La Galleria Poggiali di Milano presenta, dal 23 gennaio 2025, la mostra Controfigura, la prima personale di Barbara De Vivi, a cura di Lorenzo Madaro, che esplora il tema del doppio come elemento fondante della costruzione dell’identità. Attraverso un ciclo di opere su tela e su carta, l’artista veneziana indaga il rapporto tra autore e soggetto, tra chi osserva e chi viene osservato, in un dialogo intimo e concettuale che dissolve i confini tra sé e l’altro.
Il progetto espositivo prende vita da un’esperienza autobiografica: per ovviare alla distanza geografica che la separava dalla sorella, De Vivi ha iniziato a inviarle autoscatti suggerendo pose da inscenare. La sorella, a sua volta, restituiva le immagini, creando un processo di scambio che ha stimolato l’artista a riflettere sul concetto di identità riflessa, sulla percezione del sé attraverso uno sguardo esterno e sulla perdita di controllo sulla propria immagine. Ne scaturisce una riflessione pittorica che affronta il tema della rappresentazione dell’altro come autoritratto, mettendo in discussione le dinamiche di potere legate alla rappresentazione.
L’interesse di De Vivi per il tema del doppio affonda le sue radici nella mitologia e nella cultura visiva contemporanea. Le sue opere evocano figure archetipiche come Narciso, Castore e Polluce, Giano, Artemide e Apollo, reinterpretandole attraverso un linguaggio visivo che si nutre di riferimenti alla pittura del passato e alle immagini digitali dei social media. Come sottolinea il critico Lorenzo Madaro, il lavoro di De Vivi si inserisce in una lunga tradizione artistica che va da Man Ray a Diane Arbus, da Stanley Kubrick a David Cronenberg, passando per gli esperimenti concettuali di Alighiero Boetti e Michelangelo Pistoletto, mostrando come il tema del doppio sia una costante nella storia delle arti visive.
Le opere su tela esposte in mostra sono caratterizzate da una pittura stratificata, in cui pennellate decise si alternano a velature più leggere, creando un gioco di trasparenze e sovrapposizioni che suggeriscono la molteplicità dell’identità. Accanto a queste, un ciclo di dipinti su carta, descritti da Madaro come permeati da una “spiccata energia” che rende i volti delle modelle immaginarie vibranti e penetranti, offre uno sguardo più intimo e immediato sul processo creativo dell’artista.
L’esposizione si configura così come un viaggio nella costruzione del sé, in cui le immagini si moltiplicano, si specchiano e si trasfigurano, evocando il rapporto tra memoria e percezione, tra reale e virtuale. La pratica di De Vivi si nutre di una costante tensione tra spontaneità e controllo, lasciando emergere la complessità dell’identità contemporanea, frammentata tra desiderio di affermazione e bisogno di riconoscimento.