A Roma riapre la boutique Longchamp con le geometrie di Oscar Malessène

C’è un momento in cui l’arte si distacca dalla realtà, ma non la tradisce mai del tutto. In quel preciso istante, si eleva a una dimensione parallela, fatta di rimandi, citazioni e frammenti di vita vissuta. È una forma di gioco sofisticato, di danza tra l’immaginazione e il ricordo. Oscar Malessène sembra conoscere perfettamente quel terreno, e la sua mostra “Scripto Sensu”, ospitata nella rinnovata boutique Longchamp di Roma, ne è la dimostrazione più vivida. Qui l’arte incontra il cinema, ma lo fa con leggerezza, sfiorandolo, senza mai cadere nel didascalico. Non c’è un omaggio diretto, né una rappresentazione letterale, ma una serie di impressioni, atmosfere e suggestioni che rimandano a film, momenti, sensazioni.

La boutique di Piazza di Spagna, recentemente riaperta, diventa così un palcoscenico perfetto per accogliere il linguaggio visivo di Malessène, che gioca con geometrie rigorose e colori audaci per evocare frammenti di narrazione. È una Roma che si percepisce, si annusa, ma non si vede direttamente. Prendiamo per esempio l’opera To Love with Rome (La Grande Bellezza), ispirata all’opera di Paolo Sorrentino e ai film di Woody Allen. Ma non è solo questo: la Roma che Malessène ritrae è una città immaginaria, costruita attraverso bande di verde scuro, un omaggio alla Maison Longchamp, che simboleggia una cronologia ininterrotta, un flusso di memoria che si fonde con la città stessa. Accanto al verde, si trova un verde chiaro, segno di energia, e uno sfondo azzurro pallido, che apre spazi infiniti alla mente dello spettatore.

C’è qualcosa di cinematografico in tutto questo, ma non nel senso tradizionale del termine. Il cinema, nella visione di Malessène, diventa un pretesto per evocare una sensazione. Non si tratta di raccontare una trama, ma di immergere chi osserva in una sequenza di emozioni, come fossero scene astratte di un film mai girato. Le vibranti piramidi arancioni che emergono sullo sfondo sembrano un codice visivo personale dell’artista, un suo modo di trasformare le forme più semplici in qualcosa di vivo, pulsante. Queste piramidi si muovono nella composizione come attori sulla scena, e, come accade nel cinema di Allen e Sorrentino, la città di Roma è protagonista, ma sempre vista attraverso la lente del regista-artista.

Durante la Festa del Cinema di Roma, dal 16 al 27 ottobre 2024, le opere di Oscar Malessène saranno esposte nella boutique Longchamp, unendo in modo raffinato il mondo del cinema e quello dell’arte visiva. Tra queste, spiccano i dittici Finzi et Contini, ispirati a Il giardino dei Finzi Contini di Vittorio De Sica, che trasportano il visitatore in una dimensione malinconica e intima, e Bleu mécanique II, un chiaro riferimento a Arancia Meccanica di Stanley Kubrick. In entrambe le opere, Malessène non si limita a evocare le immagini dei film, ma traduce le loro atmosfere in un linguaggio fatto di colore, geometrie e riferimenti che sembrano fluttuare nel tempo e nello spazio.

In fondo, la sua arte non è mai solo estetica. È, piuttosto, un invito a riflettere, a lasciarsi portare dalle emozioni e dai ricordi che certe forme e certi colori sanno suscitare. È un gioco di rimandi e di allusioni, in cui il visitatore è invitato a riempire i vuoti, a completare le narrazioni con il proprio vissuto.

Questa collaborazione tra Oscar Malessène e Longchamp non è casuale. C’è un’affinità tra la visione dell’artista e quella della Maison. Longchamp non è solo un marchio di moda, ma una cronologia continua di eleganza e tradizione, una storia in cui ogni pezzo, ogni dettaglio, è pensato per durare nel tempo, proprio come le opere d’arte. E Malessène, con il suo linguaggio visivo fatto di frammenti di cinema e biografia, riesce a catturare quel senso di continuità che tanto appartiene alla Maison francese.

Dopo l’evento del 17 ottobre, che segnerà la presentazione ufficiale della mostra, la boutique di Piazza di Spagna 82 sarà aperta al pubblico, come di consueto. Ma per chi vi entrerà, non sarà più solo una boutique. Sarà un luogo in cui la moda si mescola con l’arte, in cui il confine tra l’oggetto e l’opera si fa labile. Un po’ come il cinema, che, nel suo modo più alto, non si limita a raccontare storie, ma ci trasporta in un altrove, fatto di visioni e sogni.

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