CryptoPunks e non solo: un docufilm ricostruisce l’ascesa e il declino degli NFT

Sono passati ormai dieci anni dal minting di ‘Quantum’, il primo NFT della storia. Il “creator” che ha dato avvio al fenomeno dei cosiddetti token non fungibili, che avrebbero rivoluzionato il modo di scambiare l’arte digitale e non solo, è Kevin McCoy. Artista newyorkese classe 1967, Kevin intendeva esplorare le possibilità offerte dalla tecnologia blockchain nell’ambito dell’arte digitale, cercando di risolvere i problemi legati alla proprietà e alla provenienza delle opere d’arte digitali, creando un modo per garantire l’autenticità e la tracciabilità di un’opera nel mondo digitale.

Da quel giorno gli NFT hanno cominciato il loro percorso di ascesa in sordina, fino alla vendita di “Everydays: the First 5000 Days” di Beeple da parte di Christie’s per più di 69 milioni di dollari.

Still from What the Punk Matt and John courtesy of Darjeeling Prod

Solo due anni dopo però, nell’aprile 2023, si registrava un calo del 90%, mettendo in evidenza la volatilità e le sfide associate a questo nuovo settore. Una debacle o, forse, la possibile rinascita secondo nuove etiche, nuovi principi, nuove sfide tutte da disegnare.

Oggi l’ascesa e il declino degli NFT sono protagonisti di “What the Punk!”, un docufilm esclusivo disponibile su Arte.TV e co-prodotto dal collezionista italiano TokenAngels, uno dei massimi collezionisti di arte digitale, proprietario di alcuni tra gli NFTs storicamente più importanti come HomerPepe e BOOUUSEGG, e di opere di artisti digitali contemporanei rilevanti.

Still from What the Punk ROBNESS courtesy of Darjeeling Prod

Attraverso le voci dei pionieri della CriptoArt, i developers e informatici Matt e John, fondatori di LarvaLabs, creatori dei CryptoPunks, e lo street artist ROBNESS, “What the Punk!”, scritto da Hervé Martin Delpierre e Marc Lustigman, offre uno sguardo approfondito su un fenomeno che ha rivoluzionato la creazione artistica e il collezionismo digitale, quel “far west digitale” spesso abitato da figure atipiche e fuori dagli schemi – categoricamente punk – che ha regalato al mondo del collezionismo alcuni pezzi d’arte unici, ma anche sollevato dubbi e scetticismi.

Still from What the Punk CryptoPunk at the Pompidou courtesy of Darjeeling Prod

Nel giugno 2017, i programmatori Matt Hall e John Watkinson creano 10.000 avatar digitali unici chiamati CryptoPunks in un seminterrato di Brooklyn. Gli avatars, generati casualmente con l’aiuto di un algoritmo, sono stati distribuiti gratuitamente sulla blockchain come NFTs. A Los Angeles, ROBNESS, un giovane attivista, scopre Bitcoin e inizia a utilizzare questa nuova tecnologia per creare CryptoArt come forma di protesta verso il sistema finanziario tradizionale. Le loro storie si scontrano quando ROBNESS, vedendo la speculazione entrare anche nel mondo degli NFTs, decide di acquistare un CryptoPunk e distruggerlo, lanciando un segnale agli speculatori. Le loro storie si ricongiungono quando il Museo Pompidou di Parigi colleziona ed espone le loro opere una accanto all’altra. Un nuovo mondo digitale è nato e le loro vite ne sono state profondamente cambiate.

La CryptoArt, un’estensione della Computer Art, ha guadagnato popolarità con l’introduzione di progetti come i RarePepe nel 2016 e i CryptoPunks nel 2017. I CryptoPunks, in particolare, sono diventati un simbolo del movimento NFT, rappresentando 10.000 personaggi pixelati utilizzati soprattutto nei social media. Artisti come Beeple, Pak e XCOPY hanno stabilito nuovi record e spinto i limiti creativi, ma la CryptoArt ha anche affrontato critiche per problemi di plagio, frodi e controversie. Solo il tempo darà risposte e imbriglierà queste discussioni in categorie, etichette e correnti storicizzate dalla critica d’arte.

Attraverso questi personaggi e il loro straordinario viaggio romantico, “What the Punk!” racconta la storia di una delle più grandi controculture del 21° secolo, infiltrata da speculatori e influencers. Per ora, What the Punk! è disponibile su ARTE TV e sul sito ufficiale WhatThePunk.xyz.

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