É giusto esporre la street art nei musei e gallerie?

E’ la domanda che mi sono sentito porre più spesso: qual’è il senso di avere delle opere di street artist in galleria? 

Chi frequenta il mondo dell’arte ha ormai imparato che l’intenzione dell’artista, la sua storia e il contesto, sia dell’artista stesso che dell’opera, costituiscono parte integrante del designare un oggetto “opera d’arte“. Non basta, serve anche che il mondo dell’arte avalli che realmente lo sia (ne abbiamo parlato qui). In base a queste definizioni, se si attribuisse all’artista street l’intenzione di lavorare nella strada, per la strada e nel contesto urbano, la risposta sarebbe: le opere esposte in un museo o galleria perderebbero molta parte del loro senso, fino a mettere in dubbio il loro status di ‘opera d’arte‘. D’altro canto un artista urban potrebbe difatto dire: ma io non volevo neppure fare un’opera d’arte fin da principio. Si potrebbe quindi disquisire filosoficamente se un oggetto può o non può essere un’opera d’arte indipendentemente dall’intenzione dell’autore. 

PichiAvo allestimento della mostra Diaspasi presso la galleria Wunderkammern

Il contesto attorno ad un’opera nel sistema dell’arte non viene chiamato ‘contesto’ ma ‘curatela’, nell’arte tutto è diverso, lo sappiamo. Da tutto ciò emerge che certamente le opere d’arte street dovrebbero stare curatorialmente parlando nella strada, ma c’è un ma. 

Il ma deriva da tre fattori extra-curatoriali e sono: forma, messaggio e fama dell’artista. Le persone comuni si innamorano di certe forme o di certi messaggi a tal punto di valutare di volerle nei propri ambienti vitali (casa, ufficio), quindi la fama dell’artista fa il resto e si crea un desiderio. Se Banksy imbratta il mondo, lo voglio anche a casa. Sia inteso che nessun gallerista serio venderebbe mai opere rubate dalla strada, così come alcun artista street staccherebbe dalla strada un’opera per rivenderla. Tuttavia la gran parte degli artisti e galleristi non disdegnerebbero affatto cogliere l’occasione di fare profitto da questa nuova esigenza.

Banksy Seasons Greetings allM9 di Mestre

Tutto sommato c’è qualcuno che crea forme interessanti intorno a messaggi interessanti, c’è un movimento culturale, c’è un impianto mediatico forte, ci sono collezionisti desiderosi di far parte del sistema e l’opportunità di fare business. Si aggiunge anche il lato sociale, grazie alla vendita delle opere ai privati, fuori dalla strada: messaggi, forme e artisti entrano nel sistema dell’arte, diventando immortali. 

Le opere che finiscono in musei e gallerie non sono le stesse che si trovano in strada, di norma sono realizzate nel laboratorio dell’artista, pensate con le stesse logiche di mercato di tutte le altre opere, con elementi di ripetitività, di cui il mondo dell’arte non può fare a meno, e scarsità.

Viviamo in un mondo complesso e sfaccettato, le teorie e la pratica si intrecciano in una storia di amore e distacco costante. Personalmente penso che, aldilà delle intenzioni, in fin dei conti, distaccandosi, va preso il bello di tutta la storia: questa volta è il mondo urban, il mondo del quotidiano e delle non-intenzioni, che ha avvolto e convinto il mondo dell’arte. Di contro possiamo certo segnare che alla base di tutto…c’è sempre il mondo dei desideri e dell’economia, che, in fin dei conti, costituiscono l’acqua nella quale nuotiamo.

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