Dal 14 novembre 2024 al 19 gennaio 2025, la Triennale Milano presenta la mostra Davide Allieri. After All, a cura di Damiano Gullì, curatore per Arte contemporanea e Public program della Triennale. L’esposizione, pensata appositamente per il suggestivo spazio dell’Impluvium, raccoglie opere inedite che esplorano tematiche distopiche, intrecciando sperimentazione materiale, riflessioni sul tempo e sullo spazio, e suggestioni visive provenienti dal cinema, dal teatro e dalla fantascienza.
Le opere di Allieri immergono lo spettatore in un mondo post-apocalittico, un paesaggio dell’abbandono dove il presente e il futuro si fondono in una narrazione inquietante. In questo scenario immaginario, l’umanità sembra aver perso la propria battaglia per la sopravvivenza, lasciando dietro di sé frammenti e resti di una civiltà ormai estinta. Attraverso un linguaggio visivo potente e originale, l’artista mette in scena una riflessione sull’incertezza del nostro tempo, trasformando lo spazio dell’Impluvium in una sorta di set cinematografico intriso di tensione emotiva e simbolica.
Al centro della ricerca di Allieri vi è l’idea di dispositivi-guscio, strumenti progettati per proteggere e isolare, ma che nel contesto della mostra si trasformano in reliquie di una società al collasso. TX9KD POD, una scultura in vetroresina, rappresenta un guscio protettivo abbandonato, ambiguo nella sua forma: al confine tra l’organico e l’inorganico, tra il familiare e l’alieno. Allo stesso modo, Communication System, un’installazione verticale, evoca tecnologie di sorveglianza e sistemi di comunicazione che sembrano persi nel tempo, incapaci di svolgere la loro funzione originaria.
Sulle pareti, la serie di disegni Lost in the shell amplia ulteriormente il racconto. Racchiusi in gusci di vetroresina, i disegni raffigurano paesaggi abbandonati e architetture brutaliste, elementi che rimandano a un immaginario industriale e desolato. La scelta del vetroresina come materiale ricorrente conferisce un carattere freddo e artificiale alle opere, sottolineando l’idea di un mondo in cui la tecnologia, piuttosto che risolvere i problemi dell’umanità, amplifica la sua vulnerabilità.
Il processo creativo di Allieri parte da oggetti comuni – tralicci, caschi, droni – che, manipolati e trasformati, assumono nuove identità. Questi elementi, seppur riconoscibili, perdono la loro funzione originaria per diventare simboli di una realtà alterata. Questa trasformazione è centrale nella pratica dell’artista, che gioca sull’ambiguità tra familiarità e estraneità, generando un senso di inquietudine nello spettatore.
Le opere non sono semplici rappresentazioni, ma vere e proprie installazioni immersive che invitano a esplorare un immaginario distopico. Il pubblico si trova così catapultato in uno scenario che, pur essendo lontano nel tempo, risulta stranamente vicino. Allieri attinge a suggestioni cinematografiche e teatrali, costruendo un universo che richiama tanto i classici della fantascienza quanto le riflessioni filosofiche sul rapporto tra uomo, tecnologia e ambiente.
Qual è il prezzo dell’innovazione tecnologica? Può l’uomo sopravvivere ai suoi stessi errori? E come possiamo interpretare le tracce del passato per costruire un futuro diverso? Attraverso la risemantizzazione del relitto, Allieri esplora l’ambiguità tra abbandono e recupero, distruzione e invenzione, offrendo una lettura critica della condizione contemporanea.
La mostra gioca su una duplice tensione: da un lato, la fascinazione per un mondo “altro”, fatto di scenari alieni e futuristici; dall’altro, la sensazione di trovarsi di fronte a un presagio che riguarda direttamente il nostro presente. Gli oggetti trasformati dall’artista si fanno metafore di una civiltà che, nel tentativo di proteggersi, ha creato i presupposti per la propria distruzione.
Il lavoro di Allieri punta dritto alle sensazioni più comuni e universali: il disagio del presente e la paura del futuro. La sua capacità di mescolare riferimenti concreti e immaginari complessi si traduce in un linguaggio visivo che non lascia indifferenti. Con After All, l’artista ci invita a osservare il nostro mondo da una nuova prospettiva, spingendoci a riflettere su ciò che resta dopo tutto – sulle rovine, sulle possibilità, sulle scelte che ancora possiamo compiere.