Un’opera effimera: che svanisce nel momento stesso in cui la vivi. Straordinaria per quanto brevemente percettibile e per questo estremamente preziosa. Quella di Food Ensemble è una performance: musicale, culinaria, artistica, che vive solo “attraverso l’esperienza di chi ha partecipato”. È il primo concerto che puoi mangiare, un momento in cui il coinvolgimento sensoriale è il fine ultimo.
La band – così amano definirsi – è composta dagli Chef Andrea Reverberi e Marco Chiussi, i cui suoni – all’atto del fermento creativo-culinario – vengono magistralmente campionati e trasformati in musica dal vivo da Francesco Sarcone, musicista e sound designer del gruppo. I piatti “ascoltati” – preparati live -, vengono infine serviti: la percezione del pubblico che presenzia è quella di un evento musicale durante il quale si osserva, si annusa e si gusta. I tanti, differenti input sollecitano e pizzicano i sensi: l’esperienza raccoglie la quasi totalità delle possibili percezioni.
La sensazione che si ha, nell’assistere ai concerti di Food Ensemble, è quella di una “sbirciatina” dietro le quinte di uno spettacolo teatrale, un occhio privilegiato e raccomandato su ciò che solitamente non è accessibile nel fine dining. Quel “tocco di magia” che ci viene celato è finalmente sotto ai nostri occhi. Possiamo fiutare, intuire e fantasticare: assaporarlo nel nostro immaginario ancor prima di gustarlo.
D’altronde uno spettacolo più “articolato e teatrale” sembra essere il futuro a cui guardano i protagonisti della band. “La ‘leggibilità’ della performance per il pubblico ci spinge a studiare nuove gestualità ed espedienti visivi, come l’uso di live visuals, per rendere l’esperienza più chiara e coinvolgente. Le forme stabilite della cucina sono diventate negli anni sempre più facili da rompere per noi, e oggi ci sentiamo sempre più sicuri nel proporre qualcosa che ha come obiettivo primario nutrire l’anima attraverso un’esperienza artistica.“
Ma dove si colloca un progetto come Food Ensemble in un momento in cui l’argomento cibo è così sovraesposto? Il concerto – ovvero la forma primaria di fruizione dell’idea – unisce due momenti, quelli di performance e musica che inevitabilmente confluiscono in un rituale: “È un rituale che tutti conosciamo e che ha radici ancestrali: il pasto. Interpretato in chiave musicale, diventa ancora più profondo e totale” spiega Francesco Sarcone “Musica e cucina si intrecciano costantemente: a volte la musica segue il ritmo della preparazione, altre volte è il cucinare stesso a essere influenzato dal ritmo musicale.”
Tra performance e musica decade quindi qualsiasi tipo di egemonia. L’incessante interazione di questi due momenti – inizialmente distinti -, permette un infinito scambio tra le parti, tanto che gli Chef, coinvolti in questo infinito processo di dare-avere, arrivano a cucinare seguendo il ritmo, sulla scia di una trance artistica.
Ecco quindi che si compie il rituale, una performance che celebra la sacralità del cibo, una liturgia del dono antropologicamente più riconosciuto. Non solo all’atto del cucinare, ma anche e soprattutto la successiva consumazione in comunità. Un collettivo implicitamente consapevole di quelle che sono le regole di un cerimoniale ben preciso. Perché ritrovarsi a cena è bello, ma ascoltare lo storytelling dei propri piatti, è ancora meglio.