A Bologna la pittura “installativa” di Peggy Franck

“È complicato provare a definire il lavoro di Peggy Franck fissandolo nei limiti di una definizione univoca e di un medium specifico. La sua pratica può avere un carattere inafferrabile e sfuggente: pittura espansa, installativa, a vocazione scultorea? Oppure pittura e basta, pittura come impronta dell’individualità, la cui cornice è lo spazio tutto intero? Pittura, scultura e fotografia coesistono nel suo lavoro e in relazione tra loro, come termini equivalenti, che le permettono di comporre un’immagine muovendosi tra diverse possibilità combinatorie e azioni reversibili“.

Così Davide Ferri, curatore della mostra, apre In a Naked Room, mostra personale dell’artista olandese Peggy Franck allestita a Bologna a Palazzo De’ Toschi come parte del programma ART CITY Bologna in occasione di Arte Fiera. 

L’artista si confronta con gli spazi di Palazzo De’ Toschi, alludendo alla presenza di un corpo che abita quella stanza. Franck ci dice che la stanza è nuda, ma chi è la stanza? La stanza è lei, è il suo corpo artistico fatto di grandi lastre di alluminio su cui rimangono impressi i movimenti come tracce del suo passaggio.

Veduta dell’installazione / Installation view

Per diversi giorni durante il mese di gennaio Franck ha abitato lo spazio per studiarlo e comprenderlo, per fare del salone un unico corpo con lo spettatore che, come in una danza, ruota attorno ad esso. L’invito dell’artista sembra quello di partecipare al suo corpo: ti accoglie in un abbraccio di colori e pennellate immense che si mescolano in una cromia leggera e armoniosa.

La pittura, così disposta, suggerisce l’organizzazione di colori e volumi. Uno scambio senza fine, al centro e sui lati, dal corpo pittorico al corpo dello spettatore che continua a muoversi. Così il Salone è spogliato da qualsiasi elemento di disturbo: tutta l’attenzione è per il corpo di pennellate verticali, orizzontali, puramente segniche e gestuali che si intrecciano in una trama perfettamente bilanciata.

Karmic affinities (II), 2025 Materiali vari, lampada da terra di Freek Wambacq / Diverse materials, standing lamp by Freek Wambacq Dimensioni variabili / Dimensions variable

L’elemento pittorico risulta scomponibile, adattandosi alle diverse superfici del salone e dando vita ad una spazialità frammentaria e disarticolata. L’alluminio, inoltre, riflette le luci attentamente studiate da Franck e gioca con la stratificazione delle pennellate, con il movimento del visitatore e con la luce stessa dell’ambiente. In un gioco di specchi, l’esposizione propone un dialogo fatto di stratificazioni tra segni, luci e corpi. 

La sala è dominata dalla grande opera su fogli di alluminio, ma attorno ad essa si trovano altre opere disseminate nello spazio, contribuendo a creare un ambiente che appare precario, quasi disordinato, con un senso di casualità.

Fixed Blindness (Push, Pull), 2022 Stampa C-print incorniciata / C-print in frame 198 x 165 cm & Backward streaming hair, 2025 Sedie, materiali vari / Chairs, diverse materials

Tra queste, spicca Fixed Blindness (Push, Pull) (2022), una stampa incorniciata, sorretta da un gruppo di sedie impilate. Intorno, una serie di materiali eterogenei: una decorazione a bassorilievo, stoffa sparsa, fili di rame aggrovigliati, spaghi colorati e tubi di cartone. Sono tutti materiali di recupero, raccolti dall’artista per strada o rinvenuti nello stesso spazio espositivo, che incorniciano idealmente una grande fotografia alta quasi due metri.

L’artista ha inoltre posizionato all’ingresso della mostra una grande fotografia che cattura un dettaglio dell’opera centrale, In a naked room. In questo modo, il percorso espositivo sovverte l’andamento lineare della visita: il pubblico si confronta inizialmente con una rappresentazione mediata – una fotografia di pennellate – per poi scoprirne la totalità solo più avanti nel percorso.

Veduta dell’installazione / Installation view

Il gioco di Franck è quello di sovrapporre punti di vista e prospettive per diventare parte del concetto stesso di pittura per l’artista, intesa come un flusso indistinto e totalizzante di materiali e significati. Lo scultoreo, il pittorico, il fotografico esistono nell’opera di Peggy in relazione tra loro, come termini equivalenti che le consentono di comporre un’immagine muovendosi tra diverse possibilità combinatorie.

Ferri suggerisce una possibile chiave di lettura: “Si può parlare di pittura a condizione di riconoscere la tavolozza di Franck come un insieme variegato e composito, e di accettare che il supporto dell’artista non sia una semplice tela appesa alla parete, ma lo spazio nella sua interezza. La sua pratica si configura quindi come un processo di composizione, in cui elementi eterogenei si uniscono per costruire un’opera che abbraccia l’intero ambiente espositivo“.

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