Le architetture riflesse di Giancarlo Leone, cercando la “Città Altrove”

Come è noto, il Rabdomante è colui che ha il dono, l’arte di scoprire nel terreno la presenza di acqua, di metalli preziosi o di tesori nascosti, seguendo le vibrazioni di una bacchetta, tenuta orizzontalmente con le mani per le due estremità. Per Giancarlo Leone la bacchetta è il suo IPhone, è con quello che scatta le sue fotografie senza fotoritocco, come tiene a precisare, l’acqua è fonte di vita, indispensabile per ogni creatura vivente.

Allora le città fotografate da Leone passano ad una dimensione fluida, mobile, liquida, effimera, mutevolissima, l’imprevisto diventa parte integrante di ogni composizione. E l’architettura, “materia solida” e ancorata al suolo, perde consistenza. Diluendosi, allungandosi, confondendosi.

Giancarlo Leone Lacqua Santa

I riflessi delle costruzioni sulle acque diventano acquarelli, olii, suggerendo che la città stessa si trasforma in  una sorta di tela in continuo mutamento. Ma qual è stata l’ispirazione, l’idea? Lo abbiamo chiesto all’artista: “tutto nasce da una riflessione su come vivono le persone nelle grandi città, dal mio punto di vista si vive il fallimento di questi agglomerati urbani, con un peggioramento sostanziale della qualità della vita, questo mi ha portato a cercare la “Città Altrove”.

Il concetto di “Città Altrove”, inseguito dall’artista,  sembra evocare un luogo ideale in cui la vita urbana è in perfetto equilibrio, dove la velocità e il movimento si accordano a un ritmo naturale, quasi contemplativo. Le acque che scorrono lungo questa città riflettono le sue architetture, creando una connessione visiva e spirituale tra lo spazio costruito e il paesaggio naturale, trasformando l’urbanità in un’opera d’arte vivente.

La “Città Altrove” descritta appare come un luogo immaginario e allo stesso tempo reale, una visione infinita e sfuggente, piena di immagini, legàmi e rimandi. Come l’arte, essa è illimitata, in costante evoluzione e trasformazione, mai davvero compiuta.” The City On The Water” diventa quindi una metafora di un processo di ricerca, di un continuo superamento dell’Orizzonte del costruito, spingendo oltre i confini fisici e mentali che definiscono le città tradizionali.

Il concetto di orizzonte è qui destrutturato: un orizzonte che “non c’è”, reso effimero come i riflessi sull’acqua, visibili ma inafferrabili, privi di un ancoraggio temporale. In questo contesto, la città si riflette e si dissolve nel tempo e nello spazio, esprimendo un’essenza fragile e mutevole, che si manifesta continuamente in nuovi contesti urbani e in nuovi fogli d’acqua, che agiscono come specchi temporanei, quasi metafisici.

Giancarlo Leone Lacqua fredda

L’idea della città come ossimoro, un luogo che si definisce attraverso contraddizioni apparenti, come il solido e il liquido, il tangibile e l’intangibile. In questo, l’architettura diventa una pratica visionaria, che abbraccia l’inevitabile transitorietà della città e delle sue immagini, celebrandone il continuo divenire piuttosto che la sua fissità. La “Città Altrove” esiste quindi come un’utopia concreta e insieme sfuggente, un riflesso perpetuo di ciò che potrebbe essere, ma che non è mai del tutto realizzabile.

Da anni Giancarlo Leone – Architetto – porta avanti una ricerca sulla qualità della vita nei contesti urbani: “la nostra non è una polis o una civitas, ma come, diceva Platone, si riduce a una semplice sinoichia – ci racconta – una coabitazione un insieme di persone indifferenti le une alle altre che abitano nello stesso luogo, regolate da rapporti basati sul danaro. La gente vive pertanto in un finto ordine urbano, privo di condivisione, che mal si coniuga con la poesia dei loro cuori”.

“Vivendo sui Navigli a Milano – continua – ho visto una città che si specchia. Si specchiano i palazzi, le persone, gli alberi, le auto. Il divertente è l’attimo fuggente; quel momento che passa e che non torna. La stessa architettura prende forme diverse decine di volte al giorno, c’è silenzio e tutto scorre con una velocità più umana, e quindi ho trovato la mia Città Altrove”.

Leone cattura attimi capaci di incidere sull’elemento acqua e di conseguenza sul risultato complessivo: la presenza del vento, il passaggio di una papera, il transito di un battello, l’inaspettato salto in superficie di un pesce. “Tutti momenti che non tornano, ma che dipingono la città costantemente senza soluzione di continuità. La mia è la ricerca dell’armonia tra le persone non dettata dalla competitività, le persone nelle grandi città sono sole, ma se si cominciasse a pensare alla condivisione, tutto sarebbe più semplice”, prosegue l’architetto e urbanista.

E così che Giancarlo Leone diventa rabdomante dei riflessi. Le foto sono stampate su carta cotone ed incorniciate in legno di tiglio, più di 200 scatti in mostra all’Acquario Civico di Milano, sino al 17 novembre, a cura di Luta Bettonica.

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