insomma nei processi decisionali. Inoltre, la contraddizione tra il messaggio dell’arte e la realtà del WEF è evidente: si parla di sostenibilità mentre centinaia di jet privati atterrano a Davos.
Per rendere l’Arts Program più incisivo, il WEF dovrebbe sostenere progetti artistici sul campo, portando la creatività fuori dai confini elitari dell’evento e dentro le comunità più colpite da crisi ambientali e sociali. L’arte non deve essere solo un’ispirazione, ma un catalizzatore di soluzioni concrete. Finché resterà confinata a un’installazione emozionante senza conseguenze tangibili, continuerà a essere un bellissimo sfondo, ma mai il vero protagonista del cambiamento.