Probabilmente alcune delle migliaia di persone che lo scorso 15 maggio si sono recate all’ADI Design Museum per l’inaugurazione della mostra “POLAROID PARTY NOI GENTE DEL DESIGN ’80 e ’90” a cura di Antonella Mazza con Cristina Morozzi, avranno provato un sentimento di nostalgia nel rivedersi in quegli scatti di più di vent’anni fa. Ma se pensate che “Polaroid Party” sia un’operazione nostalgica vi sbagliate. È piuttosto, come sottolinea la curatrice, “un grande omaggio alla creatività che ha reso Milano quella che è”.
Tra il 1980 e il 2000 Davide Mercatali, architetto, designer e promotore di eventi legati al mondo del design, ha scattato più di 4.000 Polaroid di cui 2.000 sono esposte in mostra. Una testimonianza sorprendente, un ritratto collettivo che racconta la Milano del design tra gli anni ’80 e ’90 attraverso gli occhi di chi li ha vissuti.
Sono gli anni della “Milano da bere”, delle feste notturne, dei locali alla moda come l’ATM, il Bar Basso, la Trattoria Toscana e il Plastic. Sono gli anni di Alchimia e di Menphis, dei nuovi consumi di massa e dell’”edonismo reaganiano” (espressione coniata in quegli anni da Roberto di D’Agostino). Sono gli anni delle feste memorabili che danno vita al fenomeno del “FuoriSalone”.
La libertà espressiva di quell’epoca è frutto della percezione di un futuro non solo possibile, ma persino migliore (sembra impossibile oggi!), la rottura totale degli schemi fa si che il kitsch – come ad esempio il vestire in modo stravagante, vistosamente eccentrico e di dubbio gusto – si mescoli al gioco intellettuale. Dopo gli anni ‘70, della politicizzazione e dell’impegno, a partire dagli anni ’80 fino ai ’90 il divertimento si fonde con la cultura e “tutto diventa ludico, desacralizzante, divertente. Quegli anni ora ci appaiono come una grande e unica festa durata 20 anni” continua la curatrice Antonella Mazza.
In quegli anni Davide Mercatali girava con la sua mitica Polaroid SX-70 scattando più di 4.000 foto: “andavo in giro la sera e basta, se uno usciva di casa lo beccavo!”.
Allora gli inviti alle feste venivano spediti per posta e gli indirizzi da scrivere sulle cartoline d’invito erano preziosissimi. Mercatali annotava sempre dietro ogni foto il nome e l’indirizzo della persona fotografata. Alla fine aveva una raccolta di migliaia di “facce” da invitare alle feste. “Praticamente si era creato una sorta di “pre Facebook” con le Polaroid”, continua Antonella Mazza, “non aspettava nemmeno che si sviluppasse per farla vedere al fotografato di turno, se la metteva in tasca ancora lattiginosa e non la vedevi più. Ancora oggi quando incontra qualcuno gli dice “tu sei una mia Polaroid!””.
Da quelle istantanee emergono i ritratti dei giovani protagonisti di quelle notti, la grande tribù di creativi che circolava per Milano durante il Salone del Mobile. Ma non c’erano solo le facce del mondo del design – come ad esempio quelle di Alessandro Mendini, Vico Magistretti, Ron Arad, Philippe Starck, Nathalie Du Pasquier, Ingo Maurer, Ettore Sottsass, Elio Fiorucci, Marva Griffin e Vanni Pasca – c’erano anche quelle di scrittori come Fernanda Pivano, di personaggi della TV e giornalisti come Mario Marenco e Roberto D’Agostino, che al tempo facevano già “Quelli della notte” con Renzo Arbore.
“C’è n’è una in cui Daria Bignardi è scollatissima!” continua Davide Mercatali, “Daria è stata la mia fidanzata per un annetto, ricordo che andavo a prenderla in macchina quando era agli inizi della sua carriera”.
Nell’84 Mercatali partecipa alla fondazione del marchio Zeus, “abbiamo fatto tante operazioni con stranieri chiamando vari designer da tutta Europa”, ricorda, “Ron Arad lo abbiamo coinvolto noi di Zeus e il successo lo ha raggiunto con noi in Italia. Portava questi prototipi incredibili in metallo che all’inizio ci impressionavano un po’, arrivava con un camion pieno e tanti ragazzi che lo aiutavano. Dormivano in giro per Milano, alcuni anche a casa mia”.
“Quando ho creato insieme a degli amici il Gruppo Metals nello spazio seminterrato di un gommista” continua Mercatali, “ricordo che Ron Arad ha voluto una stanza tutta per sé, ha dipinto le pareti di rosso e ci ha messo al centro il prototipo di una sua poltrona, poi mi ha chiesto di combinargli un incontro con Moroso. Così è nata la loro collaborazione e lui è diventato autonomo, un grande designer!”
Quando Mercatali organizza la prima memorabile festa -All Night Long Party- duemila persone invadono il cortile e la strada, i tram sono costretti a fermarsi, nasce così il clima che darà vita al FuoriSalone. “Non era solo una banda di festaioli” racconta Antonella Mazza, “c’erano designer che avevano cominciato ad esporre i loro prodotti anche la sera, durante quelle feste dove accorrevano migliaia di persone e questo poi è diventato un modus operandi. Tante città europee hanno provato a far decollare fiere del genere, ma Milano ha mantenuto il suo primato, soprattutto perché ha saputo far vivere il Salone a tutta la città. Quelle mitiche feste hanno dato un grosso contributo, oggi possiamo dire anche economico oltre che d’immagine, al successo del Salone del Mobile.”
Nell’ 88 Giulio Cappellini decide di affittare lo spazio industriale di Romeo Gigli – un ex garage Renault al n.10 di corso Como – e organizza una festa memorabile – conosciuta anche fuori dall’Italia – per presentare la sua nuova collezione. Non a caso Philippe Starck, appena arrivato da Parigi, parcheggia proprio lì davanti il suo Camper arredato con un salottino di poltroncine in velluto rosso.
Parafrasando Luciano De Crescenzo si potrebbe dire che quelle feste memorabili erano un modo per “allargare la vita”, ma come sempre c’erano gli entusiasti e anche i detrattori, tanto che in un editoriale della rivista Modo Cristina Morozzi scrive: “se poi si fa festa che male c’è”.
È l’inizio di una consuetudine che caratterizza la settimana del design, il FuoriSalone diventa un evento capace di richiamare ogni anno un pubblico internazionale, dove cultura e mondo del progetto si incontrano in una dimensione informale. Nel 1991 Gilda Bojardi registra il marchio ‘FuoriSalone’ e organizza la prima Designer’s Week, esce la prima guida ufficiale del FuoriSalone con la rete degli showroom in città.
Le Polaroid di Mercatali tratteggiano la magia e la spontaneità di quei magici anni analogici e predigitali, in cui non c’erano i cellulari (figuriamoci i social network!) e neanche la preoccupazione narcisistica di vedere continuamente la propria immagine fotografata.
In quegli anni anche Andy Warhol colleziona una miriade di Polaroids (fino al 1987 anno della sua morte), probabilmente avverte il passaggio epocale e il potere evocativo delle istantanee che oggi, con la descrizione ossessiva del digitale, si sta forse perdendo.
“Pensa”, conclude Davide Mercatali, “questa collezione serviva da base per la mia libreria, venti album servivano per tenerla ferma. È stata lì per vent’anni, Antonella continuava a dirmi di fare la mostra e io le rispondevo sempre di lasciarmi in pace. Adesso sono contentissimo di averla fatta!”