“Anticipatamente al titolo di apertura del film di Isaac Julien, “Looking for Langston” (1989), si può percepire una voce evanescente. Riguardo un fondale nero di schermo, la voce, ripresa da una trasmissione radio del 1967, promette un programma memorial per il deceduto poeta della Harlem Renaissance, Langston Hughes. Tuttavia, questo tranquillizzante racconto di Julien è piuttosto un ingannevole stratagemma: il seguito del film, infatti, non è incentrato su Hughes.
Piuttosto che presentare un semplice ritratto cinematografico di questa imponente figura, “Looking for Langston” rappresenta una evocazione revisionista dell’ambiente queer in cui Hughes potrebbe essere stato coinvolto. Contrariamente alle convenzioni del biopic tradizionale, che avrebbero tracciato l’ascesa di Hughes come scrittore e analizzato le sue politiche di sinistra, Julien concentra la sua attenzione sulle aspettative eteronormative create attorno alla figura di Hughes dal suo patrimonio letterario.
Sono passati venticinque anni da “Looking for Langston”, ora in mostra in una galleria del MoMA dedicata alla Harlem Renaissance. Durante questo tempo, Julien ha continuato il suo progetto di reinventare il genere biografico, flirtando con le sue convenzioni, ma anche contestandole. Questo si può osservare in due altre recenti installazioni video ora in mostra a New York, una al MoMA e l’altra al Whitney Museum. In tutte e tre, si avvale di grandi figure della storia nera, resistendo alle lezioni di storia e ai cliché.
Entrambe le installazioni hanno la patina di produzioni cinematografiche di medio budget. Nell’opera dedicata a Frederick Douglass, “Lessons of the Hour” (2019), esposta al MoMA, ci sono panorami suggestivi e immagini soleggiate del protagonista al lavoro. Julien, però, non cede ai richiami dell’Oscar: divide le sue immagini su dieci schermi, presentando una stessa sequenza da diverse prospettive, tutte in riproduzione simultanea.
I biopic tradizionalmente tendono a una chiarezza narrativa, fornendo spunti digeribili sulla vita di presidenti, artisti e attivisti. “Lessons of the Hour”, invece, è un’esperienza sconcertante che non offre un ritratto coerente dell’abolizionista Frederick Douglass.
Queste eleganti rifrazioni si ritrovano poi in “Once Again… (Statues Never Die)”, un’installazione video del 2022 inclusa nella Biennale del Whitney. La sua parete riflettente fa sì che i cinque schermi dell’opera si moltiplichino nello spazio, confondendo lo sguardo.
Nella sua installazione, Julien focalizza l’attenzione su Alain Locke, uno dei primi filosofi della Harlem Renaissance. Nel filmato in bianco e nero, viene mostrato Locke mentre passeggia tra i magazzini aperti di musei come la Barnes Collection, il cui fondatore, Albert C. Barnes, interagisce con lui su argomenti come l’influenza dell’arte africana sul modernismo europeo.
Isaac Julien, con le sue opere, cerca di usare fatti veri e persone reali come punto di partenza, per poi espanderli attraverso la finzione. In questa maniera, riesce a colmare le lacune dell’archivio storico con l’aiuto della sua immaginazione, riuscendo a creare un universo tutto suo.”