La pratica curatoriale è sempre di più un argomento all’ordine del giorno. Ma qual è il ruolo del curatore nel panorama artistico e come lo si diventa oggi giorno?
Ci dice la sua Claudia Contu, giovanissima art curator di Prato (classe 1993), milanese d’adozione e attualmente a Londra.
Chi è e cosa fa un curatore?
Di base, un curatore organizza mostre. Tra gli stakeholders dell’arte è colui che sta in mezzo ad artisti, pubblico, galleristi, direttori di musei, collezionisti, e così via. Conosce i bisogni e le attese di tutti loro e poi, a seconda del partner in crime che preferisce, plasma la propria identità e le mostre che organizza, cercando di portare avanti un proprio discorso e soddisfare le aspettative di certe figure più di altre. Nel variegato mondo dell’arte il curatore non è mai completamente solo a scrivere un concept, ed è precisamente il motivo per cui lo sta scrivendo che definisce la sua natura.
Fare il curatore in Italia: è possibile e quali strade bisogna seguire per farsi conoscere e promuovere i propri progetti?
Il curatore non viene neppure menzionato nella carta nazionale delle professioni museali di ICOM–Italia. Nel nostro Paese non ha vero e proprio inquadramento professionale e credo che questo sia uno dei motivi per cui, purtroppo, fare questo mestiere in Italia non è ancora possibile. In Italia, a parte alcune eccezioni, si galleggia in un dilettantismo diluito che è diretta conseguenza di questa mancanza di identità professionale, a cui consegue una carenza di dibattito e, ancora prima, di percorsi di studio dedicati. Nelle Accademie e nelle Università si preferiscono le parole “didattica” o “mediazione”, che all’estero sono invece considerate branche a parte. Ognuno si deve quindi costruire la strada da solo,sperando di inforcare il sentiero giusto e raggiungere un certo posizionamento. Per far conoscere i miei progetti applico un sistema di spamming spietato. Immagino sia quello che intendono i più quando parlano di “fare network”. Scherzi a parte, non ho abbastanza esperienza per dirlo, ma credo che nel lungo termine questa strategia non funzioni più senza una visione e un progetto di qualità. Proporsi, lavorare sempre e lavorare sodo, dare e pretendere tantissimo, essere curiosi: questo credo sia il modo migliore per far conoscere se stessi e i propri progetti.
Rapporti con gli artisti e galleristi: in che termini si sviluppano? Come si rintracciano gli artisti e su che base avviene la scelta di un artista piuttosto che un altro?
Dipende tutto da chi è coinvolto nella realizzazione della mostra: anche nell’arte esiste il concetto di “potere contrattuale”. Nel caso in cui un curatore presenti un progetto ad una galleria, si suppone che egli difenda il proprio disegno e gli artisti che ha scelto. E difatti si discute, a volte anche abbastanza vivacemente, ma l’una o l’altra parte dovrà scendere a compromessi, prima o poi. Nella mia personale esperienza il rapporto umano con l’artista è sempre stato il punto di partenza, il pretesto per cercare di fare mostre, e in certi casi è finito per diventare un legame che va oltre il lavoro. Inutile nascondere quanto professionalità ed affettività si influenzino, anzi penso sia una delle controindicazioni più affascinanti del nostro mestiere. Da qui deriva anche la questione della scelta degli artisti: è giusto esporre un artista che non ci piace, ma che è qualitativamente inappuntabile e coerente col progetto? Gioco di nuovo la carta del compromesso critico: bisogna scendere a patti – stavolta con se stessi – per valutare con coerenza gli artisti con cui si vuole lavorare.
Curatela 2.0: cosa ne pensi dell’utilizzo di Internet e soprattutto dei social comeInstagram come strumento di comunicazione e di talent scouting?
Adoro Instagram, pubblico almeno una storia al giorno. Credo sia il social network migliore tra quelli in circolazione, sicuramente il più divertente. Ho visto artisti usarlo come canale di vendita e galleristi e curatori come cilindro da cui estrarre artisti con cui lavorare. D’altraparte il vero “talent scouting” lo si fa spostandosi fisicamente e incontrandosi in carne ed ossa. Anche perché sui social, ma vale anche per tutto l’internet, si fa presto a perdersi nella mole di contenuti che vengono prodotti e accumulati ogni giorno. Ci vuole un attimo a (non) ritrovarsi in fondo feed giornaliero.
All’interno del mercato dell’arte come può influire il ruolo del curatore?
Potrei dire che oggi quello del curatore è un ruolo molto popolare nel mondo dell’arte, e questo è vero, ma ad un’alta popolarità non sempre si collega un’effettiva influenza in termini di mercato. Ad esempio, se si guarda la classifica annuale di ArtReview sugli individui più potenti del mondo dell’arte i curatori rappresentano spesso meno del 10% del totale – anche se sono in aumento. Se parliamo di mero mercato, lasciami dire che secondo me sono ancora i collezionisti ad avere l’ultima parola. Possiamo raccontarci tutte le storie che vogliamo sui galleristi che cercano di guidare il loro gusto e i curatori – superstar che con le loro mostre “ firmate” determinano nuovi trend, ma la domanda resta il vero motore di ogni mercato, specialmente il mercato del lusso, quindi anche quello dell’arte. Come ho detto in apertura, il curatore è un intermediario e il suo ruolo in questo sistema economico si può forse paragonare a quello degli influencers per i fashion brands. Troppo blasfemo come paragone?
Quali strumenti usi per essere sempre aggiornata su mostre, artisti, trend e news sul mercato dell’arte?
Come si sarà capito, faccio un uso smodato di Instagram. Non solo per postare, ma anche per guardare e infatti guardo tantissimo: da quello che fanno gli artisti in studio, ai canali dei musei, agli allestimenti di mostre lontane. È utile perché non c’è annuncio riguardante news, premi, inaugurazioni e così via che non abbia un post dedicato. Facebook mi annoia, ma è perfetto come calendario eventi. Poi per quanto riguarda informazioni più complesse leggo magazine, riviste e tanti libri, più o meno come tutti. Credo che per tenersi davvero aggiornati basti differenziare le proprie fonti.
Cosa stai facendo ora? Quali i progetti passati più significativi e cosa hai in serbo per il futuro?
Al momento sto frequentando un master in curatela, ma non credo di avere una “formazione” da curatrice. Ho un background accademico a metà tra gli studi umanistici e l’economia, ma la mia vera palestra per l’arte contemporanea sono stati gli anni in cui ho vissuto a Milano. Lì ho conosciuto i primi artisti e ho cercato di non perdermi neppure una mostra. Poi ho avuto la possibilità di collaborare con Dario Maglionico per la sua personale al Castello Visconteo di Legnano e da allora ho lavorato con realtà diverse, sia profit che non profit. Un’esperienza fondamentale è stato il tirocinio nella galleria The Flat–Massimo Carasi, senza il quale non avrei potuto realizzare le collettive Passengers e Matter Matters,a cui sono particolarmente affezionata. Al momento sto lavorando ad una collettiva che si terrà presso la galleria di Nir Altman a Monaco. La domanda che mi sono fatta quando ho cominciato a scrivere il progetto è se esista un modo per capire fino in fondo un’opera d’arte, se sia poi così importante capirla fino in fondo e come si evolva il nostro modo di vedere quell’opera quando a venirci incontro è, appunto, un mediatore. Poi c’è l’università, che è il mio “progetto futuro” più importante. D’altra parte, come ha scritto Dickens in Grandi Speranze, «be it so or be it don’t, you must be a common scholar afore you can be a oncommon one».
La pratica curatoriale è sempre di più un argomento all’ordine del giorno. Ma qual è il ruolo del curatore nel panorama artistico e come lo si diventa oggi giorno?
Ci dice la sua Claudia Contu, giovanissima art curator di Prato (classe 1993), milanese d’adozione e attualmente a Londra.
Chi è e cosa fa un curatore?
Di base, un curatore organizza mostre. Tra gli stakeholders dell’arte è colui che sta in mezzo ad artisti, pubblico, galleristi, direttori di musei, collezionisti, e così via. Conosce i bisogni e le attese di tutti loro e poi, a seconda del partner in crime che preferisce, plasma la propria identità e le mostre che organizza, cercando di portare avanti un proprio discorso e soddisfare le aspettative di certe figure più di altre. Nel variegato mondo dell’arte il curatore non è mai completamente solo a scrivere un concept, ed è precisamente il motivo per cui lo sta scrivendo che definisce la sua natura.
Fare il curatore in Italia: è possibile e quali strade bisogna seguire per farsi conoscere e promuovere i propri progetti?Il curatore non viene neppure menzionato nella carta nazionale delle professioni museali di ICOM–Italia. Nel nostro Paese non ha vero e proprio inquadramento professionale e credo che questo sia uno dei motivi per cui, purtroppo, fare questo mestiere in Italia non è ancora possibile. In Italia, a parte alcune eccezioni, si galleggia in un dilettantismo diluito che è diretta conseguenza di questa mancanza di identità professionale, a cui consegue una carenza di dibattito e, ancora prima, di percorsi di studio dedicati. Nelle Accademie e nelle Università si preferiscono le parole “didattica” o “mediazione”, che all’estero sono invece considerate branche a parte. Ognuno si deve quindi costruire la strada da solo,sperando di inforcare il sentiero giusto e raggiungere un certo posizionamento. Per far conoscere i miei progetti applico un sistema di spamming spietato. Immagino sia quello che intendono i più quando parlano di “fare network”. Scherzi a parte, non hoabbastanza esperienza per dirlo, ma credo che nel lungo termine questa strategia non funzioni più senza una visione e un progetto di qualità. Proporsi, lavorare sempre e lavorare sodo, dare e pretendere tantissimo, essere curiosi: questo credo sia il modo migliore per far conoscere se stessi e i propri progetti.
Rapporti con gli artisti e galleristi: in che termini si sviluppano? Come si rintracciano gli artisti e su che base avviene la scelta di un artista piuttosto che un altro?
Dipende tutto da chi è coinvolto nella realizzazione della mostra: anche nell’arte esiste il concetto di “potere contrattuale”. Nel caso in cui un curatore presenti un progetto ad una galleria, si suppone che egli difenda il proprio disegno e gli artisti che ha scelto. E difatti si discute, a volte anche abbastanza vivacemente, ma l’una o l’altra parte dovrà scendere a compromessi, prima o poi. Nella mia personale esperienza il rapporto umano con l’artista è sempre stato il punto di partenza, il pretesto per cercare di fare mostre, e in certi casi è finito per diventare un legame che va oltre il lavoro. Inutile nascondere quanto professionalità ed affettività si influenzino, anzi penso sia una delle controindicazioni più affascinanti del nostro mestiere. Da qui deriva anche la questione della scelta degli artisti: è giusto esporre un artista che non ci piace, ma che è qualitativamente inappuntabile e coerente col progetto? Gioco di nuovo la carta del compromesso critico: bisogna scendere a patti – stavolta con se stessi – per valutare con coerenza gli artisti con cui si vuole lavorare.
Curatela 2.0: cosa ne pensi dell’utilizzo di Internet e soprattutto dei social comeInstagram come strumento di comunicazione e di talent scouting?
Adoro Instagram, pubblico almeno una storia al giorno. Credo sia il social network migliore tra quelli in circolazione, sicuramente il più divertente. Ho visto artisti usarlo come canale di vendita e galleristi e curatori come cilindro da cui estrarre artisti con cui lavorare. D’altraparte il vero “talent scouting” lo si fa spostandosi fisicamente e incontrandosi in carne ed ossa. Anche perché sui social, ma vale anche per tutto l’internet, si fa presto a perdersi nella mole di contenuti che vengono prodotti e accumulati ogni giorno. Ci vuole un attimo a (non) ritrovarsi in fondo feed giornaliero.
All’interno del mercato dell’arte come può influire il ruolo del curatore?
Potrei dire che oggi quello del curatore è un ruolo molto popolare nel mondo dell’arte, e questo è vero, ma ad un’alta popolarità non sempre si collega un’effettiva influenza in termini di mercato. Ad esempio, se si guarda la classifica annuale di ArtReview sugli individui più potenti del mondo dell’arte i curatori rappresentano spesso meno del 10% del totale – anche se sono in aumento. Se parliamo di mero mercato, lasciami dire che secondo me sono ancora i collezionisti ad avere l’ultima parola. Possiamo raccontarci tutte le storie che vogliamo sui galleristi che cercano di guidare il loro gusto e i curatori – superstar che con le loro mostre “ firmate” determinano nuovi trend, ma la domanda resta il vero motore di ogni mercato, specialmente il mercato del lusso, quindi anche quello dell’arte. Come ho detto in apertura, il curatore è un intermediario e il suo ruolo in questo sistema economico si può forse paragonare a quello degli influencers per i fashion brands. Troppo blasfemo come paragone?
Quali strumenti usi per essere sempre aggiornata su mostre, artisti, trend e news sul mercato dell’arte?
Come si sarà capito, faccio un uso smodato di Instagram. Non solo per postare, ma anche per guardare e infatti guardo tantissimo: da quello che fanno gli artisti in studio, ai canali dei musei, agli allestimenti di mostre lontane. È utile perché non c’è annuncio riguardante news, premi, inaugurazioni e così via che non abbia un post dedicato. Facebook mi annoia, ma è perfetto come calendario eventi. Poi per quanto riguarda informazioni più complesse leggo magazine, riviste e tanti libri, più o meno come tutti. Credo che per tenersi davvero aggiornati basti differenziare le proprie fonti.
Cosa stai facendo ora? Quali i progetti passati più significativi e cosa hai in serbo per il futuro?
Al momento sto frequentando un master in curatela, ma non credo di avere una “formazione” da curatrice. Ho un background accademico a metà tra gli studi umanistici e l’economia, ma la mia vera palestra per l’arte contemporanea sono stati gli anni in cui ho vissuto a Milano. Lì ho conosciuto i primi artisti e ho cercato di non perdermi neppure una mostra. Poi ho avuto la possibilità di collaborare con Dario Maglionico per la sua personale al Castello Visconteo di Legnano e da allora ho lavorato con realtà diverse, sia profit che non profit. Un’esperienza fondamentale è stato il tirocinio nella galleria The Flat–Massimo Carasi, senza il quale non avrei potuto realizzare le collettive Passengers e Matter Matters,a cui sono particolarmente affezionata. Al momento sto lavorando ad una collettiva che si terrà presso la galleria di Nir Altman a Monaco. La domanda che mi sono fatta quando ho cominciato a scrivere il progetto è se esista un modo per capire fino in fondo un’opera d’arte, se sia poi così importante capirla fino in fondo e come si evolva il nostro modo di vedere quell’opera quando a venirci incontro è, appunto, un mediatore. Poi c’è l’università, che è il mio “progetto futuro” più importante. D’altra parte, come ha scritto Dickens in Grandi Speranze, «be it so or be it don’t, you must be a common scholar afore you can be a oncommon one».