Si è appena concluso il festival annuale Volcanic Attitude, un appuntamento tra arte e scienza che indaga il rapporto che l’uomo ha con i vulcani
Spaccature della crosta terrestre. Crateri, bocche, depositari di ceneri, gas, magma o lava. Boati, come li definisce Johann Wolfgang von Goethe nel libro “Viaggio in Italia”, mentre saliva sul vulcano “nonostante il tempo imbronciato e la vetta nebulosa”. Fluttuazioni e borbottii della natura, che interessano le regioni vulcaniche, laddove vi è l’incontro e lo scontro delle placche tettoniche. Affascinanti dal punto di vista scientifico, anche per via delle loro manifestazioni spettacolari. Persino Giuseppe De Nittis dipinge un piccolo quadro, “La Pioggia di cenere”, che blocca l’eruzione del Vesuvio del 1872, con un cumulo di cenere che sovrasta il cielo, e che sembra inghiottire chi tenta di scappare.
Volcanic Attitude è il festival arrivato alla sua terza edizione, che mette in connessione l’attività scientifica dei vulcanologi dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia e dell’Istituto di Biologia Marina, e gli artisti. Un appuntamento culturale che, attraverso occasioni di dialogo e confronto, con professionisti di discipline diverse e con un pubblico non eterogeneo, permette l’osservazione attraverso prospettive non ordinarie. Le alte-profondità (gli abissi e gli oceani, i vulcani sottomarini e i cambiamenti climatici), è stato il focus di quest’anno, sviluppato attraverso talk, performance e installazioni. Un’esperienza diretta e fisica, prima di tutto, in cui immergersi completamente.
Un programma intenso di tre giorni (che si è svolto dal 19 al 21 giugno), partito da Napoli con la visita nel cuore nevralgico della sede che controlla i vulcani, l’osservatorio, con il primo ricercatore Sandro De Vita, per spostarsi nelle Isole Eolie e sull’isola di Vulcano. Se a Napoli la centrale diventa luogo in cui alcuni artisti (Nikolaus Gansterer, Mariella Greil, Peter Kozek, Lucie Strecker, Victor Jaschke) attivano una conferenza performativa “Shaken Grounds. Seismography of Precarious Presences”, il viaggio verso l’isola è l’occasione per la proiezione del racconto fotografico di Emilio Messina. Un percorso a bordo della Nave Laurana del Gruppo Caronte & Tourist che con Gianfilippo De Astis, Vulcanologo di INGV, attraversa le rotte del vulcano sommerso più grande d’Europa e del Mediterraneo, il Marsili. È ancora la narrazione fotografica il medium scelto per allestire una mostra, e attivare un laboratorio con gli studenti del Liceo Scientifico di Lipari con il fotografo Filippo Romano (già al festival nell’edizione del 2023), in dialogo questa volta con Storie Emdemiche, ideato con il naturalista esperto eoliano Pietro Lo Cascio, fondatore di Nesos.
La permeanza sull’isola di Vulcano diventa centrale nell’aprire possibilità di confronto. Tra l’installazione di Riccardo Arena, che fa da teatro alla conversazione sui vulcani introdotta da Gianfilippo de Astis, Quadrantidi, “materiali visivi e testuali”, che sono per l’artista “conoscenza spaziale”. Ma soprattutto le performances. Quella di Loredana Longo nel suggestivo moletto spiaggia Sabbia Nere nella Baia di Ponente, che lascia le impronte dei corpi e delle palme distesi sulla sabbia. Oppure salendo e scendendo al cratere La Fossa. Con l’artista Ignazio Montellaro (che insieme a Clelia Catalano), realizza Hymn to the stone I (ascent to Vucano), un’ascesa seguendo segni di un linguaggio arcaico, e con un incontro di approfondimento sulle profondità marine con la Biologa Marina UNIME, Nancy Spanò. Ma anche con l’azione collettiva filmata Trembling Teorema: A live re-enactment of Pasolini’s final scene from the 1968 film, di Lucie Strecker, Mariella Greil e Peter Kozek (del progetto di ricerca Shaken Grounds) con Victor Jaschk, e con Geo Soundscape della DJ Blue Marine alla Terrazza Hotel Les Sables Noirs & Spa, che chiude il festival con un intervento di sonorità miste tra contemporaneo, elettronica e suoni di altri luoghi.