Per quanto impariamo a conoscerne ogni angolo, Internet rimane un luogo misterioso, dalla sconfinatezza insondabile, abitato da comunità online liminali, composte da hikikomori, dei gold farmers, dei neet (“not engaged in education, employment and training”). Federica Di Pietrantonio, come una scrupolosa antropologa delle sottoculture digitali, studia e racconta tutto questo in you lost me, visitabile fino al prossimo 2 dicembre alla The Gallery Apart di Roma.
Milioni di emarginati si incontrano ogni giorno online, vivono un’altra vita attraverso lo schermo, e creano le loro stesse comunità, in cui “reale” e “virtuale” si fondono. Partendo da questo punto, Di Pietrantonio pone una brillante questione sociologica: ma è l’individuo che vive isolato a perdere la società, oppure è la società che sceglie di perdere, di escludere intere sottoculture? L’esposizione cerca di rispondere a questa domanda attraverso una serie di opere che si pongono, sia a livello tematico, che interpretativo, che di realizzazione e fruizione, all’incrocio tra dimensione online e offline. Attraverso video installazioni, fotografie digitali e dipinti, la giovane artista (classe 1996) compone un universo visuale fatto di estetiche da motori grafici, ma anche di persone, identità, collettività digitali che sfumano i confini tra l’individuale e il collettivo. Un po’ come Internet stesso.
Le pareti bianche della galleria si popolano così di ricerche visuali, come Farming, risultato della recente residenza presso la SODA – School of Digital Arts di Manchester in collaborazione con la Quadriennale di Roma, Il video, realizzato modificando il software del motore grafico del videogioco Farming Simulator 22 con tecnologia modding, costruisce delle ambientazioni virtuali che fanno da scenografia allo script narrativo costruito sulle testimonianze di membri delle comunità online. Man mano, il collage di racconti delinea l’identità di un personaggio anonimo alle prese con la perdita di senso della realtà.
Sono invece i “gold farmers” – ovvero chi impiega intere giornate, intere vite, ad acquisire moneta virtuale giocando online, per poi convertirla in moneta corrente – i protagonisti della serie di fotografie digitali scattate all’interno del videogioco, successivamente contestualizzate da testi reperiti online proprio da queste persone. Si arriva infine al medium analogico (ma sempre ibridato), con la serie di dipinti a smalto e olio su tela che, ancora imbevuti nell’estetica del digitale, quasi si materializza nel mondo reale, proponendo un nuovo modo non solo di fare arte, ma di armonizzare la nostra offline con quella online.