Elyas Alavi, al MUSMA la prima personale in Italia dell’artista afgano

Oggi 13 giugno, il MUSMA presenta “That I Could Fear a Door: storie di case e di vento”, la prima personale in Italia di Elyas Alavi, curata dal collettivo Exo Art Lab e da Simona Spinella. Il titolo, tratto dalla poesia “I Years had been from Home” di Emily Dickinson, evoca una riflessione profonda sui concetti di casa, appartenenza e sradicamento, paralleli all’esperienza dell’artista e alla storia di Matera.

Elyas Alavi, artista multidisciplinare afgano hazara residente in Australia, esplora attraverso neon, video e poesia, le complesse relazioni tra individuo e società. Concentrandosi su temi come appartenenza etnica e culturale, religione, orientamento sessuale, diaspora e il significato della parola “casa”, Alavi utilizza la propria vita per indagare gli effetti dell’esilio forzato, osservando il disorientamento in una terra divenuta inospitale.

Elyas Alavi Alas that you are faaaaaar away dipinti © Matteo Losurdo

Matera si configura come la sede ideale per questa mostra, integrandosi nell’installazione. Le superfici di Palazzo Pomarici diventano un mezzo espressivo per raccontare la malinconia della lontananza dalla propria terra. Simona Spinella sottolinea come il muro in calcarenite, memoria viva fatta di sedimenti, rappresenti il luogo perfetto per accogliere le parole e le immagini di Alavi.

La mostra include un video e tre opere al neon, due delle quali riportano versi tratti da “Where is the homeland?” e “Doesn’t it taste of blood?”. Il neon arancio con la frase “Alas that you are Faaaaaaaaar away” è un detto hazara. Queste opere luminose, prodotte artigianalmente, utilizzano la luce per esaltare la potenza comunicativa del segno calligrafico in lingua farsi. I colori scelti, come il celeste del Mar Egeo e il rosso evocativo del sangue, accentuano il tema della lontananza e della separazione.

Elyas Alavi Alas that you are faaaaaar away © Matteo Losurdo

Alavi amplifica la lettera “a” nel neon per sottolineare la distanza dalla sua terra, affiancando ritratti dei suoi parenti e delle montagne del suo villaggio natale in Afghanistan, evidenziando un’irrecuperabile distanza. In questa nostalgia si trovano i semi per ricostruire un senso di casa. Il video “I want to talk about happy things, man!” narra, con una voce femminile, gli eventi dell’agosto 2021 attraverso filmati amatoriali che rivelano le cicatrici lasciate dalla situazione geopolitica afghana.

Le opere di Alavi attraversano confini e si definiscono attraverso pratiche comunitarie collaborative. Le parole scritte a mano diventano veicolo di una dichiarazione che unisce chi ha lasciato l’Afghanistan a chi ancora vi risiede. L’artista esprime la propria condizione di rifugiato e migrante Hazara in Australia.

L’inaugurazione sarà arricchita da una performance poetico-musicale dell’artista, che accompagnerà i visitatori in un viaggio performativo sulla Via della Seta, simbolo di connessione e scambio culturale tra Italia e Afghanistan.

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