“Avetrana – Qui non è Hollywood”: la serie bloccata dal tribunale tra diritto di cronaca e tutela della comunità

La serie “Avetrana – Qui non è Hollywood”, che avrebbe dovuto debuttare su Disney+ il 25 ottobre 2024, è stata bloccata dal tribunale di Taranto a seguito di un ricorso d’urgenza presentato dal comune di Avetrana. Il provvedimento ha generato un acceso dibattito sull’equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica di una comunità segnata da un evento tragico. La serie, diretta da Pippo Mezzapesa, racconta l’omicidio di Sarah Scazzi, avvenuto nel 2010, che scosse profondamente l’opinione pubblica italiana e diede vita a un vero e proprio circo mediatico.

La serie: trama e struttura

“Avetrana – Qui non è Hollywood” è una miniserie di quattro episodi che ricostruisce il drammatico caso di cronaca nera che sconvolse l’Italia, raccontando l’omicidio di Sarah Scazzi, una ragazza di 15 anni scomparsa nell’agosto del 2010 nel piccolo paese di Avetrana, in Puglia. Sarah fu trovata morta 42 giorni dopo la sua scomparsa, e il caso coinvolse la sua stessa famiglia: la cugina Sabrina Misseri, la zia Cosima Serrano e lo zio Michele Misseri, tutti implicati nel crimine e condannati successivamente in via definitiva.

La serie adotta una struttura narrativa particolare, con ogni episodio incentrato su uno dei principali protagonisti della vicenda: Sarah, Sabrina, Michele e Cosima. Questo permette di mostrare diverse prospettive del caso e di approfondire il lato umano dei personaggi, evidenziando il complesso intreccio familiare e sociale che portò al tragico epilogo. La narrazione si sviluppa in un crescendo emotivo, con ciascun episodio che si collega direttamente al successivo, rendendo sempre più agghiacciante il quadro complessivo. Oltre alla vicenda criminale, la serie esplora anche il ruolo dei media nel trasformare il caso in un fenomeno nazionale.

Il ricorso del comune di Avetrana

Il comune di Avetrana ha presentato un ricorso d’urgenza contro la messa in onda della serie, sostenendo che l’uso del nome della cittadina nel titolo avrebbe potuto danneggiare ulteriormente la reputazione del paese. Il sindaco Antonio Iazzi ha spiegato che la comunità è ancora oggi associata all’omicidio e teme che la serie perpetui i pregiudizi negativi, rappresentando Avetrana come un luogo arretrato e omertoso. Il tribunale ha accolto il ricorso, sospendendo temporaneamente la distribuzione della serie e fissando un’udienza per il 5 novembre 2024, durante la quale verrà valutato se consentirne la trasmissione​

L’amministrazione comunale ha sottolineato che la città ha già subito un forte danno d’immagine a seguito della risonanza mediatica del caso, e che trasmettere una serie intitolata “Qui non è Hollywood” avrebbe potuto rievocare in modo negativo gli eventi, distorcendo ulteriormente la percezione pubblica del paese. Già in precedenza, il comune si era costituito parte civile nel processo penale, ottenendo risarcimenti per il danno d’immagine subito.

Le difese della produzione

Dal lato della produzione, Pippo Mezzapesa, regista della serie, ha difeso il progetto spiegando che la serie si basa esclusivamente su fatti accertati dalle sentenze giudiziarie e che non intende in alcun modo aggiungere elementi di fantasia o speculazione. Mezzapesa ha dichiarato che il suo obiettivo era quello di raccontare la storia rispettando la verità processuale, evitando qualunque sensazionalismo e cercando di mantenere un approccio rispettoso nei confronti della tragedia. Tuttavia, la serie intende anche esplorare il ruolo dei media, che all’epoca seguirono con ossessione il caso, trasformandolo in un evento mediatico nazionale, un aspetto centrale anche nel libro da cui è tratta la serie, “Sarah: La ragazza di Avetrana” di Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni​

Il dibattito tra diritto di cronaca e rispetto per le comunità

Il blocco della serie ha suscitato un ampio dibattito sulla rappresentazione di eventi reali e il loro impatto sulle comunità coinvolte. Da un lato, c’è chi sostiene che la serie abbia il diritto di raccontare una storia vera, basandosi su fatti storici e giudiziari, e che le questioni legali sollevate dal comune rischiano di censurare una forma legittima di narrazione. Dall’altro, vi è una forte sensibilità verso il diritto delle comunità locali di proteggere la propria immagine e di non essere stigmatizzate da narrazioni che possono perpetuare stereotipi o associarle perennemente a crimini efferati.

La vicenda pone anche una riflessione più ampia sull’etica della narrazione di fatti di cronaca, specialmente quando riguardano eventi così traumatici. La linea di confine tra informazione e spettacolarizzazione è spesso sottile, e il caso di “Avetrana – Qui non è Hollywood” ne è un chiaro esempio.

In conclusione, il destino della serie rimane incerto fino alla decisione del tribunale, ma il dibattito sollevato riflette le complesse dinamiche tra media, giustizia e società, in particolare quando si tratta di vicende così delicate.

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