Ground Break è la mostra di Nari Ward da Pirelli Hangar Bicocca, curata da Roberta Tenconi e Lucia Aspesi
Entrare dentro un bozzolo (Hunger Cradle) e rimanere intrappolati nelle sue reti, in cuI ritrovare le tracce del tempo che passa, oggetti (manichette antincendio, un pianoforte, dei mattoni…) che hanno perso la loro funzione, e che parlano dei luoghi in cui la rete è stata collocata. Il lavoro di Nari Ward (St. Andrew, Giamaica, 1963), è un processo di accumulazione e incorporazione di racconti. Recuperare ciò che la società dimentica, abbandona e scarta, significa prendersi “cura” di loro restituendo “un senso di speranza permanete”, come scrive l’artista nel booklet della mostra. Anche i mattoni utilizzati per Ground Break, che dà il titolo alla retrospettiva da Pirelli Hangar Bicocca fino al 28 luglio 2024, curata da Roberta Tenconi e Lucia Aspesi, sono stati inseriti in questa installazione sospesa che accoglie il pubblico.
Ground Break ampliata rispetto alla versione del 2015, si presenta come una piattaforma di mattoni, rivestita da lastre di rame dipinte. Sulla superficie sono collocate sculture ottenute dall’assemblaggio di oggetti quotidiani di uso domestico, che si azionano con le performance sonore dirette da Justin Randolph Thompson, accompagnato da altri musicisti invitati. Un palcoscenico sensoriale e spirituale trascina lo spettatore all’interno della mostra, che si snoda nella pancia dell’Hangar.
Nello spazio delle Navate lavori più piccoli e di grandi dimensioni ripercorrono trent’anni di attività, indagando il concetto di trasformazione per riflettere sulla storia, passata e attuale. Una visione disincantata, quella dell’artista, in grado di cogliere questioni centrali della società con i suoi problemi (economici e sociali), le ingiustizie (razziali, identitarie, l’emarginazione), i percorsi storici (quello coloniale), guardando criticamente i modelli consumistici e dominanti (come nella scenografica installazione nel Cubo di Happy Smilers: Duty Free Shopping).
C’è una forte componente spirituale e intima, nelle opere di Nari Ward, nonostante la presenza di un simbolismo religioso. L’altare di Wishing Arena (una struttura di scale, cestini e lumini spenti che attendono di essere accesi), per esempio, o ancora nelle immagini sacre (recuperate dal catalogo di un collezionista americano Robert Lehman), che rivestono l’architettura della casa di Super Stud. Riprende le tradizioni sciamaniche (Geography Bedsprings, un muro di molle da letto), i cerimoniali di guarigione giamaicana, come la figura angelicata di Carpet Angel (pezzi di tappeti, moquette e sacchetti di plastica, che sovrasta un cumulo di bottiglie di plastica e altri materiali).
Affronta le questioni diasporiche congolesi (Geography Bottle Curtain, con bottiglie di vetro sospese che contengono messaggi), e le storie di abbandono (come nel video del 2007 Parrot Diatribe con il un pupazzo animato). Ma anche i cambiamenti innescati a seguito delle politiche coloniali e schiaviste, con il tentativo di un riscatto sociale (Spellbound, Father and Sons e Jaunt), nei video proposti su schermi LED, su cui scorrono le immagini prodotte quasi una decina di anni fa. Interessante il modo in cui riflette sui nazionalismi e sull’identità, producendo due opere nuove appositamente per la mostra, rielaborando gli inni nazionali americano e italiano, suonati con strumenti di fortuna (vetro e acqua), emessi da due cabine telefoniche contenenti molle e gommapiuma.
Sculture più piccole ma fortemente evocative si intrecciano, ripercorrendo il ciclo della vita (Behold, un passeggino, un deambulatore e una scala), oppure offrendosi come potenziali mezzi di spostamento che attraversano il tempo (Crusader, una struttura metallica che rimanda a un’ala e Savior, un trono realizzato con materiali di recupero). All’esterno delle Navate campeggia l’installazione luminosa Apollo/Poll, che ricorda l’iconico teatro di Harlem, ma su cui l’artista interviene ironicamente facendo lampeggiare le vocali iniziale e finale. Da un lato riprende la memoria storica del teatro e della serata dedicata al pubblico in cui poteva votare il suo vincitore.
Dall’altra il “sondaggio” rappresenta l’attività democratica del cittadino che sceglie i propri candidati. Nari Ward affronta con un’ironica leggerezza problemi complessi. Invita lo spettatore a cogliere nelle stratificazioni delle sue opere, le trasformazioni dei tempi, delle società e dell’uomo, offrendo occasioni per continuare a interrogarsi.